William Shakespeare e il teatro: biografia, opere e poetica

Vita e opere di William Shakespeare, poeta inglese, drammaturgo del teatro elisabettiano e autore di opere come Romeo e Giulietta, Otello e Amleto
William Shakespeare e il teatro: biografia, opere e poetica
getty-images

1William Shakespeare: vita, opere e poetica

Secondo alcuni, William  Shakespeare non fu mai esistito: il suo nome sarebbe infatti uno pseudonimo per celare l'identità di più scrittori. In realtà questa tesi non è supportata da alcuna prova certa.
Secondo alcuni, William Shakespeare non fu mai esistito: il suo nome sarebbe infatti uno pseudonimo per celare l'identità di più scrittori. In realtà questa tesi non è supportata da alcuna prova certa. — Fonte: getty-images

I tuoni di una greve tempesta impazzano, fitta cade la pioggia. Tre ombre appaiono in uno spazio aperto e desolato e si rivolgono oscure parole...   

I strega: Quando incontrarci potrem, sorelle | Noi tre, fra tuoni, lampi e procelle?   

II strega: Quando sia spenta la furia avversa, | Quando la pugna sia vinta e persa.   

III strega: Prima che il sole sia all’orizzonte.   

I strega: Dove?   

II strega: Sul piano.   

III strega: Via! Tutte e tre | Incontro a Macbeth.   

I strega: Vengo con te, | Graymalkin.   

II strega: Paddock chiama.   

III strega: Siam pronte!   

Tutte e tre: Il bello è brutto e il brutto è bello: | Fra nebbie e fumo corri a rovello.   

(William Shakespeare, Macbeth, traduzione di Ugo Dèttore, Newton, 1990)   

Comincia così il Macbeth, una delle opere più suggestive di William Shakespeare (1564-1616), poeta e drammaturgo inglese. Le tre streghe sono anonime, ma tessono le trame del dramma, così come questo autore tanto noto quanto sconosciuto ha intessuto delle sue opere il nostro immaginario poetico, incantandoci con le sue parole e i suoi personaggi. Dunque «Il bello è brutto e il brutto è bello», dicono le tre incantatrici, enigmatiche, e all’insegna di questa ambiguità chiaroscurale addentriamoci in questo grandissimo autore.   

Ascolta su Spreaker.

2William Shakespeare tra biografia e mito

Dicevamo che sappiamo ben poco della sua biografia: è questo, infatti, lo spunto di una pellicola del 2011, Anonymous, di R. Emmerich (ma scritto da J. Orloff). Nel film si sostiene che Shakespeare sarebbe stato solo un capocomico, mentre l’autore delle opere sarebbe stato Edward de Vere, diciassettesimo conte di Oxford. Molte volte si è dubitato del nome di Shakespeare e quindi si tratta di problemi annosi e forse irrisolvibili.      

Da quel che i biografi hanno potuto ricostruire, risulta che Shakespeare sia nato a Stratford-upon-Avon, vicino Londra, e che sia stato certamente attore e direttore di compagnie teatrali, comproprietario di teatri, e questo non escluderebbe nei fatti l’attendibilità che fosse pure scrittore; resta però il mistero della straordinaria varietà del suo vocabolario (circa 29.000 lemmi): decisamente troppi per un uomo la cui formazione fu di basso livello.      

Tra i nomi dei probabili ghostwriters shakespeariani spicca nettamente quello di Christopher Marlowe, coetaneo del poeta, e misteriosamente ucciso in una rissa da taverna. Abbiamo di fronte un giallo storico, ma dalle opere capiamo meglio quale poeta abbiamo di fronte: emerge una figura di letterato paragonabile a quella di un Dante.      

Proprio De Sanctis, illustre storico della letteratura italiana, ritenne di potere accostare queste due figure, non solo per la loro biografia sfuggente, quanto per la potenza delle loro rappresentazioni e dei loro personaggi.      

3William Shakespeare: i personaggi

Il Globe Theatre di Londra è stato ricostruito sulla base dell'edificio che ospitava le opere del teatro inglese di epoca elisabettiana. Ne esiste una versione anche in Italia, a Roma.
Il Globe Theatre di Londra è stato ricostruito sulla base dell'edificio che ospitava le opere del teatro inglese di epoca elisabettiana. Ne esiste una versione anche in Italia, a Roma. — Fonte: getty-images

Commentando il canto XXXIII dell’Inferno scrive: «Queste grandi figure, là sul loro piedistallo rigide ed epiche come statue attendono l’artista che le prenda per mano e le gitti nel tumulto della vita e le faccia esseri drammatici. E l’artista non fu un italiano: fu Shakespeare».  

In pochi versi i due disegnavano personaggi rivelati nella loro più inconfessabile e poetica intimità. In Shakespeare l’indagine dell’umanità giunge a toccare una profondità abissale. Il male e l’oscuro che abitano nell’uomo, l’aspirazione al potere e il conseguente tumulto delle passioni, il sacrificio dell’innocenza più assoluta, la cattiveria più infernale, il dramma, il ridicolo e il grottesco, ma anche il bene, l’amore, le speranze e le passioni più nobili, tutto, tutto l’informe (o il deforme) universo umano si ritrova in queste opere rappresentato e narrato.    

Questo mondo risulta ambiguo, dai contorni macabri. Ne deduciamo che comico e tragico sono concetti ambigui in Shakespeare e che essi siano per la verità legati insieme indissolubilmente, poiché queste due interpretazioni del reale gareggiano e si fondono in una conturbante promiscuità. Non sono che due maschere di una realtà superiore e sfuggente, così come nei segreti meccanismi cosmici operano gli uomini, ciascuno con il suo ruolo, obbedendo a una logica impossibile da definire. 

Recita uno dei suoi personaggi: «Tutto il mondo è palcoscenico, e gli uomini e le donne son soltanto degli attori, che hanno le loro uscite e le loro entrate. Ed ognuno nel tempo che gli è concesso recita molte parti». Il mondo è teatro; tutti recitano; tutti indossiamo la maschera che ci è assegnata dal fato, maschera che sarà poi gettata via nell’atto finale – la morte – dopo aver passato un’intera esistenza nel terrore dell’aldilà, «il paese inesplorato dalla cui frontiera nessun viaggiatore fa ritorno».  

Tutti i personaggi shakespeariani sono costantemente posti di fronte al Nulla e, nonostante spesso comprendano la vanità delle loro azioni, cercano di gareggiare con esso: «Essere o non essere, questo è il problema», dice Amleto, nel famosissimo monologo, chiedendosi se valga la pena continuare a vivere, se di questa vita non resta traccia nell’aldilà (Amleto, III.1). La coscienza (o la paura) del Nulla immobilizza: «Così la coscienza ci rende tutti codardi, e così il colore naturale della risolutezza è reso malsano dalla pallida cera del pensiero, e imprese di grande altezza e momento per questa ragione deviano dal loro corso e perdono il nome di azione» (ivi).     

4William Shakespeare: temi

4.1Amleto

Se non esiste eternità per l’uomo, lui e tutta la sua storia andranno a perdersi nell’indistinto fluire del tempo. La morte, per metonimia il teschio del giullare Yorick che Amleto contempla tra le mani in un’altra nota scena, ghigna di un eterno, tetro ghigno: proprio come quello di un giullare, che rende tutto relativo. E così è anche Amleto, personaggio diviso tra il senso tragico e quello comico, legati rispettivamente all’essere e al non essere.      

Amleto e Ofelia nell'"Hamlet" di Laurence Olivier
Amleto e Ofelia nell'"Hamlet" di Laurence Olivier — Fonte: getty-images

A proposito di Amleto, Alessandro Serpieri scrive: «Il suo atteggiamento decostruttivo svuota ogni pieno secondo una duplice direzione: comica, in quanto ridicolizza l’altrui falsità o presunzione o cecità; tragica, in quanto soffre l’implosione di ogni sicura rappresentabilità dell’io e del mondo. Il mondo e il soggetto che lo registra sono divenuti acentrici. Amleto è dramma senza centro, perché è dramma a fuga indefinita dal centro della rappresentazione tradizionale del mondo».     

Amleto ha davanti a sé un mondo esploso, riassunto di continuo in parole vuote e insensate, maschere della realtà. Come accade all’uomo del Barocco. L’universo di Shakespeare è perciò sempre inquieto, sempre in bilico sulla catastrofe, come leggiamo nell’incipit dell’Enrico IV:     

«Scossi ancor come siamo e spalliditi dai recenti affanni, non concediamo tuttavia respiro a questa nostra spaurita pace e, con voce pur rotta dall’affanno, ritorniamo a parlar dell’altra guerra da portare su più lontani lidi. Più non sarà che l’assetata bocca di questa terra abbia lorde le labbra del sangue dei suoi figli; né che la guerra scanali i suoi campi con valli e con trincee; le sue campagne, i suoi teneri fiori più non saranno calpestati e uccisi da passi ostili di ferrati zoccoli» (Enrico IV, I.1).    

Nessuna certezza è assoluta e l’uomo pare preda dei suoi istinti: la follia diventa saggezza e la saggezza follia. Proprio grazie alla figura del folle (the fool), il buffone di corte, l’ubriacone, il matto, Shakespeare può esprimere, velate di allegria, tremende verità dure e inaccettabili. Tutti i personaggi sono preda della loro illusione che li spinge ad agire (ad es. la gelosia di Otello; la bramosia di Macbeth; la vendetta di Amleto). A parte Amleto, sono tutti degli ingannati.      

Egli dice: «È abbastanza assennato il giovanotto per fare il matto; ché a farlo a dovere ci vuole una speciale avvedutezza: deve osservare molto attentamente l’umore di colui che prende a gabbo, cogliere bene il tipo ed il momento e, come il falco, pur cogliere a volo ogni piuma venutagli sott’occhio: un mestiere altrettanto faticoso come quello del matto che fa il saggio, giacché la materia di cui fa sfoggio dev’essere una forma di saviezza; mentre i saggi, cui dia di volta il senno, smarriscono sempre la ragione» (La dodicesima notte, III.1).   

Lo scherzo, infatti, non è che affrontare il velo delle apparenze, ossia proprio quelle maschere che tutti indossiamo in questa vita: re, servitore, consigliere, giullare, innamorata… maschere. Leggendo Shakespeare sembra di avere di fronte uno di quei Trionfi della Morte fiamminghi, come quello di Pieter Bruegel. In tutto questo «come il falco» la parola può carpire la Verità nella folla indistinta delle meschinità, delle ipocrisie e delle menzogne. La parola eternatrice è la stessa che mostra la vanità: la stessa che uccide «il troppo e il vano».    

Una versione moderna di Romeo e Giulietta, uno dei drammi shakespeariani maggiormente rappresentati
Una versione moderna di Romeo e Giulietta, uno dei drammi shakespeariani maggiormente rappresentati — Fonte: getty-images

La parola in Shakespeare è arma affilata, disegna trappole, crea mondi illusori in cui i personaggi si muovono come sonnambuli. Attraverso di essa Shakespeare ha squarciato le catene dell’oblio e si è consegnato non solo integro alla modernità, ma addirittura arricchito da nuove interpretazioni della sua opera.   

4.2I personaggi tragici di Shakespeare

È necessario citare alcuni dei suoi grandi capolavori, dispiacendosi di non poterli anche solo menzionare tutti: Sogno di una notte di mezza estate, che riprende il tema del sogno e dell’inganno, interpolatori della realtà; Amleto, sul problema dell’agire umano, dell’oblio e dell’eternità; Otello, in cui si esplora la gelosia e la sua proliferazione maligna fino allo scambio della realtà con la finzione; Re Lear, sulla sete di potere e sul sacrificio dell’innocenza; Riccardo III, alienato dal male, uno dei personaggi più cattivi della letteratura occidentale; e poi Giulio Cesare e il Macbeth, come i precedenti, sul potere e sulla depravazione a cui esso porta.     

Tutti i temi più importanti del Barocco sono in Shakespeare amplificati e portati al parossismo. Ne emerge rafforzato il desiderio lancinante dell’ordine, a volte come una nostalgia, a volte come risultato di un compromesso frutto di inenarrabili violenze e cattiverie. Su tutto quest’universo deforme s’innalza il potere della poesia che difende l’uomo dal caos, superando la labilità stessa della parola, perché sa donarle una scintilla di assoluto. Davanti all’eternità che tutto sconvolge, davanti al male che tutto copre, può restare solo la poesia, che è propria dei cantastorie e dei lirici. Così le storie o i sentimenti di un solo uomo raccolgono quelli di molti. Prossimo alla morte, Amleto implora l’amico Orazio di non seguirlo: lo prega di vivere e di raccontare.    

Amleto: Se m’hai tenuto nel tuo cuore, Orazio,  
tieniti ancor lontano, per un poco,  
dalla gioia suprema del trapasso,  
e seguita su questo duro mondo  
a respirare ancora il tuo dolore  
per raccontare ad altri la mia storia.  

Dopodiché, poco dopo, gli dice estreme parole: «Il resto è silenzio».    

Ecco, abbiamo cominciato con tre streghe misteriose e abbiamo concluso con il potere delle parole di tessere le trame della nostra vita, di spiegare e avvolgere la realtà attraverso la forza della poesia. Questo è compito non solo dei grandi poeti, ma è nostra avventura quotidiana. Ai grandi poeti come Shakespeare è donata in più la grazia di saper raccontare, con il gravoso compito di essere testimoni dell’uomo davanti all’eterno e testimoni dell’eterno per tutti gli uomini.    

Qualunque cosa dica, so che Shakespeare l'ha già detta.

Dal film "Riccardo III - Un uomo, un re"

4.3Guarda il video su Romeo e Giulietta di Shakespeare