Uomo del mio tempo: analisi, figure retoriche, commento e parafrasi
Uomo del mio tempo: testo, analisi, figure retoriche, commento e parafrasi dell’ultima lirica della raccolta Giorno dopo giorno di Quasimodo
Indice
Uomo del mio tempo di Quasimodo
Salvatore Quasimodo fu un importante scrittore del Novecento. Salvatore Quasimodo nacque a Modica, in Sicilia, nel 1901 e dopo aver trascorso l'infanzia e l'adolescenza in varie città siciliane insieme al padre ferroviere, si iscrisse alla facoltà di Ingegneria a Roma, che non riuscì a concludere per problemi economici. Così venne assunto come funzionario presso il Genio Civile e allo stesso tempo continuò a studiare il greco.
Nel 1930 si trasferì a Firenze dove il cognato Elio Vittorini gli fece conoscere gli intellettuali fiorentini, e in questo periodo pubblicò le prime raccolte poetiche. Nel 1941 ottenne la cattedra di Letteratura al Conservatorio di Milano e qui si rifugiò durante la seconda guerra mondiale, durante la quale intensificò l'attività di traduttore e produsse altre raccolte poetiche.
Dopo il conflitto si accostò alla politica dicendo che: “La posizione del poeta non può essere passiva nella società. Un poeta è tale quando non rinuncia alla sua presenza in una data terra, in un tempo esatto, definito politicamente”.
Nel 1959 ottenne il Premio Nobel per la Letteratura e morì 9 anni dopo improvvisamente a Napoli.
Le sue opere possono essere divise in due periodi:
- durante il fascismo: fece parte della scuola ermetica, limitando l'oscurità del linguaggio. Come ispirazione durante questo periodo ebbe la sua terra nativa, la Sicilia che lui considerava come un luogo mitico e incontaminato dall'uomo;
- durante la seconda guerra mondiale: scrisse poesie che descrivevano la sua crudeltà e sua la disumanità. Così nacque una poesia che aderiva alla realtà, in cui si presentavano sempre di più elementi di denuncia civile e morale verso la guerra.
Uomo del mio tempo: testo
Una delle poesie di Quasimodo che descrissero la crudeltà della guerra fu ''Uomo del mio tempo'' che fa parte della raccolta ''Giorno dopo Giorno'':
Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
Quando il fratello disse all’altro fratello:
«Andiamo ai campi». E quell’eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
Salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.
Uomo del mio tempo: parafrasi
Uomo del mio tempo sei ancora rozzo e crudele come in antichità. Eri nella cabina di pilotaggio pronto ad iniziare il massacro, t’ho visto nei carri armati, alle forche per torturare i tuoi simili.
T’ho visto: eri tu, con le tue doti allo scopo di massacrare, senza orgoglio e religione.
Hai ucciso come sempre, come lo fecero i tuoi antenati e come lo fanno da sempre gli animali.
Il tuo comportamento ha la stessa crudeltà di quando caino disse ad Abele “andiamo ai campi”. E quelle parole dure e spietate sono arrivate nella tua vita.
O discendenti dimenticate le crudeltà e il modo di fare dei vostri padri che dovranno essere sommersi dalle loro stesse distruzioni affinché il loro cuore sia tempestato di rammarico e dolore.
Analisi, figure retoriche e commento all'Uomo del mio tempo
Analisi
Quasimodo in Uomo del mio tempo accusa l’uomo di essere portatore di morte e di violenza; questo atteggiamento dura da millenni durante i quali non è svanito il modo di pensare dell’uomo primitivo, armato di pietra e fionda.
L’uomo viene descritto nella carlinga un’analogia, a cui si riferisce l’espressione meridiane di morte; infatti come l’ombra proiettata dalla meridiana colpita dal sole, segna le ore del giorno, così le ali dell’aereo, proiettando la loro ombra, segnano le ore della morte.
L’odore del sangue è lo stesso odore del sangue del primo assassinio di Caino e Abele, per cui ciò sta ad indicare che il ricordo continua nei secoli, che l’uomo continua ad uccidere i padri, con la stessa primitiva brutalità, senza pietà.
La preposizione “senza” si ripete con insistenza per sottolineare la mancanza di amore e di fede che porta l’uomo ad uccidere e per invitare i giovani a dare una svolta al corso della storia.
In questo quadro di morte il poeta definisce l’uomo “senza amore” e “senza Cristo” perché dove c’è violenza non può esserci amore e tantomeno Cristo e qualora il nome di Dio venga usato per convalidare una guerra si afferma una bestemmia.
Questa denuncia riguarda le guerre di tutti i tempi, ma nello specifico egli si rivolge ai tragici eventi della Seconda Guerra Mondiale.
In chiusura Quasimodo si rivolge alle generazioni future, invitandole a non commettere gli stessi errori del passato e ad impegnarsi per giungere a sopprimere la violenza e la brutalità, costruendo un mondo basato sull’amore, sul rispetto e sulla pace.
Figure retoriche
- Metafora: v.3; v.4; v.14; v.17.
- Similitudine: v.8; v.11.
- Sinestesia: v.12.
Commento
Quasimodo rivolgendosi direttamente alle nuove generazioni le esorta a dimenticare gli atroci insegnamenti delle persone che le hanno precedute lasciando una maledizione.
Le loro tombe devono affondare nella cenere, gli uccelli neri, il vento, devono coprire il loro cuore.