Vittorio Emanuele II: vita e pensiero politico

Vittorio Emanuele II di Savoia, primo Re d'Italia dal 1849 al 1861: vita e pensiero politico
Vittorio Emanuele II: vita e pensiero politico
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1L'infanzia di Vittorio Emanuele II

Ritratto di Vittorio Emanuele II di Savoia (1820-1878), re di Sardegna e primo re d'Italia
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Vittorio Emanuele II, re di Sardegna e Piemonte, è stato il primo re dell'Italia unita.  

Vittorio Emanuele è nato a Torino il 14 marzo 1820, viene allevato alla corte del padre Carlo Alberto; questi è uomo estremamente religioso, ma che durante i moti del 1821 simpatizza con i personaggi “sbagliati” attirandosi l’ira del proprio padre, il re Carlo Felice, e guadagnando il confinamento nella città di Firenze, dove i suoi figli trascorrono l’infanzia. In assenza di altri eredi, il re riammette il figlio Carlo Alberto richiamandolo alla corte di Torino e lo manda a combattere in Spagna in nome dei Savoia.  

Vittorio Emanuele e suo fratello Ferdinando vengono educati in maniera tradizionale, secondo una rigidissima impostazione basata sull'arte militare e l’educazione religiosa. Vittorio fatica molto ad adattarsi ai ritmi da caserma che gli vengono imposti e solo il rapporto con il fratello gli permette di alleggerire la rigida etichetta di corte, che alla morte del nonno nel 1831 si fa persino più soffocante, lasciando ai due eredi solo lo sfogo delle esercitazioni militari.  

2Le donne di Vittorio Emanuele II

Maria Adelaide d'Asburgo-Lorena (1822-1855), moglie di Vittorio Emanuele II
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Compiuta la sua formazione, si guadagna il diritto di avere una propria corte e con essa, finalmente, la libertà di conoscere persone, costruire amicizie, coltivare le sue passioni e ma soprattutto di intrecciare relazioni amorose, preferibilmente con donne di basso rango. 

Per necessità dinastiche viene pianificato il suo matrimonio: la prescelta è una cugina, figlia di Ranieri d'Asburgo, viceré di Milano e della zia Maria Elisabetta di Savoia, la sedicenne Maria Adelaide. La giovane sposa è molto mite e devota, degna della stima e dell’affetto del sovrano ma non del suo interesse amoroso, che continua a venire riposto nelle numerose relazioni extraconiugali. 

Vittorio Emanuele II di Savoia (1820-1878) con la moglie morganatica Rosa Vercellana, detta Bella Rosina o Bela Rosin (1833-1885)
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Nel 1844 Vittorio Emanuele si innamora di Laura Bon, un'attrice vista recitare a Casale Monferrato, profondamente innamorata e che gli dona due figli, ma che si rivela follemente gelosa: finisce per allontanarlo a forza di scenate e muore in povertà nel 1904.

Nel 1847 il principe conosce Rosa Vercellana, figlia di un militare di stanza a palazzo, più giovane di 13 anni e analfabeta; nell’immaginario popolare la donna diventa la Bela Rosin, la sua principale amante e dal 1869 anche sua moglie morganatica, dalla quale ha due figli, Vittoria nel 1848 ed Emanuele Alberto nel 1851. La resistenza di lei alla presenza di altre amanti e ai tentativi di allontanarla organizzati dalla corte, in particolare dal conte di Cavour e la regina madre, viene premiata dall’attaccamento del compagno che va a vivere con lei e le conferisce il titolo di contessa di Mirafiori e Fontanafredda.

3Vittorio Emanuele II sul trono

Il principe partecipa alla prima guerra di indipendenza contro l'Austria come comandante ma, benché in battaglia riesca a dimostrare del coraggio, tecnica e strategia risultano carenti. 

L’esercito piemontese viene pesantemente sconfitto e, in seguito alla disfatta militare e all’acuirsi di una personale crisi religiosa, il 23 marzo 1849 Carlo Alberto abdica in favore del figlio, che sale sul trono di Sardegna e Piemonte con il nome di Vittorio Emanuele II. 

Il nuovo re cerca subito di consolidare il proprio potere, mettendosi alla prova con il negoziato con Radetzky. Sia lui che Radetzky sono alla ricerca di un nuovo equilibrio da non compromettere con condizioni troppo dure; da parte sua il re chiama al governo Massimo D'Azeglio, politico di provata fede monarchica, e questi riesce a negoziare efficacemente la pace ottenendo una riduzione delle indennità di guerra. 

Occorre comunque pagare un risarcimento all'Austria, ma la Camera non è convinta di votare una pace con queste condizioni; il re forza la mano e scioglie la camera, emanando poi il proclama di Moncalieri nel quale di fatto ordina di costituire una maggioranza favorevole all'armistizio. 

Il 10 dicembre 1849 ottiene la sospirata maggioranza e paga l’indennizzo, con grande sdegno da parte degli italiani, allo stesso tempo però si dichiara protettore dello Statuto Albertino, dimostrando di tenere fede al progetto costituzionalista del padre. 

4Cavour: un rapporto conflittuale

Camillo Benso conte di Cavour
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Nell’ambito di una più ampia riforma in campo giuridico, nel 1850 vengono approvate delle leggi che aboliscono i privilegi ecclesiastici mirando alla separazione tra Stato e Chiesa ma innescando una forte tensione con il papato; il re però non ha ripensamenti nonostante le pressioni sia da parte della moglie che della madre, entrambe donne molto devote. 

Il 4 novembre del 1852 affida il governo a Camillo Benso, conte di Cavour, un uomo abile e competente, ma soprattutto determinato a fare del sovrano e del Piemonte un elemento di spicco dello scenario politico della penisola. Il rapporto tra Cavour e il sovrano si rivela subito conflittuale: il re ha un temperamento impetuoso mentre il conte è pragmatico e calcolatore. 

La guerra di Crimea 1854-1857 si rivela l'occasione giusta: Vittorio Emanuele offre il proprio contributo militare a Francia e Gran Bretagna contro la Russia, apparentemente senza un vero vantaggio. Cavour vuole interrompere l'isolamento politico del Piemonte ma deve avere la maggioranza del parlamento per ottenere l'impegno in guerra; la Sinistra glielo dona, ma in cambio vuole il suo sostegno per l'abolizione degli ordini religiosi. 

Vittorio Emanuele non vede di buon occhio questa legge, gli arrivano critiche da tutte le parti fino a minacce ultraterrene sotto forma di sogni premonitori, riferiti tramite lettere da don Giovanni Bosco che lo minaccia di possibili lutti

Dietro minaccia di dimissioni, Cavour ottiene l’approvazione delle leggi e l'esercito piemontese parte in battaglia; i soldati combattono con onore benché decimati da un’epidemia di colera, ma dal punto di vista diplomatico il Piemonte si guadagna rispetto e prestigio internazionali. 

5Trame politiche con la Francia

Camillo Benso continua a tessere la sua trama di alleanze politiche, puntando all'alleanza con la Francia come alleato militare; per ottenere questa condizioni mette in atto diverse mosse: 

  • nel 1858 stringe un accordo segreto con Napoleone III a Plombières per preparare un'altra guerra contro l’Austria,
  • sfrutta sapientemente il caso di Felice Orsini, attentatore dell'imperatore Napoleone III, per avere protezione francese dai rivoluzionari che dilagano per lo stato del Piemonte,
  • orchestra il matrimonio della principessa primogenita Clotilde di Savoia con Napoleone Girolamo, nipote di Napoleone I.

A questo punto si cerca una reazione austriaca e come pretesto si sfrutta il discorso della corona del 10 gennaio 1859, dove il re dichiara “di accogliere il grido di dolore dalle varie parti d'Italia”. La reazione è quasi immediata: l'Austria pretende un disarmo del Piemonte, l'ultimatum viene respinto e l’Austria attacca diventando così aggressore

6La seconda guerra d’indipendenza

La Francia si schiera con Vittorio Emanuele che però deve lasciare il comando delle operazioni a Napoleone III, comandando di persona il suo esercito solo nelle battaglie di Magenta e Solferino, che si rivelano quelle decisive. Dopo questi successi però l’imperatore francese chiede una tregua il 6 luglio 1859, a causa delle perdite eccessive sul campo e per la pericolosa situazione che si sta registrando in Prussia. 

Dopo l'armistizio di Villafranca il Piemonte ottiene la Lombardia ma non il Veneto, che rimane austriaco; l’ostinazione di Cavour nel portare avanti la guerra si scontra con una durissima opposizione interna e il momentaneo ritiro dei giochi della Francia. 

Il primo ministro vede il suo ambizioso piano sfumare e si dimette, venendo sostituito dal generale Alfonso La Marmora. 

7Il braccio armato di Casa Savoia

L'incontro tra Vittorio Emanuele II e Garibaldi, ottobre 1860
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Nel gennaio del 1860 il re ha di nuovo bisogno di Cavour e della sua esperienza per gestire le politiche di annessione; il politico accetta di rientrare ma è costretto ad accettare che la regione della Savoia vada alla Francia e a gestire la questione Garibaldi

Vittorio Emanuele usa la fama del generale come strumento per ottenere consenso e appoggia segretamente la sua missione di conquista dei territori di Sicilia e Napoli. Cavour non approva, e in maniera subdola si fa autorizzare dal consesso europeo ad intervenire militarmente nel centro Italia, per arginare la spedizione di rivoltosi da lui capeggiata. 

A ottobre Vittorio Emanuele va incontro alle truppe di Garibaldi nelle Marche e in Umbria, quindi nel pieno del territorio di Pio IX e nonostante la scomunica papale: dall'esterno deve sembrare che l'intervento piemontese vada a frenare la dilagante rivoluzione e una possibile minaccia a Roma, in realtà il re conduce l'esercito piemontese a congiungersi all'armata garibaldina e valutare il da farsi. Il 25 ottobre 1860 con il colloquio di Teano, Garibaldi lascia nelle mani del re e del suo esercito ogni iniziativa armata. 

8Vittorio Emanuele II di Savoia Re d’Italia

Giuseppe Garibaldi ferito dopo la Battaglia di Aspromonte, il 29 agosto del 1862
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Il 18 febbraio 1861 è inaugurato il Parlamento italiano per il nuovo stato unito ma ancora privo di Roma. Cavour lavora instancabilmente per trovare un accordo politico con la chiesa, ma si ammala gravemente morendo il 6 giugno 1861

Vittorio Emanuele riprende in prima persona le redini della politica e ingaggia una rete di agenti segreti che finanziano per lui i sovversivi presenti nello stato asburgico, allo scopo di scatenare una nuova guerra e prendersi Venezia. 

Il re decide anche di finanziare segretamente Garibaldi per sobillare ribellioni in Dalmazia e poi in Grecia, ma quando il generale sbarca in Sicilia per marciare su Roma, è lo stesso esercito italiano a bloccarlo e ferirlo sull'Aspromonte, ma per evitare un intervento armato della Francia. L’opinione pubblica italiana rimane scioccata.  

Incarica un nuovo primo ministro, il bolognese Marco Minghetti, che nel settembre del 1864 propone una convenzione per ritirare l'esercito francese da Roma e passare la tutela della città nelle mani italiane. La convenzione viene firmata ma a condizione che la capitale sia spostata da Torino al centro Italia; il sovrano lo viene a sapere solo a pochi giorni dalla firma ed è costretto a cedere, benché pretenda che sia Firenze e non Napoli.  

Vittorio Emanuele è conosciuto anche come “il re galantuomo” per avere mantenuto lo Statuto albertino.

9L’Italia, un paese da completare

Nel 1866 la Prussia di Bismarck cerca alleati anti asburgici e ne trova nel re d'Italia, che in aprile firma un accordo per l’offensiva armata. Gli italiani subiscono sconfitte pesantissime, ma il trionfo dell’esercito prussiano a Sadowa consente di arrivare alla pace firmata il 12 agosto con la quale l'Italia finalmente ottiene il Veneto

Resta da prendere Roma che però rimane comunque sotto la protezione francese; Vittorio Emanuele finanzia ancora una volta una spedizione di volontari guidata da Garibaldi, che viene però sconfitta dall'esercito francese presso Mentana il 3 novembre ed il re è costretto a negare ogni suo coinvolgimento nell'operazione. 

Il clima politico è teso, nella popolazione si percepiscono delusione e astio per la crescente spesa pubblica, dovuta alle spese militari, quelle diplomatiche, oltre a quelle relative all’accollo e al mantenimento delle proprietà delle dinastie spodestate. Si aggiungono le spese per l'erede Umberto, al quale viene organizzato un fastoso matrimonio con la cugina Margherita, figlia di Fernando. 

Vittorio Emanuele si ammala gravemente e temendo il peggio, mette al sicuro la Bella Rosina, sposandola con rito religioso nel 1869

10L’ultimo pezzo

Raffaele Cadorna
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Lo scenario politico muta ancora una volta e oltre al tradizionale legame con la Francia, il Piemonte si lega a sorpresa con l’antico nemico, l'Austria, tutti in chiave anti prussiana. Il 19 luglio 1870 Napoleone III dichiara guerra alla Prussia, ma il governo piemontese è ignaro degli accordi segreti fra i sovrani e rimane neutrale per evitare nuove spesi militari. Quindi l’Italia e l'Austria si dichiarano imparziali e assistono alla sconfitta francese a Sedan il 2 novembre 1870, in seguito alla quale vengono richiamate in tutta fretta le truppe di stanza a Roma.  

È il momento tanto desiderato: l’esercito italiano sotto il comando del generale Raffaele Cadorna entra a Roma conquistando la città. L'occupazione di Roma è percepita dal papa come una vera e propria invasione e Pio IX non accetta nessun tentativo di conciliazione; il nuovo governo entra in funzione il 5 dicembre dello stesso anno, ma Vittorio Emanuele non si trasferisce a Roma: l'aristocrazia locale gli è ostile e preferisce lasciare la costruzione della corte al figlio e alla nuora. 

Si reca a Roma il 29 dicembre 1877 per le cerimonie ufficiali di fine anno, ma si ammala di febbri malariche e muore il 9 gennaio 1878

10.1La breccia di Porta Pia

La breccia di Porta Pia o presa di Roma, avvenuta il 20 settembre 1870, fu l'episodio del Risorgimento che decretò l’ingresso di Roma al Regno d'Italia. Essa decretò la fine dello Stato Pontificio inteso come entità storico-politica e rivoluzionò la gestione del potere temporale da parte dei papi. Il pontefice dell’epoca, Pio IX, conservò la cittadinanza italiana e potè godere di una serie di privilegi rispetto agli altri cittadini. Tuttavia non accettò una legge unilaterale e rinunciò alla dotazione annua, fissata in 3.225.000 lire. Nel 1871 la capitale d'Italia fu trasferita da Firenze a Roma con la Legge n°33 del 3 febbraio 1871. L'anniversario del 20 settembre è stato festività nazionale fino al 1930, quando fu abolito a seguito della firma dei Patti Lateranensi che istituirono la Città del Vaticano. Per quasi sessant’anni il Vaticano non fu occupato dalle truppe italiane e anzi fu il governo italiano a proporre fin da principio l'istituzione di uno Stato in miniatura sotto la giurisdizione del papa.

11Ascolta l'audio lezione sull'Unità d'Italia

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    Domande & Risposte
  • Chi era la moglie di Vittorio Emanuele II?

    La moglie ufficiale è stata la cugina Maria Adelaide d'Asburgo Lorena ma Vittorio Emanuele ebbe diverse amanti tra cui Rosa Vercellana, una donna del popolo che - una volta vedovo - sposò.

  • Quanto era alto Vittorio Emanuele II?

    158 cm.

  • Perchè Vittorio Emanuele II è anche noto come il Re galantuomo?

    Perché una volta diventato Re non ritirò lo Statuto Albertino che aveva promulgato suo padre Carlo Alberto.