Come tradurre Seneca alla versione di latino della maturità 2024

Maturità 2024, ecco come tradurre Seneca se il MIM lo scegliesse per la versione di latino della seconda prova del liceo classico

Come tradurre Seneca alla versione di latino della maturità 2024
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Seconda prova: come tradurre una versione di Seneca

La seconda prova del liceo classico ha l'obiettivo di verificare le competenze degli studenti dell'ultimo anno in latino o in greco o in entrambe le lingue, nel caso di una prova multidisciplinare. Tre anni fa, ultimo anno in cui la seconda prova è stata svolta in modo tradizionale, la prova comprendeva la traduzione di una versione di latino, la versione di greco con traduzione a fronte e una serie di domande su entrambi i testi. Quest'anno il MIM sceglierà a gennaio le discipline oggetto della seconda prova di maturità 2024, solo allora sapremo che tipo di traccia dovranno affrontare gli studenti. 

In attesa di conoscere le materie, noi vi consigliamo di fare un ripasso di tutti gli autori più importanti che potrebbero essere scelti dal MIM (se ne hai bisogno, guarda qui le versioni degli anni precedenti). In questa guida potrai trovare tutte le informazioni per svolgere le versioni di latino di Seneca, in previsione di una seconda prova di latino.

Versione latino seconda prova liceo classico: aiuto per la traduzione

Versione di Seneca seconda prova maturità: aiuto alla traduzione
Fonte: istock

Per affrontare al meglio la seconda prova di latino è importante conoscere a fondo la materia e i relativi autori. Ti sembra una mole di studio troppo grande? Niente paura, ecco per gli studenti del Liceo Classico tutte le risorse per svolgere la traduzione di latino nel caso il Ministero proponesse un brano di Seneca per il secondo anno di seguito. Nel paragrafo qui sotto troverai tutto quello che devi sapere su questo autore: biografia, stile, opere principali e piccoli trucchetti che ti saranno utili anche all'orale.
Buona lettura e in bocca al lupo!

  • Biografia
    Lucio Annèo Seneca nacque in Spagna, a Cordova, probabilmente nel 4 a.C.; figlio di una ricca famiglia equestre, fu presto mandato a Roma ad apprendere le arti retoriche per la carriera politica e nel 26 d.C. fece un viaggio in Egitto al seguito di un suo zio prefetto.
    Tornato nel 31 si inserì nella vita politica romana ed ebbe così tanto successo che l’imperatore Caligola lo fece condannare a morte invidioso della sua fama retorica (venne poi salvato da un’amante dell’imperatore); non si salvò però dall’esilio che l’imperatore Claudio gli comminò per il coinvolgimento nell’adulterio di Giulia Livella (sorella di Caligola). Restò nella selvaggia Corsica fino al 49, quando Agrippina convinse l’imperatore Claudio a fare tornare Seneca a Roma, per poi farlo diventare tutore del suo figlio di primo letto (il futuro imperatore Nerone). Seneca accompagnò l’ascesa di Nerone al trono, e in quegli anni diresse di fatto il governo (questo è il cosiddetto buon governo di Nerone, nei primi anni del suo impero), ma si distaccò da esso nella sua fase discendente (con il matricidio). Nerone, sospettoso di Seneca, lo fece condannare a morte nel 65 d.C. per la “congiura di Pisone”, di cui poteva sapere qualcosa, ma di cui sicuramente non faceva parte. Seneca invece si suicidò (come raccontato da Tacito) nello stesso 65 d.C.
  • Opere
    La vasta produzione di Seneca comprende in gran parte opere di carattere filosofico, alcune delle quali furono raccolte, dopo la morte del filosofo, in un'opera in dodici libri, i Dialogi (nome già noto a Quintiliano). Sono trattati, in genere brevi, che si occupano di questioni etiche e psicologiche. Inoltre, il titolo non implica una struttura dialogica ma sembra piuttosto far riferimento alla tradizione dei dialoghi filosofici fino a Platone. Tra le altre opere filosofiche troviamo 7 libri del De beneficiis, il De clementia (dei 3 libri abbiamo solo il primo e l'inizio del secondo) e i 20 libri con le 124 Epistulae morales ad Lucilium (abbiamo notizia di un ventiduesimo libro).
    Per quanto riguarda gli scritti scientifici gli unici che ci sono rimasti sono le Naturales quaestiones in 7 libri (forse in origine erano 8), dedicati a Lucilio. Trattano fenomeni naturali e celesti e sembrano voler costituire il supporto fisico alla filosofia senecana.
    Ci sono poi 9 tragedie di argomento greco, cothurnatae, e l'Apokolokyntosis, una satira menippea sulla singolare apoteosi dell'imperatore.
    Vi sono molti dubbi sulla reale attribuzione degli Epigrammi, così come della corrispondenza tra il filosofo e San Paolo, che è da ritenere spuria. Molti scritti non ci sono pervenuti: di fisica, una biografia del padre, geografici, etnografici e filosofici (come i Moralis philosophiae libri).
  • Stile
    La scrittura di Seneca risente di due componenti fondamentali: la retorica, con artifici persuasivi e stile estroverso che andava sotto il nome di asianesimo; e la filosofia, da cui deriva una tecnica didascalica e predicatoria. Sulla base di queste due componenti, Seneca elaborò un suo stile e un suo modo di scrivere originale.
    A confronto con lo stile classico di Cicerone, noteremo la novità dello stile di Seneca. L’architettura del periodo ciceroniane era organizzata centralisticamente: questa organizzazione del periodo si frantuma in Seneca, che lascia più libere le singole frasi.
    Queste singole frasi vengono spesso chiuse nel giro di poche parole, dense di significato, e diventano sententiae, ovvero brevi espressioni autonome che restano incise nella coscienza dell’ascoltatore.
    Al calmo e armonioso fluire della prosa ciceroniane si sostituisce dunque un modo di scrivere asimmetrico, esasperato, aguzzo, senza spazi liberi, ma pieno di improvvise illuminazioni. Si è parlato di uno stille drammatico, nel senso che vi sarebbe riflessa una lotta, quella di uno spirito tormentato in lotta con se stesso.
    Il passaggio dalla prosa armoniosa di Cicerone a quella frammentata di Seneca potrebbe inoltre simboleggiare il tormentato passaggio dalla repubblica al principato, con la conseguente crisi dei valori.
  • Caratteristiche: tra gli artifici stilistici che più usa Seneca vi sono:
    - Metafora: Seneca tende il senso delle parole al limite della loro possibilità e in particolare si serve della metafora per rappresentare tutto ciò che non è alla portata immediata dell’esperienza dei sensi: le condizioni psicologiche, l’interiorità. Egli quindi si affida a questa figura retorica per esprimere il mondo dell’interiorità, che in latino non aveva un lessico particolarmente ricco. Quindi queste figure inizialmente di abbellimento diventano utili per diffondere un messaggio. Essendo esse tolte da altri campi, più noti all’interlocutore, sono di più immediata comprensione.
    - Anafora: il periodo frammentato di Seneca trova una certa organizzazione nella ripetizione di una stessa parola all’inizio di ciascun segmento. Ne deriva un effetto ritmico martellante che crea tensione e si impone al lettore.
    - Antitesi: è la figura più ricorrente, in quanto serve a contrapporre apparenza e verità, false opinioni e vera essenza della realtà. In questo lavoro di demistificazione delle false idee comuni sta uno scopo importante dell’azione filosofica di Seneca e l’antitesi ne è lo strumento espressivo ideale.
    - Modello analogico: Seneca si pone il problema della comprensibilità e della comunicazione in quanto il pubblico non è abituato a ragionamenti filosofici. Una soluzione è il trasporto dell’astratto in un campo di immagini proprie della vita quotidiana, note all’ascoltatore: in questo modo Seneca rende percettibile concetti come lo scorrere del tempo.
    - Sentenze: sono un aspetto rilevante della tecnica di Seneca, un modello per i predicatori di tutte le epoche. Tali frasi concentrano il senso del discorso in poche parole, che proprio per queste caratteristiche di brevità, rimangono impresse nell’ascoltatore.

Versione maturità 2024: Liceo classico

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