Italo Svevo | Video

Video riassunto del pensiero di Italo Svevo, la poetica e cenni ai libri più importanti: La coscienza di Zeno, Senilità, Una vita

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Le origini vanno ricercate sia nella funzione che da quasi due secoli va compiendo Trieste alla porta orientale d’Italia, sia la presenza di un nonno che era stato un funzionario imperiale a Treviso.

Svevo attribuisce grande importanza alla sua doppia identità sottolineando la sua condizione di mediatore fra due versanti culturali, interpretando, nelle sue opere la singolarità della "condizione triestina". Trieste era allora un terreno adatto a tutte le coltivazioni spirituali. Posta al crocevia di più popoli, l’ambiente letterario triestino era permeato dalle culture più varie.

Centro di traffici e di scambi culturali, luogo d’incontro di genti diverse, zona di scontri e di tensioni, crocevia di traffici e di fermenti culturali, Trieste si configurava come una città cosmopolita, centro di relazione con l’area balcanica e mitteleuropea e in particolare con Vienna, che era non solo la capitale politica ma anche un attivo centro di mutamenti culturali.

Nella città come in un "sismografo molto sensibile", si registra "ognuna delle moltlepici vibrazioni culturali e politiche che attraversano l’ Impero asburgico nei suoi ultimi anni di vita e che esplodono in una delle più alte stagioni creative dell’ Europa moderna".

In questa Trieste si sviluppò la prima formazione di Svevo, di natura tedesca: ciò spiega la radicata propensione dello scrittore a una letteratura di idee.

La sua cultura non fu mai strettamente letteraria: furono sempre vivissimi in lui gli interessi filosofici e soprattutto scientifici, e non c’è dubbio che la riflessione sul rapporto arte-scienza occupi un posto centrale nella sua poetica. Si spiega in tal modo l’interesse sempre vivo di Svevo per quei sistemi gnoseologici del reale che si succedettero rapidamente nell’ orizzonte della cultura mondiale tra Otto e Novecento: Darwin, Freud e Einstein; e proprio le teorie di Einstein furono l’ultimo interesse scientifico della sua vita.

Egli rimase sempre convinto del primato della scienza sull’arte, e celebre è la sua frase <>.

Svevo nutriva un vivo interesse per la "sorte del singolo", minacciato nella sua identità e nella sua libertà individuale dalle coercizioni dell’ambiente. Questo vuole fornire una spiegazione della singolare condizione dell’ "inetto", colui che non accetta di vivere secondo le regole del conformismo sociale: "un diverso", "un divergente", che si oppone alla figura del borghese medio, attivo e votato al successo.

Nei romanzi sveviani l’inetto è il "malato" che osserva lucidamente, portandola allo scoperto, la rete di mistificazione, inganni, censure e rimozioni che il mondo dei "sani" ignora, per una sorta di autoinganno collettivo, con cui sostiene la sua visione ottimistica del progresso, il suo vitalismo.

Il tema dell’inettitudine, insieme con quello della vecchiaia e della morte, costituisce un motivo costante della narrativa e della meditazione di Svevo. Con la sua ottica divergente, il personaggio sveviano fa lucidamente la diagnosi della propria condizione alienata, professa la propria inettitudine, bloccando in sé definitivamente ogni residua possibilità di azione.



E, quanto più è acuta la sua sofferenza della vita, tanto più viva è la sua aspirazione a realizzarsi in esperienze totali, tanto più il personaggio è immobilizzato nei gesti, incapace cioè di un qualsiasi atto valido alla costruzione di se stesso.

Suo destino è di subire la realtà: la sua "malattia" è nella disposizone, tutta borghese, a guardare a quel destino da una prospettiva individualistica, che reca già in sé l’inevitabilità della sconfitta. In questa coscienza che il personaggio ha della sua malattia, si riflette l’idea più generale di un malessere esistenziale e di una crisi che si rivela incapace di trovare, sia pure a livello di proposta, una qualche soluzione ai problemi di ordine storico che investono la società italiana ed europea del tempo.

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