Nel 1806, Ferdinando III di Borbone trasformò l'Accademia panormita degli Studi di Palermo in un'Università, conferendole il potere di rilasciare lauree in diverse discipline. Questo fu un importante passo avanti per la città, che aveva cercato a lungo questa opportunità. Tuttavia, le istituzioni di istruzione superiore a Palermo avevano radici ancor prima del XV secolo, con lo Studio francescano e lo Studio generale che offrivano corsi in Teologia, Diritto Canonico e Filosofia.
Nel 1767, i gesuiti furono espulsi dai regni borbonici e le loro attività accademiche furono riorganizzate, introducendo nuovi insegnamenti come la Geometria, l'Economia, l'Agricoltura e il Commercio. Questo segnò l'inizio della futura Università.
Dopo l'annessione della Sicilia al Regno di Sardegna nel 1860, l'Università di Palermo divenne completamente laica, chiudendo la facoltà di Teologia e istituendo la Scuola per ingegneri e architetti. L'ateneo divenne un centro di dibattiti politici e contribuì alla trasformazione urbanistica della città.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, nonostante gravi perdite di personale e danni alle strutture, l'Università di Palermo si riprese e svolse un ruolo significativo nella formazione della classe dirigente dell'isola e del paese. Alcune personalità di spicco, come Giuseppe Piazzi, Stanislao Cannizzaro ed Emilio Segrè, hanno contribuito in modo significativo alla scienza e alla cultura.
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