Ecco traccia e versione di Seneca svolta e tradotta per la seconda prova del classico alla Maturità 2023
Traccia svolta della seconda prova di maturità 2023 della versione di latino del brano di Seneca proposto dal Ministero ai candidati del Liceo classico. Domande e soluzioni
Indice
Traccia svolta della seconda prova 2023 per il liceo classico
Per la seconda prova del liceo classico 2023 il ministero ha scelto un brano di Seneca tratto da Lettere morali all'amico Lucilio di Seneca.
Traduzione di Seneca 2023
Di per sé la solitudine non è maestra di giustizia né la vita in campagna insegna la frugalità, ma, quando testimoni o spettatori mancano, si attenuano anche i vizi, che godono a essere mostrati e messi in vista. Chi è quella che non mostra a nessuno che indossa un abito di porpora? Chi serve un banchetto solitario in piatti d’oro? Chi, sdraiato da solo sotto l’ombra di un albero in campagna, fa sfoggio della propria ricchezza? Nessuno è elegante per i propri occhi, né per quelli di pochi o di intimi, ma dispiega lo sfarzo dei propri vizi in proporzione alla quantità di spettatori. Così è: l’incentivo per tutti i vizi è presente nel fatto che chi li ammira e chi li conosce impazzisce a vederli. Farai in modo che i vizi non siano desiderati se avrai prima evitato che siano ostentati. L’ambizione, la lussuria e la sfrenatezza desiderano la scena: guarirai da questi desideri se ti sarai ritirato. E allora, se ci ritroviamo nel mezzo del tumulto delle città, ci stia vicino una guida e, contro coloro che apprezzano le grandi ricchezze, lodi colui che è soddisfatto del poco e che valuta i beni in base alla loro utilità. Contro coloro che esaltano il favore popolare e il potere, lui stesso incoraggi l’otium dedito agli studi e l’anima che dalle cose esterne si ritira in sé stessa.
Traccia liceo classico 2023: le risposte della seconda parte
Risposta 1
La condizione di vizio e di malattia morale che generalmente gli uomini, nel tumulto della città (in medio fremitu urbium), vivono è per il saggio un modello di vita da evitare, perché può far perdere lo stato di equilibrio e di astinenza dai vizi. Seneca propone a Lucilio dei suggerimenti pratici e ragionati per evitare il comportamento del volgo, dimostrando con un rigoroso procedimento logico come la folla e il vizio siano intimamente collegati. Infatti, per quanto la solitudine e il ritiro spirituale in luoghi isolati (spesso infatti viene nominata la campagna, nei termini di rus e rusticus) non garantiscano innocentia e frugalitas, sicuramente il vizio è generato dalla folla di “spettatori”, come suggeriscono tutti i termini legati all’area del “vedere”, inteso come “mostrare” o “ostentare” (parliamo di spectator, testis, ostendo, admiro, expando, oculus, scaena, diffusi in tutto il testo). Il vizio, quindi, non è tanto nell’animo di chi lo compie quanto più nell’occhio di chi guarda e gli esempi sono, come di consueto, molto realistici: nessuno si veste bene senza poter essere guardato (oggi diremmo fotografato), né prepara un pranzo in piatti dorati solo per sé stesso dal momento che la lussuria e lo sfoggio di sé e della propria ricchezza hanno necessariamente bisogno di un pubblico; tolto il pubblico, anche il vizio stesso perde la sua importanza.
Infatti, il monitor, la guida per chi cerca la via della sapienza, deve invitare a considerare come valori l’utilità delle cose e l’accontentarsi di poco: deve esaltare, inoltre, lo studio fruttuoso, l’otium, e il curarsi della propria interiorità.
Risposta 2
Il testo proposto può essere considerato un exemplum dello stile senecano e tipico delle Epistolae ad Lucilium. Il testo è semplice e scorrevole, il modo di procedere nell’esposizione è disinvolto e colloquiale ma mai basso o volgare, assimilabile al sermo, cioè a una conversazione tra amici; tuttavia, come di consueto in Seneca, i termini usati, pur semplici, sono densi di significato morale e retorico, anche perché l’epistolario fu concepito per essere pubblicato e si tratta in effetti di un’opera propriamente letteraria. Le frasi sono brevi, alcune in forma di sententia, e ovviamente prevale la paratassi. Inoltre, può essere riconosciuto un tratto caratterizzante di quest’opera, cioè il riferimento a fatti e circostanze della vita quotidiana, come in questo caso l’indossare una ricca veste o il preparare un banchetto, che vengono utilizzati a scopo morale; di certo, anche il trovarsi quotidianamente a contatto con la folla, è un tema molto caro e più volte ripreso da Seneca nelle Lettere: infatti, questo aspetto viene trasformato in occasione di attenta riflessione e di meditazione, per ricavare un insegnamento di virtù. Altro tema importante si trova nel finale, la scelta dell’otium, fine ultimo per Lucilio e per Seneca sua guida, cioè il dedicarsi esclusivamente allo studio e alla pratica della sapientia.
Risposta 3
Il tema dell’otium è una costante e attraversa tutta la produzione letteraria di Seneca, come modello di vita da preferire per il saggio. Nel De brevitate vitae si parla appunto del saggio che attraverso l’otium è l’unico che riesce a usare e godere appieno del tempo della sua vita; un discorso simile, anche se più incentrato su rimedi pratici per ottenere la serenità, si svolge nel De tranquillitate animi. Un’opera intera, il De otio, giuntaci però fortemente lacunosa, era appunto dedicata all’otium e affronta espressamente il problema dell’impegno e del disimpegno, ossia della superiorità della vita attiva o contemplativa: gli interlocutori si chiedono infatti se il saggio debba partecipare o no alla vita politica attiva. Il filosofo sostiene la scelta dell’otium e dice che il saggio non dovrebbe impegnarsi sulla scena politica, a meno che le circostanze non lo impongano: infatti, trovare uno Stato in cui il filosofo possa impegnarsi ad agire rispettando i propri principi è praticamente impossibile. La forza dell’otium e del dedicarsi alla sapientia si notano anche nel De constantia sapientis, opera in cui è descritta la superiorità morale del saggio che lo rende praticamente invulnerabile: il saggio non può subire alcun danno in quanto l’unico bene per lui consiste nella virtù, che non può essere tolta.
Tornando al testo qui proposto, esso risulta oltremodo attuale, in quanto Seneca parla di pubblico e di spettacolo, come di circostanze necessarie allo sviluppo dei vizi: seguendo il suo ragionamento, nessuno avrebbe interesse a viaggiare, ad essere elegante o a curarsi se non potesse mostrarlo. Oggi tutti noi ci ritroviamo costantemente ad essere in vetrina, per l’uso che facciamo delle piattaforme digitali e soprattutto dei social media. Per quanto la tecnologia abbia dei vantaggi effettivi nella semplificazione della vita quotidiana e nell’immediatezza dei rapporti sociali, il filosofo ci mette in guardia sulle possibili e innegabili criticità, dal momento che, spesso, i social diventano mezzo di diffusione di comportamenti assurdi, moralmente inaccettabili e, a volte, anche pericolosi, come ad esempio il fenomeno delle challenge, risultato in molti casi mortale per gli utenti, come dimostrano anche i casi di cronaca di questi ultimi giorni.