Voglio andare in terapia: come dirlo a mamma e papà
Come comunicare ai tuoi genitori che vuoi andare in terapia? Si tratta di un bisogno che si sta diffondendo tra i giovani ma non sempre le famiglie hanno gli strumenti per comprendere la situazione. Ecco come procedere.
Indice
Andare in terapia: perché è necessario coinvolgere mamma e papà
Sempre di più tra i giovanissimi si sta diffondendo il bisogno di essere supportati da una figura professionale per gestire crisi e malessere psicologico e questo porta spesso ad una difficoltà nel comunicare questo bisogno ai genitori, che non sempre hanno gli strumenti per comprendere la situazione. Coinvolgere i genitori e informarli del bisogno di intraprendere una terapia psicologica è fondamentale per diversi motivi:
- Il consenso informato: la psicoterapia è un servizio sanitario, e come tale, per essere effettuato prevede l’approvazione del consenso informato. Per i minorenni questo consenso deve essere approvato da entrambi i genitori (o da chi ne ha diritto legale).
- Inclusione del genitore nel percorso: soprattutto con i più giovani, non si può prescindere dall’includere i genitori nel percorso terapeutico. Questo perché spesso il disagio ha origine proprio all’interno del contesto familiare, che deve essere modificato e migliorato per garantire maggiori possibilità di benessere.
- Sostegno economico: anche se non si è minorenni, spesso non si ha la possibilità economica di sostenere un percorso psicologico, per cui si rende necessario il supporto da parte dei genitori;
Come chiedere a mamma e papà di andare in terapia
Basta dare un’occhiata ai social network, in particolare ai contenuti inerenti la psicologia, per notare come questa sia una delle domande che più spesso vengono fatte dai più giovani.
Purtroppo in moltissime famiglie manca ancora la sensibilità o la conoscenza necessaria a offrire ai propri figli la possibilità di intraprendere un percorso. Inoltre lo stigma sulla terapia è ancora molto attivo, specialmente nelle generazioni più grandi. Questo crea nei giovani grosse difficoltà nell’affrontare il discorso. Per questo potrebbe essere utile mettere in atto queste strategie:
- aprire il discorso: iniziare a parlarne, a comunicare il proprio malessere è un primo passo per avvicinarsi alla richiesta;
- parlarne con il genitore con cui si ha più apertura;
- chiedere supporto ad adulti di fiducia, come fratelli maggiori, zii, nonni, insegnanti, allenatori, ecc. così da poter essere spalleggiati;
- spiegare le motivazioni, i bisogni e come si pensa che la terapia possa essere concretamente d’aiuto;
- parlarne con il medico di base così che faccia da mediatore;
- informarsi su quale servizio o professionista si potrebbe contattare, in modo da mostrare un reale interesse rispetto al problema.
E se non accettano? Ecco quali alternative ci sono
Talvolta purtroppo, tutto ciò non porta comunque a risultati, lasciando i più giovani a dover gestire da soli il proprio malessere con scarse risorse e nessun supporto. In questi casi, quando non c’è modo di ricevere supporto dai genitori, ci sono alcune alternative a cui appoggiarsi:
- lo psicologo scolastico: è un’alternativa gratuita e facilmente accessibile che può mediare la richiesta e accompagnare verso la presa in carico dai servizi di neuropsichiatria infantile; (cioè quel servizio dell’ASL che si occupa di bambini e adolescenti con deficit o sofferenza psicologica).
- il consultorio: si tratta anche questo di un servizio dell’ASL in cui sono presenti diverse figure sanitarie (tra cui anche ginecologi), ai quali è possibile accedere per un numero; limitato di sedute (gratuite o ad un costo estremamente accessibile) e che non necessitano del consenso dei genitori;
- Onlus e associazioni: esistono alcune associazioni che mettono a disposizione degli sportelli d’ascolto, anche online o telefonici, con lo scopo di accogliere le crisi e sono accessibili gratuitamente;
- coordinatore scolastico: in caso di malessere che influisce sul rendimento e la condotta scolastica, il coordinatore può richiedere un incontro tra NPI e genitori per facilitare la presa in carico del minorenne.
Si spera, tramite la divulgazione e l’informazione, di creare nei genitori dei più giovani una consapevolezza sempre maggiore così che non sia più necessario dover lottare per ricevere un supporto psicologico.
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