Veglia di Giuseppe Ungaretti: analisi e spiegazione | Video
Veglia: guarda il video con l'analisi e la spiegazione a cura di Emanuele Bosi del celebre componimento di Giuseppe Ungaretti
VEGLIA DI GIUSEPPE UNGARETTI
Una delle poesie più importanti di Giuseppe Ungaretti è stata scritta sul fronte carsico durante la prima guerra mondiale: stiamo parlando di Veglia. Nell’antivigilia di Natale, nella notte del 23 dicembre, a due giorni dalla festa che celebra la vita come valore sacrale, Giuseppe Ungaretti si trova in trincea a vegliare un compagno morto da poche ore.
Cerchiamo di capire meglio l’esperienza che descrive Ungaretti: quella del suo compagno è una morte non comprensibile, innaturale. Non è la morte di un anziano o di un malato, ma di un giovane nel fiore degli anni, morto in guerra in maniera violenta. L’esperienza di quella morte, insomma, è quasi indicibile, e lascia nel poeta tante domande aperte alle quali non è possibile trovare una risposta.
Per capire cosa pensa Ungaretti della guerra, forse ci può tornare utile leggere le sue parole. Ecco cosa dice: "Non amo la guerra. Neppure allora l’amavo, ma ci sembrava che quella guerra fosse necessaria; pareva che fosse necessario rivoltarsi, pensavamo che la colpa della guerra fosse tutta della Germania - Mi ero fatto un’idea rigorosa e forse assurda…"
La prima guerra mondiale nell’esperienza di Ungaretti è una guerra logorante, in cui una semplice disattenzione poteva costare la vita. Anche in un’altra poesia, Soldati, il poeta ne aveva parlato. Te la ricordi? Fa così: Si sta come / d’autunno / sugli alberi / le foglie.
Tornando alla poesia, la descrizione che Ungaretti fa di quel momento è quella di un uomo che potrebbe benissimo essere lui: sarebbe bastato trovarsi al posto del suo compagno. Ma non è stato così. Perciò, se la bocca del suo compagno morto è contratta in una smorfia di dolore, quando Ungaretti la osserva sente fortissima la voglia di tornare alla vita. Forse può sembrarti strano, ma riflettici un attimo: scampare a una tragedia può benissimo portare a voler vivere appieno ogni minuto che resta da vivere, non credi?
VEGLIA DI UNGARETTI, ANALISI
Veniamo ora alle note stilistiche. La poesia si compone di due strofe di diversa lunghezza: la prima è di 13 versi, la seconda di 3. I suoni scelti sono duri: domina la /t/ che troviamo anche raddoppiata. Le scelte lessicali sono molto importanti perché il poeta insiste su parole molto dure, proprio come i suoni: buttato, massacrato, digrignato, congestione, penetrata. Ungaretti usa spesso il participio passato, e la pausa fra la prima e la seconda parte della poesia creano uno scenario incredibilmente potente.
Ti facciamo notare poi un’altra cosa: la presenza della luna. Forse, proprio quella sfera bella e luminosa è l’ultima immagine che il soldato ha visto prima di morire. Ed ecco quindi che la mostruosità della morte si avvicina alla bellezza della vita in modo quasi insensato. Verrebbe da chiedersi: perché? Nella smorfia che il soldato fa con la bocca, quella domanda resta aperta, come se fosse lui a pronunciarla.
E poi c’è un altro passaggio importante: nella poesia c’è un rapporto continuo tra chi muore e chi resta. Nella prima parte domina la descrizione del soldato, mentre nella seconda si fa strada la confessione di Ungaretti: non sono mai stato tanto attaccato alla vita, dice. È come se in un certo senso ci fosse stata una sorta di passaggio di testimone fra il soldato e il poeta, che prende voce al posto di chi non può più farlo.
Quello che tiene ancorati alla vita, anche in tempo di guerra, è ancora una volta l’amore. È come se Ungaretti, in quella notte, avesse compiuto un passaggio dagli Inferi a una dimensione di purezza. Questa poesia, possiamo dirlo, è una testimonianza splendida di attaccamento alla vita, amore per l’essere umano e speranza per il futuro.