Van Gogh e il post-impressionismo | Video

A partire dal 1880 gli impressionisti si pongono il problema di come dare consistenza alla fugacità dell'impressione: Renoir la ricerca nel disegno raffaellesco, Degas nella sintesi della memoria, Cezanne nella forza strutturale.

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Come gli impressionisti, anche i puntillisti credono che i colori non esistano da soli, ma solo se accostati ad altri; la fusione tra essi però viene fatta nell'occhio dell'osservatore. Linee e tratti vengono spesso sostituiti  dal puntino, da qui il termine puntillismo. Gaugin, ma soprattutto Van Gogh sono gli artisti che meglio hanno rappresentato questa nuova corrente artistica.

Vincent Van Gogh apre un capitolo nuovo nell’arte europea dopo la crisi dell’impressionismo.
Figlio di un pastore protestante, diventa anche lui un predicatore e fino all’età di 27 anni condivide con i minatori del Borinage le loro sofferenze e le loro fatiche.

Accusato dalle autorità religiose di “follia mistica”abbandona tutto per dedicarsi alla pittura, grazie anche alla spinta del fratello Theo che lavorava in una galleria d’arte di Parigi. Da questo momento (1880) alla sua morte passeranno solo 10 anni, ma in questo tempo Van Gogh dipinge un numero enorme di quadri, oltre 850: questa è una delle sue principali caratteristiche.

Ma se per gli impressionisti dipingere velocemente è indispensabile per  evitare di perdere i giochi di colore che li avevano colpiti, in Van Gogh questa è l’urgenza interiore di esprimersi, in assoluta libertà, obbedendo più al sentimento che alla ragione.
Van Gogh rispetto agli impressionisti, tende a proiettare nella realtà se stesso, e quindi a trasformarla, trasfigurandola secondo i suoi sentimenti. Usa la linea non come mezzo descrittivo, ma con funzione espressiva, trasformando il colore reale per renderlo suggestivo: il colore non è dunque quello vero ma quello che suggerisce l’emozione, un colore attraverso cui Van Gogh si esprime con più forza.
L’importante quindi non è descrivere in modo oggettivo, ma il significato umano di ciò che si rappresenta, così come lo si sente.

Nel 1886, (anno in cui si trasferisce a Parigi) nella pittura di Van Gogh avviene una svolta: egli infatti capisce appieno l’Impressionismo, schiarendo la sua tavolozza (fino ad allora scura e monotona), e viene a contatto con le teorie di Seurat (serò), adottandole con grande entusiasmo. Qui ancora non si può parlare di puntillismo, ma di divisionismo, in quanto i puntini si trasformano in linguette di colore accostate, disposte coerentemente alla forma del soggetto, come si nota nel suo Autoritratto.

Nel 1888 si trasferisce ad Arles, nel sud della Provenza, regione ricca di colori e luminosità. In questo luogo vorrebbe aprire un “Atelier del Sud”, un luogo in cui tutti gli artisti avrebbero potuto rifugiarsi alla ricerca di pace e tranquillità: e invece qui la sua situazione mentale peggiora ed è costretto a ricoverarsi diverse volte in case di cura. Nonostante tutto in questo periodo dipinge circa 200 opere di altissimo livello.
Nella “Camera da Letto” egli vuole rappresentare il senso di riposo assoluto; raffigurando tutto in modo traballante, rende invece l’angoscia della camera. Il quadro esprime tensione e angoscia soprattutto per mezzo delle linee prospettiche del pavimento spezzate da oggetti disposti trasversalmente e in modo deciso come il letto, le sedie, il tavolino, dai quadri sopra il letto messi obliquamente e dai colori senza ombre e accostati l’uno all’altro.



Tornato a Parigi, dopo 3 giorni si trasferisce nel paese di Auvers-sur-Oise (uver sur ose), dove il 27 Luglio 1890 si toglie la vita con un colpo di rivoltella al cuore. In questi due ultimi mesi nascono capolavori che rappresentanto la carica interiore con la quale Van Gogh trasfigura la realtà.
Nella Chiesa di Auvres ad esempio, l'edificio si flette, la linea non è retta (tranne quella verticale). L’artista vuole esprimere nel quadro la propria ansia, il proprio stato d’animo, facendo vivere drammaticamente alla chiesetta la sua stessa vita. La costruzione barcolla angosciosamente, mentre il movimento è accentuato dalla divergenza delle due stradine e dalle molteplici pennellate che le striano continuamente. Il colore ha un ruolo primario denso di significato.
L’angoscia, la tristezza e la solitudine estrema sono ancora più evidenti nel “Campo di grano con volo di corvi”.
Questa tela è composta con autentico furore creativo, a colpi di pennello, le cui direzioni seguono i piani prospettici, o si scontrano e si accavallano come ondate in tempesta. I colori sono senza mezze tinte, essenziali. Qua e là svolazzano i corvi, linee nere zigzaganti, come presenze minacciose. Il movimento anche qui è espresso dal divergere dalle stradine, dalle pennellate intense che formano il campo di grano e il cielo vorticoso, creando quasi uno stato di angoscia. La natura si deforma secondo lo stato d’animo dell’artista, quell’angoscia e quella tristezza che 20 giorni dopo lo porteranno al suicidio.
Per molto tempo Van Gogh è stato studiato in chiave psicanalitica, cercando di capire quanto le sue turbe psichiche abbiano potuto influire sul suo modo di esprimersi. Le opere di Van Gogh appaiono infatti come l’espressione dell’angoscia esistenziale dell’uomo moderno in un momento di crisi dei grandi valori tradizionali che lo avevano rassicurato nel corso dell’ottocento.

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