Vita di relazione: parentela, matrimonio e gruppi di parentela

Cos'è la vita di relazione? Come si sviluppa? Tipologie e caratteristiche dei sistemi di legami che uniscono le persone
Vita di relazione: parentela, matrimonio e gruppi di parentela
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1Introduzione

Ritratto di famiglia
Fonte: getty-images

La parentela, il modo in cui essa è strutturata e si definisce sono tra le questioni più dibattute dall’antropologia. La centralità di questi studi è dovuta al ruolo specifico rivestito dalle relazioni famigliari nel formare sia l’identità dell’individuo, sia nel dare forma a determinate società.   

Al tempo stesso, le discussioni e le ricerche sulla parentela aprono a questioni attinenti alla relazione tra cultura e biologia: la parentela stessa non è una istituzione identica a se stessa ovunque, ma la sua forma e il suo funzionamento dipendono da costruzioni culturali che, in quanto tali, non sono immutabili, ma variano in base al contesto.   

La parentela è uno dei modi attraverso i quali la società può organizzarsi e la sua struttura dipende da ciò che una società ritiene rilevante e utilizza come criterio per riconoscere i suoi membri e legittimarne i differenti ruoli. Il concetto di parentela non è così un dato naturale, ma una costruzione culturale che muta a seconda del contesto in cui è calato, così come mutano la terminologia connessa e le sue tipologie di classificazione.   

2La parentela in antropologia: definizione e caratteristiche

In antropologia, la parentela può essere definita come un sistema di legami che unisce gli individui secondo tre fondamentali tipologie di relazioni

  1. Discendenza: implica una relazione basata sulla filiazione e descrive quindi la relazione che si presenta, ad esempio, tra un padre e il figlio. 
  2. Collateralità: individua quei legami di parentela presenti tra individui che condividono un antenato. È questo il caso dei fratelli che, avendo in comune i genitori, risultano uniti da una relazione di collateralità. 
  3. Affinità: è il termine che descrive quelle relazioni di parentela che si instaurano a seguito di un matrimonio. La parentela, così, si apre a comprendere relazioni con individui non consanguinei ma acquisiti.

I sistemi di parentela si possono ulteriormente specificare a seconda che siano ritenuto criteri qualificanti una o entrambe le ascendenze (gli antenati del padre o della madre di un determinato soggetto) nel dare forma alla parentela e nel definire i gruppi di appartenenza. Tali sistemi si suddividono così in:

  • Unilaterali: la discendenza si definisce considerando solo una ascendenza, quella materna o paterna. Si avranno così sistemi matrilineari o uterini o, in alternativa, sistemi patrilineari o agnatici. L’antropologia si è molto interessata dei sistemi matrilineari e tra le ricerche più note vi sono quelle condotte dall’antropologo Bronislaw Malinowski presso le isole Trobriand, un arcipelago dell’Oceano Pacifico sud-occidentale.
  • Bilaterali: sono parenti gli individui legati a un determinato soggetto sia dalla parte del padre che da quella della madre. È bilaterale il sistema di parentela diffuso nel mondo occidentale moderno. Ad esempio, sono considerati zii di un determinato soggetto sia i fratelli del padre che i fratelli della madre.
  • Cognatici: un determinato individuo può far parte o del gruppo del padre o di quello della madre, in alternativa e mai contemporaneamente, in base alla considerazione di criteri esterni nella definizione dei gruppi di appartenenza.

3Il lignaggio e il clan: storia e significato

Nei sistemi di parentela a discendenza unilaterale, quindi o matrilineare o patrilineare, gli individui che si riconoscono come parenti costituiscono un gruppo corporato, il cosiddetto lignaggio, cioè una unità individuabile anche su base socio-economica caratterizzata dalla condivisione, da parte dei suoi membri, di riti, doveri, lavoro, diritti, proprietà.  

Vari lignaggi che condividono un medesimo antenato, reale o mitico, costituiscono un clan.

4Sistemi di classificazione della parentela: Morgan e i criteri di Kroeber

L’antropologo Lewis Henry Morgan, negli ultimi decenni dell’Ottocento, aveva classificato i modi di denominare le diverse relazione di parentela in due grandi categorie:

  • i sistemi descrittivi: ogni rapporto di parentela è designato con un termine specifico;
  • i sistemi classificatori: gli individui con i quali si hanno relazioni di parentela sono ripartiti in diverse classi e gli appartenenti alla medesima classe sono indicati con lo stesso nome. 

Successivamente, l’antropologo statunitense Alfred Louis Kroeber realizzò un sistema per mezzo del quale classificare i rapporti di parentela a partire da otto criteri:

  1. generazione;
  2. genere;
  3. consanguineità o affinità;
  4. suddivisione dei consanguinei per via diretta o collaterale;
  5. biforcazione (intendendo con questo termine la distinzione o meno tra parenti del lato paterno e quelli del lato materno);
  6. età relativa;
  7. classificazione del parente in base al fatto che questi sia parallelo o incrociato (è un criterio che considera il genere: sono cugini paralleli i figli del fratello del padre o figli della sorella della madre, incrociati sono invece i figli del fratello della madre o figli della sorella del padre);
  8. classificazione del parente a seconda che sia vivo o morto.

Incrociando questi otto criteri si possono individuare sei modi differenti di classificare la parentela ai quali è associato il nome di una popolazione presso la quale quel sistema di classificazione della parentela è diffuso. Per ciò che concerne queste sei classificazioni, le prime due sono inoltre bilaterali (si usano termini uguali per i parenti sia del lato materno che per quello paterno, è “zio” sia il fratello del padre sia il fratello della madre), le seguenti tre unilaterali, l’ultima è descrittiva.  

  1. Eschimese, diffuso anche nell’Occidente contemporaneo, opera una distinzione tra fratelli e genitori da un lato e gli altri collaterali suddivisi in categorie (cugini e zii).
  2. Hawaiano, i parenti della medesima generazione sono chiamati con lo stesso nome. Ad esempio, la madre di un soggetto è indicata con il medesimo termine impiegato per identificare le sue sorelle e quindi le zie del soggetto al quale ci si riferisce.
  3. Irochese: la distinzione terminologica tra zii e genitori è fatta solo in base al genere, è prevista una differenziazione tra i cugini paralleli e i cugini incrociati del soggetto preso in riferimento.
  4. Crow: è un sistema tipico delle società matrilineari che prevede un unico termine per designare la madre e le sue sorelle e un altro termine per designare sia il padre sia i suoi fratelli dall’altro. Gli uomini parenti della madre sono indicati con il medesimo nome.
  5. Omaha: modello diffuso nelle società patrilineari dove si impiega un unico termine per designare il padre e i suoi fratelli. La madre, le sue sorelle e le cugine incrociate sono indicate con lo stesso nome.
  6. Sudanese: ogni parente del soggetto preso a riferimento è designato con un nome specifico.

5Il matrimonio: caratteristiche e tipologie

Anziano Masai con le sue quattro mogli. La poligamia continua ad essere praticata tra il popolo Masai
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Il matrimonio permette di costruire relazioni di affinità tra due individui e i loro rispettivi gruppi. Il matrimonio risponde anche alla funzione di esercitare un controllo sulla capacità riproduttiva delle donne e di stabilire a quale gruppo appartengano i discendenti.  

In generale, si distinguono due tipologie di matrimonio: MONOGAMICO, quando il matrimonio avviene tra due sole persone; POLIGAMICO, cioè tra un individuo e due o più individui del sesso opposto. All’interno di questa categoria, si hanno:
- il matrimonio poliandrico: una donna contrae un matrimonio con più uomini. Pratica molto rara, ma esistente in Tibet;
- il matrimonio poliginico: un uomo sposa molte donne, pratica diffusa in aree del continente africano.  

I matrimoni si suddividono poi in base alla possibilità di sposare un individuo interno o esterno al proprio di gruppo di appartenenza:
- matrimonio esogamico: si sposano solo individui esterni al proprio gruppo di appartenenza;
- matrimonio endogamico: si sposano individui che fanno parte del proprio gruppo.

6Le teorie interpretative sulla classificazione della parentela

Claude Lévi-Strauss mentre studia una mappa del Sud America nel suo ufficio di Parigi al Collège de France (17.03.1967)
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Per un lungo periodo, le teorie antropologiche più accreditate in merito all’interpretazione del funzionamento e della classificazione della parentela sono state:

1) la teoria della discendenza pone al centro il principio di filiazione e su questo definisce i gruppi di parenti a cui un nuovo nato appartiene. I membri di tali gruppi condividono diritti, doveri e norme relative alla condotta da seguire sia tra loro, sia con coloro che fanno parte di altri gruppi. Tale teoria fu particolarmente sostenuta dall’antropologia britannica tra gli anni Venti e Sessanta del Novecento e annovera Edward Evans-Pritchard e Meyer Fortes tra i suoi più noti teorici.

2) la teoria dell’alleanza è in particolare sostenuta dalla scuola antropologica francese e soprattutto da Claude Lévi-Strauss che individua nel principio di reciprocità, lo scambio matrimoniale delle donne tra gruppi diversi, e nella proibizione dell’incesto i principi cardine sui quali si struttura il matrimonio e, a partire da questo, la società stessa. Se gli scambi possono avvenire tra due soli gruppi si hanno scambi ristretti; se gli scambi possono essere effettuati considerando un numero maggiore di gruppi, gli scambi sono generalizzati.

7Le critiche alle teorie della classificazione della parentela

Rispetto a queste due teorie, si sono sollevate voci critiche: l’antropologia marxista ha evidenziato come i rapporti di potere ed economici influiscano sulla definizione e lo strutturarsi della parentela che non può essere considerata come una entità autonoma; spesso, poi, è proprio all’interno della famiglia il luogo in cui si perpetuano rapporti di diseguaglianza e di dominio, soprattutto a discapito delle donne.

Altri hanno poi sottolineato come non sia possibile parlare di caratteri universali rispetto alla parentela, né della possibilità di individuare una sorta di essenza che, riscontrabile in ogni luogo, sarebbe a fondamento di ogni legame di parentela. È dunque evidenziato il rischio di applicare modelli conosciuti a realtà differenti, cadendo quindi in una interpretazione etnocentrica.