Virgilio: vita e opere

Vita e opere di Publio Virgilio Marone, poeta romano e autore delle Bucoliche, Georgiche e dell'Eneide.
Virgilio: vita e opere
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1Virgilio, un poeta timido e sfuggente

Virgilio
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Virgilio scrisse poco di sé nelle sue opere, ma illustri biografi si occuparono presto di lui a causa della fervente ammirazione che seppe destare nei suoi contemporanei. Elio Donato, un grammatico del IV sec. d. C., scrisse la Vergilii vita secundum Donatum, la base di tutte le biografie sul famoso autore latino. Qualche altra notizia la ricaviamo dagli storici latini: ad esempio nel Dialogus de oratoribus (XIII) Tacito conferma che il poeta era molto conosciuto e amato a Roma: era “noto” al popolo, cioè veniva notato quando usciva dalla sua casa ed era fragorosamente applaudito quando venivano recitati i suoi versi a teatro, onore che si soleva dare al solo Augusto.  

Ma Virgilio amava la solitudine e la riservatezza e, quando poteva, si allontanava volentieri da Roma per stare nella sua Napoli al riparo dal mondo, assorto nel suo universo poetico, come sotto l’ombra del faggio stanno due suoi famosi personaggi, Titiro e Melibeo. Proprio Napoli ha ancora oggi l’illustre compito di custodirne il riposo eterno.  

2Vita di Virgilio: dall’età di Cesare alle guerre civili, fino all’età augustea

In base alle notizie forniteci da Elio Donato sappiamo che Publio Virgilio Marone nasce il 15 ottobre del 70 a.C. ad Andes, un piccolo villaggio a sud-est di Mantova in una famiglia benestante di proprietari terrieri i cui poderi erano vicini al fiume Mincio, un luogo per lui denso di rimandi poetici e affettivi

Virgilio, che veste a diciassette anni la toga virile, quando sono consoli per la seconda volta Pompeo e Crasso, studia a Cremona e riceve una formazione classica e un’accurata educazione letteraria completando i suoi studi a Milano. 

È Napoli, tuttavia, la città a cui si lega nel profondo: qui approfondisce i suoi interessi filosofici e scientifici e probabilmente frequenta il circolo epicureo di Sirone dove probabilmente incontra il poeta Orazio. È una stagione magnifica della sua vita: nella gioventù, nella scoperta della poesia e del sapere, nella meditazione e nel godimento leggero della vita, Virgilio si lega a degli amici che avrà per sempre cari come Quintilio Varo, Vario Rufo e Plozio Tucca. 

I tempi inquieti arrivano presto e la spaventosa guerra civile di Ottaviano e Antonio comporta la confisca dei terreni nel mantovano: Virgilio stesso è colpito dal decreto di espropriazione emanato per compensare i soldati usciti vittoriosi dalla celebre battaglia di Filippi del 42 a.C. (a cui Orazio peraltro aveva partecipato come soldato repubblicano e se l’era data a gambe).  

È un’esperienza drammatica che risuona nella sua prima opera: le Bucoliche, una raccolta di brevi componimenti pastorali scritta tra il 42 e il 39 a.C., dove leggiamo: «Impius haec tam culta novalia miles habebit, / barbarus has segetes…», ossia «Un empio soldato avrà queste maggesi così ben coltivate, / un barbaro queste messi…» (Buc. I 70-71).  

2.1Da Mantova a Roma

Virgilio. Collezione del Museo del Louvre, Parigi
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Questo tracollo economico, però, è anche l’occasione per tentare la sua grande avventura a Roma dove aveva già soggiornato per completare gli studi e godeva dell’amicizia di alcuni personaggi influenti. A Roma, entra in contatto con i più prestigiosi circoli culturali del tempo e stringe amicizia con due figure fondamentali per la sua vita: Asinio Pollione e Mecenate, che lo introducono nella cerchia dei poeti della corte del princeps e imperator Ottaviano Augusto.    

Visto il successo delle Bucoliche, Mecenate – quasi un Ministro della Cultura ante litteram – spinge Virgilio a comporre le Georgiche: un poema della terra e della natura. Le Georgiche, scritte tra il 37 e il 30 a. C., furono presentate e lette ad Augusto nel 29 a. C. Quando questi si trovava ad Atella, città della Campania, di ritorno dall’Oriente. Furono Virgilio e Mecenate in persona a leggere al Princeps il poema. Augusto capì che sarebbe stato compito di Virgilio, consacrare in un poema fondativo i valori antichi e nuovi della romanità: il progetto dell’Eneide occupa gli ultimi dieci anni di vita del poeta.    

2.2Il progetto dell’Eneide e gli ultimi dieci anni di vita

Alcune parti dell’Eneide cominciano a circolare già nel 26-25 a. C. e Properzio proclama che sta per nascere un’opera più grande dell’Iliade. Nel 23-22 a. C. Virgilio legge ad Augusto il II, il IV e il VI libro. Alla richiesta del Princeps di avere delle bozze, Virgilio si mostra refrattario e in generale il suo atteggiamento sarà spesso evasivo. Possiamo intendere che fosse incontentabile, che sentisse la pressione di un compito tanto alto… ma c’è anche qualcosa di più profondo che si annida nel personaggio stesso di Enea, un eroe forse troppo moderno, scisso, incapace di aderire con fermezza al proprio destino.   

Augusto scalpita ed esige che il poema sia pronto al più presto: non intende pazientare oltre; Virgilio riesce solo ad ottenere il permesso per un viaggio in Grecia per una revisione stilistica e uno studio dal vivo dei luoghi descritti nei suoi versi.   

La tomba di Virgilio nei pressi della Crypta Neapolitana, Piedigrotta, Napoli
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Un viaggio fatale: ad Atene incontra Augusto e insieme vanno a Megara, pare per comuni interessi archeologici legati alla città; qui, forse per il troppo caldo (sempre secondo Elio Donato), Virgilio comincia ad accusare malori che si inaspriscono durante il viaggio di ritorno per mare: presagisce di dover morire e chiede con insistenza i cofanetti che custodiscono la sua opera non ancora conclusa, per bruciarli, ma il Princeps pone il suo veto e ne assume l’ideale custodia. Quel poema dovrà vedere la luce in un modo o nell’altro. Rassegnato, Virgilio li affida a Vario e Tucca, gli stessi a cui il Princeps avrebbe affidato la correzione e la pubblicazione. 

A Brindisi, il 21 settembre del 19 a.C., Virgilio muore. Viene sepolto a Napoli e si dice che morente abbia egli stesso dettato il suo epitaffio: «MANTUA ME GENUIT, CALABRI RAPUERE, TENET NUNC PARTENOPE: CECINI PASCUA, RURA, DUCES»: «Mantova mi generò, la Calabria mi strappò alla vita, ora mi tiene Napoli: cantai i pascoli, i campi, gli eroi». Secoli dopo, un altro grande poeta gli sarà sepolto a fianco: Giacomo Leopardi

3Opere virgiliane e pseudo-virgiliane

Antica statua di Virgilio
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Tre sono le opere più importanti e sicuramente autentiche di Virgilio: le Bucoliche (o Ecloghe composte fra il 42 e il 38 a.C.), le Georgiche (terminate nel 29 a.C.) e l’Eneide (incompiuta, pubblicata postuma dopo il 19 a. C.). Sotto il nome di Virgilio è poi giunto fino a noi un corpus poetico piuttosto esteso, frutto di un’attribuzione arbitraria dovuta alla sua enorme fama di poeta: è l’Appendix Vergiliana. Si tratta di una miscellanea di testi differenti per stile, generi, temi ed epoca di redazione. 

3.1Le Bucoliche

Abbiamo detto che la prima opera autentica di Virgilio sono le Bucoliche (42-38 a.C.) comprendenti dieci composizioni (dieci libri detti Egloghe) di ambientazione pastorale. Il suo incipit è diventato quasi leggendario e credo che il primo verso lo ricordi qualunque studente di liceo con tanto di accentazione (Buc. I 1-4): 

«Tityre, tu patulae recubans sub tegmine fagi
silvestrem tenui Musam meditaris avena;
nos patriae finis et dulcia linquimus arva,
nos patriam fugimus
; …» 

Con quest’opera Virgilio riprende temi e ambienti della grande poesia bucolica alessandrina e in particolare il poeta Teocrito.   

Protagonisti sono i bovari nelle veste di pastori-poeti che cantano immersi nella natura: questo genere letterario avrà molta fortuna nelle epoche successive.   

In queste ecloghe vediamo l’idealizzazione della campagna, uno dei topos letterari di Roma, caotica e spesso invivibile, a cui si opponeva quel mondo fatto di semplicità, naturalezza esistenziale e poetica.   

Virgilio, tuttavia, non ci offre un passivo procedimento di imitazione della raffinata arte ellenistica, ma si appropria del modello e lo struttura secondo suggestioni poetiche inedite e originali secondo una struttura piuttosto libera: i pastori che dialogano (Buc. I e IX), gareggiano in poesia (Buc. III, VII, VIII) o cantano l’amore lamentoso e patetico (Buc. II); troviamo poi il lamento sulla morte del mitico pastore-poeta Dafni (Buc. V), il dio Sileno, catturato da due fanciulli, declama versi di carattere naturalistico in cui si allude al poeta Cornelio Gallo, amico di Virgilio, e si dà spazio a dichiarazioni di poetica ispirate ai principi dell’estetica di Callimaco (Buc. VI), e la consolazione dedicata a Cornelio Gallo per le sue pene amorose (Buc. X). 

C’è poi un’ecloga che ha creato un vero e proprio caso: si tratta della famosa ecloga IV al centro di un enigma esegetico protrattosi nei secoli. Il nodo da sciogliere è la corretta interpretazione di una profezia espressa nel testo in cui si allude alla nascita di un «puer» da parte di una Vergine, un fanciullo fatale, che darà inizio a una nuova era cosmica, una sorta di nuova età dell’oro: è evidente che gli interpreti cristiani hanno visto in quelle famose righe un riferimento a Cristo: questo, di fatto, contribuì a una sorta di cristianizzazione di Virgilio.  

3.2Le Georgiche

Con i quattro libri delle Georgiche, Virgilio propone una poesia pienamente inserita nella propaganda voluta da Ottaviano e Mecenate. Le Bucoliche, infatti, erano dedicate ai pastori, al loro ingenuo canto poetico, all’amore e all’otium, mentre i quattro libri delle Georgiche sono il poema del piccolo proprietario terriero romano, figura centrale nella propaganda del Princeps e nel progetto di rinascita sociale e morale promosso dalla sua politica divisa tra restaurazione e innovazione. 

Il modello letterario preso a prestito è sempre greco e in particolare la grande poesia didascalica greca e romana da Esiodo delle Opere e i giorni a Lucrezio del De rerum natura, attraverso gli alessandrini Arato, Eratòstene e Nicandro, ma anche dalla trattatistica scientifica sull’agricoltura.

I quattro libri riguardano: la coltivazione dei campi, l’arboricoltura, l’allevamento e l’apicoltura (le api sono evidente allegoria di operosità e di efficiente organizzazione). Il lavoro è il cuore del poema: lavorare è necessario in un’ottica provvidenzialistica, fatale, che risente di un avvicinamento allo stoicismo, di contro al giovanile epicureismo alla base delle Bucoliche

I quattro libri sono tutti aperti da un proemio e chiusi da una digressione: nel libro primo abbiamo le guerre civili, nel secondo la vita dei contadini, la peste che falcidiò gli animali del Norico nel terzo, mentre la vicenda di Aristèo, Orfeo ed Eurìdice nel quarto

Il tessuto principale dell’opera è occupato da precetti di carattere didascalico, dove l’effetto estetico scaturisce dal contrasto armonico fra il tema umile e l’alta cura formale. Anche qui appare forte quella particolare sensibilità di Virgilio alla sofferenza e al dolore delle creature che non trova risposta e giustificazione. Si tratta di domande e inquietudini che sarebbero poi esplose con l’Eneide

3.3L’Eneide

Il poema è costituito da due esadi ossia dodici libri: Virgilio, a giudizio dei contemporanei e dei posteri, diventa con questa opera il vero Omero della latinità, grazie alla geniale contaminazione dei modelli greci con le conquiste dei precedenti poeti epici latini

L’autore dell’Eneide contamina Iliade e Odissea: i libri I-VI, narrano il viaggio di Enea da Troia e da Cartagine sino alle coste del Lazio, riprendono la struttura dell’Odissea; i libri VII-XII, riprendono l’Iliade e narrano la guerra combattuta da Enea e dai Troiani contro gli italici capeggiati da Turno. 

Dante e Virgilio nell'antipurgatorio
Fonte: ansa

Questo disegno ribalta Omero: 1) nell’ordine in cui sono narrate le vicende (prima la parte odissiaca e poi quella iliadica); 2) il viaggio in stile ‘odissiaco’ di Enea è un viaggio verso il futuro, ossia Roma, e non un ritorno al passato verso l’antica patria; 3) la guerra ‘iliadica’ mira alla fondazione di una nuova città, Roma, non alla distruzione di una città (appunto Troia).  

Virgilio dunque non vuole solo celebrare il potere, incarnato nel figura del Princeps creando un’epica celebrativa ‘augustea’, bensì vuole descriverlo nei suoi risvolti meno evidenti sfruttando a pieno lo strumento narrativo dell’epica, ma arricchendolo dell’intimità lirica di cui era capace.  

La contaminazione dei modelli omerici con quelli romani, la spiccata sensibilità di Virgilio alla sofferenza e al dolore, al sacrificio e alla sconfitta, rendono chiaroscurale il poema. La famosa pietas di Enea è infatti la presa di consapevolezza di questo dolore immenso che avvolge il cosmo e così la paralisi del dubbio e del pensiero minano il desiderio di agire dell’eroe. Nella stessa opera, allora, è espresso l’ottimismo del progresso che voleva Roma e Augusto quale cuspide di un progetto cosmico, e al tempo stesso c’è un pessimismo latente che si evince dalla perenne tristezza di un eroe che, pur vincitore, interroga senza risposta le lacerazioni della sua coscienza. 

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4Lo stile di Virgilio

La tradizione ha attribuito a tre distinti registri stilistici le tre opere principali di Virgilio (la cosiddetta rota Vergilii): 

  • Bucoliche, stile umile;
  • Georgiche, stile medio;
  • Eneide, stile alto.
Antica illustriazione della casa di Virgilio, vicino Napoli
Fonte: getty-images

Questa sistemazione godette di grande fortuna sino a Dante che infatti cerco di assegnare a ciascuna delle tre cantiche della Commedia un particolare stile (Inferno, stile basso; Purgatorio, stile medio; Paradiso, stile alto). Come approssimazione, può andare bene, ma certamente non è possibile generalizzare troppo perché lo stile di Virgilio è sempre curatissimo – in qualche modo è sempre alto, a seconda degli effetti che vuole dare. Nelle Bucoliche domina il legame tra oggetti e parole chiave; nelle Georgiche invece si coglie l’allusione stilistica ai grandi modelli greci con intento di emularli. Nell’Eneide, invece, l’epica quasi si contamina con la poesia lirica, offrendoci meditazioni meravigliose e intime. 

La similitudine è la figura retorica più ricorrente: Virgilio la usa per intensificare l’immagine di partenza, per dare tono, o per alludere a qualcosa che sta per accadere

La sintassi prediletta da Virgilio vede un ampio utilizzo della paratassi, ma sfrutta l’ordine e la successione delle parole per creare effetti sonori e semantici raffinatissimi. 

Virgilio, infine, fonde il lessico finora acquisito dell’epica latina (soprattutto enniana) con arcaismi latini e parole greche che creano un gioco prospettico tra parole e significati. Per queste ragioni, Virgilio fu ritenuto già in antichità uno dei massimi maestri dell’arte retorica oltre che un finissimo conoscitore dell’animo umano; ha fatto proprio bene Dante a volerlo come maestro e guida nel viaggio della Commedia. 

    Domande & Risposte
  • Cosa rappresenta Virgilio?

    Virgilio per Dante rappresenta un maestro di vita.

  • Chi è Virgilio nella Divina Commedia?

    E’ il maestro di vita e la guida di Dante Alighieri nel suo viaggio allegorico.

  • Per quale motivo Virgilio ha scritto l'Eneide?

    Virgilio inizia a scrivere l’Eneide nel 29 a.C. per narrare le origini mitologiche di Roma e per esaltare l’autorità dell’imperatore Augusto.