L'uomo medievale: caratteristiche, mentalità, paure
Indice
1Mentalità dell’uomo medievale
La storia della mentalità è un ambito di studi complesso, che ha al centro degli interessi un oggetto collettivo; non le azioni del singolo individuo quindi, solitamente attribuite ad un grande uomo del passato ma, volendo fare un esempio banale, l’insieme dei comportamenti e delle attitudini dei concittadini di Dante Alighieri. In questo senso, le idee del sommo poeta, divengono ancor più rilevanti se messe in relazione al contesto dei pensieri e delle opere dei suoi contemporanei.
In sintesi, la storia della mentalità tende a cogliere gli elementi collettivi di una società; tuttavia, sulla reale possibilità che lo storico ha di “catturarli”, è doveroso esprimere qualche considerazione. Gli studiosi che analizzano la mentalità del passato d’età medievale, utilizzano documenti che sono espressione dei ceti dominanti, delle élite, o per essere più precisi, di una classe privilegiata che aveva accesso alla scrittura, a differenza della grandissima maggioranza della popolazione analfabeta.
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Per conoscere e ricordare i concetti, gli eventi e i principali avvenimenti della storia dalle origini a oggi.
Non bisogna mai dimenticare che, in una certa misura, la mentalità popolare aveva una sua indipendenza, che rischia però di perdersi nel grande fiume della storia, questo perché non ha lasciato testimonianze dirette. Molti studiosi hanno però aggirato l’ostacolo, partendo dal presupposto che, attraverso l’attività evangelizzatrice degli uomini di Chiesa, la mentalità dei ceti dominanti era in gran parte accettata dalla massa della popolazione.
Allo storico spetta il compito molto arduo di andare oltre il filtro delle classi dominanti che avevano il monopolio della scrittura. A tal proposito, alcuni documenti consentono di illuminare la via. Si tratta di materiale destinato all’educazione religiosa della masse: vite dei santi che erano modello per la Cristianità; penitenziali che rappresentavano degli strumenti dei confessori per indicare le punizioni previste per i peccatori; annotazioni sui viaggi nell’oltretomba; sermoni e trattati divulgativi che enumeravano i principi fondamentali della teologia cristiana.
Tutte queste opere avevano alcuni tratti comuni: erano scritte in un linguaggio semplice, in una lingua volgare, l’unica che il popolo potesse comprendere. Nel preciso istante in cui gli autori di questi materiali affrontavano il problema della trasmissione dei messaggi agli analfabeti, finivano inevitabilmente per utilizzare lo stesso patrimonio culturale dell’uditorio. È in quello spazio dell’attività umana, che lo storico deve saper cogliere la mentalità popolare delle classi subalterne.
2Il bene, il male e la concezione del tempo nell’uomo medievale
La visione dualistica del mondo è certamente l’idea che dominava le vite dell’uomo medievale. L’uomo non poteva restare neutrale davanti ad uno sconto che assumeva le dimensioni di una lotta per il Creato: la scelta era tra Dio e Satana, e non erano permessi compromessi.
Anche se non di rado il diavolo era raffigurato in modi che oggi potrebbero suscitare ilarità, il “grottesco medievale” esprimeva una concezione dell’esistenza pervasa da malevole figure, che proprio perché dipinte in atteggiamenti umani, riaffermavano con prepotenza la loro presenza nelle attività quotidiane dell’umano genere.
Un posto rilevante nella coscienza di chi era schiavo di quell’immaginario comune era giocato dalla fede nei miracoli. Lo storico Georges Duby, meglio di chiunque altro, ha catalogato alcuni episodi tipici, tratti dai Miracoli di santa Fede, che riassumono le paure medievali: ‹‹Se quest’uomo fosse vissuto al tempo della Passione del Signore, avrebbe sicuramente negato con i Giudei la risurrezione di Lazzaro, o la guarigione dell’orecchio tagliato. In realtà quest’uomo si è mostrato figlio del diavolo, nemico della verità, servitore dell’Anticristo›› (G. Duby, L’Anno Mille. Storia religiosa e psicologia collettiva).
Per combattere il diavolo di cui scrive Duby, si faceva spesso ricorso agli esorcisti, che con tecniche specifiche allontanavano Satana dalla persona ritenuta posseduta. In altri casi, si richiedeva l’intervento divino, o la protezione dei santi, con particolare riferimento alle loro reliquie, che erano localizzate nei diversi santuari europei.
Sarebbe fuorviante cercare di interpretare la mentalità dell’uomo medievale paragonandola a quella dell’uomo d’oggi, cercandola magari nei pellegrinaggi in quei santuari e dimenticando di fatto quali fossero le caratteristiche del mondo medievale. Gli uomini del tempo immaginavano l’universo come un sistema di sfere concentriche, in cui la terra si trovava in una posizione centrale. Su di essa, le dodici più importanti costellazioni esercitavano un’azione diretta, governando le stagioni ed i mesi dell’anno.
Oltre che dalle forze del Bene e del Male, il mondo era abitato da bestie fantastiche che denotano la persistenza della mitologia dell’antichità greco-romana di cui troviamo ampia documentazione nei bestiari. Il bosco rappresentava il luogo d’inquietudine per eccellenza, abitato da bestie feroci e da creature magiche.
Alla sfera del meraviglioso appartenevano anche i fenomeni a cui l’uomo dell’epoca non riusciva a dare una spiegazione razionale: l’apparizione di stelle comete e le eclissi lunari che venivano ricondotte ad una tensione o una rottura dell’equilibrio tra Dio e gli uomini. La natura non veniva infatti misurata sulla base di criteri fissi o astratti, ma in riferimento all’uomo e al tempo, che erano i due elementi fondamentali.
Il tempo era aspetto determinante perché aveva una fine, che era rappresentata dal Giudizio universale. Non a caso era misurato anche dalle preghiere (“il tempo di un’ave Maria”).
Il tempo che oggi misuriamo con gli orologi era allora lontanissimo, mentre a dominare era la dimensione del tempo agricolo, che la Chiesa seppe scandire a dovere, trasformando e sfruttando alcune feste pagane e popolari: attorno al solstizio d’inverno si organizzò la festa dell’Avvento, così come le feste primaverili furono sostituite dal rito della più importante festa cristiana, la Pasqua. Col tempo, i chierici introdussero anche i nuovi programmi di datazione: dal V secolo ad esempio, almeno in Occidente, fu abbandonato l’uso di datare l’anno riferendosi alla fondazione dell’Urbe (Roma, 753 a.C.).
3L’uomo medievale e la società
La costruzione del sistema mentale era inoltre accompagnato dall’edificazione di un’architettura della società che era divisa in tre ordini: chi prega, coloro che combattono, quelli che lavorano. Sul modello della Trinità divina, il vertice era occupato dagli oratores che mettevano in collegamento l’umanità con Dio. Agli specialisti della guerra, i bellatores, spettava il compito di difendere con la spada, quello che gli specialisti della fede diffondevano con l’uso della parola. Il lavoro toccava al terzo ordine, a cui la Provvidenza aveva assegnato il compito di mantenere gli altri due.
I laboratores, definiti anche “servi”, si trovavano in una condizione di totale subordinazione sociale, che era di fatto invariabile, vista l’impossibilità di passare da un ceto all’altro.
Naturalmente, la teoria dei tre ordini non risolve tutte le complessità che erano presenti nella società medievale. Sappiamo, infatti, che l’articolazione delle funzioni sociali era assai più articolata di quella così netta partizione. Nonostante la semplificazione estrema, è però utilissima per comprendere la visione sociale dei ceti dominanti - che avevano in mano il potere - e che erano ostili a qualsiasi mutamento.
Può apparire oggi paradossale, ma lo strumento di dominio della classi elevate non era rappresentato dal denaro, che anzi era escluso dalla morale positiva della società. I rapporti dovevano infatti essere regolati da doveri, servizi, prestazioni e pagamenti.
Su coloro che maneggiavano il denaro pesava un grave discredito, e per questa ragione gli usurai erano una categoria relegata nell’infamia. Essi racchiudevano due grandi mali: aver infranto i precetti evangelici, venendo meno alla fraternità cristiana; aver speculato sul tempo, una proprietà divina, che non poteva essere utilizzata dai mortali. Il mestiere del mercante era quindi particolarmente disprezzato; uomo dedito alla menzogna, il mercante contaminava chiunque entrasse in contatto con lui.
In conclusione, la mancanza di un’autonomia della sfera economica nelle cose umana, non deve indurre nell’errore, valutando che l’etica fosse un semplice prodotto del sistema economico. La dottrina cristiana proposta nei sermoni, raccontata nelle vite dei santi, riaffermata nei confessionali, si radicava nelle coscienze e forgiava le mentalità dell’uomo del Medioevo.