La concezione umanistico rinascimentale dell'uomo: saggio breve
Di Redazione Studenti.Concezione umanistico-rinascimentale dell'uomo durante l'Umanesimo. Saggio breve
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UMANESIMO

L’Umanesimo è una corrente culturale che si sviluppa in Italia nel corso del Quattrocento, e che presenta caratteristiche molto differenti rispetto alla precedente età medioevale.
Già nella letteratura trecentesca, soprattutto nel Decameron di Boccaccio, si poteva notare un distacco con la mentalità del Medioevo; nel Quattrocento, però, tale distacco si fa più evidente, poiché la mentalità umanistica prende una posizione nettamente opposta al pensiero precedente.
UMANESIMO: CONCEZIONE DELL'UOMO
Durante l'Umanesimo si ha una visione antropocentrica, in cui l’uomo viene posto al centro dell’universo, contro la precedente visione teocentrica della realtà, che vedeva piuttosto Dio al centro e l’uomo sottoposto al suo volere.
Si apre anche il discorso sul destino: l'uomo diventa faber fortunae suae, cioè artefice del proprio destino, in quanto può costruire la propria ricchezza e la propria felicità attraverso la sua fatica, la sua intelligenza e l’essere “buon massaio”, cioè un attento amministratore dei propri beni.
Questa mentalità è espressa nell’Oratio de hominis dignitate di Pico della Mirandola, in cui l’autore afferma che l’uomo, creatura di Dio, fu creato come una creatura indefinita, che ha la libertà di plasmarsi a proprio piacimento, decidendo se elevarsi al rango delle “cose superiori, che sono divine” oppure “degenerare nelle cose inferiori, che sono i bruti”.
Sostanzialmente quindi, per Pico della Mirandola ciò che caratterizza l’uomo è l’assenza di condizioni. L'uomo, in piena libertà, può costruire il proprio destino scegliendo via del bene o del male.
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Il cambiamento rispetto alla mentalità medievale è dovuta anche alla trasformazione della società, che inizia a conoscere un settore economico florido, scambi all’interno dell’Europa e sviluppo delle compagnie bancarie.
Molti artisti trovano protezione grazie ai signori italian, cui dedicano le proprie opere. In questo clima di benessere, quindi, l’uomo non è più visto come una creatura debole sottomessa alla forza del destino, ma dotato di capacità intellettive che lo rendono diverso e superiore rispetto alle altre creature del mondo animale.
L’esaltazione di queste ultime, in particolare, sono espresse nel De dignitate et excellentia hominis di Giannozzo Manetti, nel quale l’ingegno è ritenuto fondamentale per la realizzazione di tutte le opere dell’uomo, a partire dalle città, le case, le scienze, le sculture e via discorrendo.
Come spiega Battaglia in La letteratura italiana, questo trattato si oppone ad un altro, il De contemptu mundi di papa Innocenzo III e risalente a circa due secoli prima. Qui viene espressa l’abiezione della figura umana, che per propria natura tende al cielo, ma resta frenata dal peso dei peccati.
Nel Medioevo, quindi, la natura e la sfera mondana erano viste come fonte di perdizione per l’uomo. Al contrario, l'Umanesimo le rivaluta.
Durante l’Umanesimo prima, e durante il Rinascimento poi, l’uomo viene ritenuto simile alla natura. La meafora è quella della roccia e delle ossa: come la roccia sostiene la terra e l’oceano la riempie “d’infinite vene d’acqua”, così pure le ossa sostengono il corpo dell’uomo e le vene lo irrorano di sangue.
Nell’opera di Marsilio Ficino, la Theologia Platonica, la visione si amplia ulteriormente. L’autore dapprima esalta l’uomo come creatura in grado di esercitare arti e migliorarle con la pratica, poi lo elogia per la sua capacità di piegare la natura al proprio volere, rendendosi così autosufficiente.
Dunque, con l’Umanesimo si afferma una corrente culturale che pone l’uomo, come individuo, al centro dell’universo, capace di scegliere e realizzare il proprio destino, contrariamente all'ascetica cultura medievale.