Giosuè Carducci | Video

Poeta e scrittore italiano, Giosuè Carducci è considerato lo "scudiero dei classici" perché rifiutç la sensibilità romantica. Guarda il video e scopri di più

Giosuè Carducci | Video

Figlio di un medico condotto, carbonaro e mazziniano, Carducci compie i suoi studi regolari presso le scuole dei padri scolopi a Firenze e poi presso la Scuola Normale di Pisa. Nel 1860 ha inizio l'attività accademica all'Università di Bologna, dove insegnerà letteratura italiana fino al 1904.

Tra il 1870 ed il 1870 la morte della madre e del figlioletto Dante determinano una svolta nella vita del poeta. E’ di questo periodo anche l’inizio della relazione con Carolina Cristofori Piva, la Lidia o Lina della sua poesia.

Venne infine la stagione della fama, consacrata dalla nomina a senatore (1890) e dal conferimento del premio Nobel (1906). La formazione culturale di Carducci si svolse nel quadro del classicismo provinciale toscano e fu caratterizzata dall'irosa avversione per Manzoni, la cui lettura gli era sempre stata imposta dal padre Michele.

Carducci invece aderisce con fervore alla linea classicistica cui appartengono Orazio, Virgilio e Ovidio tra gli antichi; Alfieri, Foscolo e Leopardi tra i moderni.

Sbocco di tale formazione fu, nel 1856, la costituzione del gruppo degli ''Amici Pedanti'', con un programma di aperta sfida nei confronti del Romanticismo, ingenuamente considerato come il corrispettivo letterario della tirannide straniera.

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Dopo l'acerbo sperimentalismo delle Rime di San Miniato, Carducci compie il suo vero e proprio tirocinio di ''scudiero dei classici'' attraverso Juvenilia, che raccoglie i versi del decennio 1850-60, improntati sempre ad un intransigente e rigido classicismo. L'inserimento nell'ambiente universitario mette Carducci in contatto con una cultura più viva e moderna: approfondisce i Poeti stranieri come Hugo e Goethe e arricchisce la sua preparazione politica con la lettura di Mazzini e degli scrittori francesi democratici e radicali, mentre si accosta alle idee repubblicane e giacobine.

Maggiore vivacità e consapevolezza artistica è presente nei Levia Gravia, che raccolgono, sotto lo pseudonimo di Enotrio Romano, i componimenti scritti dal 1860 al 1871 e che alludono, nel titolo, ai due fondamentali toni stilistici, orientati l'uno in senso intimistico, l'altro in senso politico-sociale.

La parte più nuova e interessante coincide con la tematica civile, dove si esprime la delusione per la realtà gretta e meschina dell'Italia post-unitaria. Alla politica imbelle del tempo Carducci contrappone, nell' Inno a Satana del 1863, una linea rivoluzionaria rappresentata da Satana, simbolo del progresso dell'uomo contro ogni forma di dispotismo religioso e politico: viene così anticipata la materia aggressiva e polemica dei Giambi ed epodi (che scrive tra il 1867-79), dove il momento politico è privilegiato rispetto a quello intimistico e riflette, con toni accesi e taglienti, il populismo democratico e anticlericale con cui Carducci vuole ricollegarsi all'eredità del Risorgimento.

Con il consolidarsi delle istituzioni si smorza l'ardore della polemica giacobina di Carducci che avverte la pericolosità delle nuove forze sociali che stanno per venire alla ribalta: per esorcizzarle non resta che rifugiarsi dietro lo scudo degli ideali di patria, dignità umana, religione delle lettere e culto della storia.

Insieme con il modificarsi dell'atteggiamento sociale si attua il passaggio di Carducci dal repubblicanesimo alla sempre più aperta collusione con gli ambienti monarchici: il giacobino diviene così il vate dei benpensanti e il cantore degli eroi sorti dal popolo s'inchina al fascino della regina Margherita (Eterno femminino regale, 1878) e diviene il celebratore dei fasti di casa Savoia nonchè il paladino della politica crispina.

Alla precedente concezione dell'arte come fervido impegno civile subentra un atteggiamento contemplativo, un ripiegamento sul passato autobiografico e sul passato storico rivissuti in una prospettiva di serena nostalgia.

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