Le tragedie manzoniane: Il Conte di Carmagnola e L'Adelchi

Trama e caratteristiche del Conte di Carmagnola e dell'Adelchi, le tragedie manzoniane che aprono il quindicennio creativo. Nelle tragedie si riflette su religione, temi patriottici e l'esigenza di rappresentare il vero.
Le tragedie manzoniane: Il Conte di Carmagnola e L'Adelchi
ansa

1La conversione e l'inizio del quindicennio creativo

Ritratto di Alessandro Manzoni
Fonte: ansa

Uno degli avvenimenti più controversi e discussi attorno alla figura di Alessandro Manzoni riguarda la sua conversione al cattolicesimo. Cresciuto nella Milano illuminista, leggendo Monti e Parini, il giovane Manzoni era stato tutt'altro che un fervido credente. La situazione cambia dopo il matrimonio con Enrichetta Blondel, la cui famiglia era però di fede calvinista

Al netto delle motivazioni spirituali della scelta, questa segna l’inizio di un periodo di particolare importanza definito “quindicennio creativo”: non è solo un periodo particolarmente prolifico per la produzione letteraria, ma anche di analisi e ripensamento sulla scrittura e sulla sua funzione, in cui l’autore indaga nuovi temi, come dimostrano gli Inni sacri (1812) testimoni della ritrovata fede cattolica, e le Odi civili che, cominciate nel 1814 e rimaste incompiute, rivelano l’interesse di Manzoni per quella questione nazionale che cominciava a porsi; riflessioni che finiscono per confluire e innervare sia Il conte di Carmagnola che l’Adelchi

1.1Manzoni e la riflessione letteraria

Manzoni scioglie una serie di problemi strettamente teorici legati al dramma storico nella prefazione al Conte di Carmagnola e nella Lettre à Monsiuer Chavet del 1823: un primo problema si sviluppa attorno al tema della moralità nelle opere tragiche, che dovrebbe spingere lo spettatore a distaccarsi dall’azione scenica per diventarne giudice; una seconda tematica, più strettamente tecnica, riguarda l’uso del coro che, differentemente dal teatro greco, viene usato come stratagemma che permette all’autore di esprimersi in prima persona.

Ma la svolta più decisiva sta nel rifiuto delle unità di tempo e luogo di stampo aristotelico e neoclassico, ancora rispettate da autori come Vittorio Alfieri, in favore di un’impostazione di stampo shakespeariano (che insieme a Schiller costituiva un modello per il milanese) che non tradisce il concetto di verosimiglianza storica del racconto costringendo la narrazione di eventi che si svolgono in più tempi e luoghi a svolgersi in poche ore in un solo luogo.

Per Manzoni la storia e la poesia devono entrambe avere il vero come oggetto d’indagine, riflessione che viene ulteriormente approfondita nella lettera Sul Romanticismo diretta a Cesare d’Azeglio in cui viene precisato il rifiuto dell’imitazione dei modelli classici e si afferma il principio secondo cui la poesia deve avere “l’utile per iscopo, il vero per soggetto e l’interessante per mezzo”.

2Il conte di Carmagnola: trama e analisi

Il Conte di carmagnola in una immagine di Francesco Hayez, 1828
Fonte: ansa

La scrittura della tragedia comincia nel 1816, ma la sua elaborazione sarà lenta e singhiozzante. L'argomento era stato ispirato al Manzoni dalla lettura della Storia delle repubbliche italiane del Medioevo scritta dal ginevrino Simonde de Sismondi, che racconta le vicende di Francesco di Bartolomeo Bussone, conte di Carmagnola, dapprima condottiero per il duca di Milano poi di Venezia. Guida le truppe della Serenissima contro le meneghine vincendole nella battaglia di Maclodio (1427); per la sua decisione di liberare i prigionieri nemici in un atto di clemenza, ma i veneziani lo accusano di tradimento e lo fanno decapitare.

Manzoni abbandona le regole aristoteliche dispiega la tragedia in endecasillabi e in cinque atti: nel primo atto, durante una seduta del consiglio di Venezia indeciso se allearsi con i fiorentini o i milanesi, il Bussone e il suo amico Marco consigliano di dichiarare guerra ai lombardi ed amicizia ai toscani, la proposta viene approvata nonostante i sospetti di un senatore sulla fedeltà del Bussone.

Negli atti II e III la scena si sposta sul campo di battaglia e narra i preparativi per lo scontro ed il suo esito; nel II atto il coro, avulso dall'azione e voce dell'autore, riflette sull'inutilità dei conflitti, soprattutto se sono fratricidi come quelli tra città italiane.

Dopo la scelta del Bussone di liberare i prigionieri nemici il Senato veneziano decide di processarlo per tradimento; Marco, suo amico, dopo l'iniziale riluttanza decide di accettare qualunque risoluzione del Senato e si allontana in missione verso Tessalonica. Ignaro della sua partenza, il Carmagnola ritorna a Venezia per affrontare il processo contando sull'aiuto di Marco; il Senato lo condanna a morte e lui si avvia all'esecuzione pronunciando parole di fede cristiana.

Il Carmagnola viene descritto come un uomo nobile e caritatevole, persino verso i nemici, vittima di un'istituzione ottusa e tiranna che, ciecamente, metteva italiani contro altri italiani. In quest'ottica il richiamo alla fratellanza cristiana si coniugava con la denuncia del dispotismo asburgico che opprimeva l'Italia dopo la caduta dell'Impero napoleonico, nel quale l'autore aveva visto un fattore di innovazione ed avanzamento per la realtà nazionale.

3L'Adelchi: trama e analisi

Re Desiderio. Atto I, Scena V dell'Adelchi di Manzoni
Fonte: getty-images

La seconda tragedia Manzoniana riprende e approfondisce le tematiche della prima: se dal punto di vista storico pone maggiormente l'accento sulla questione nazionale, aiutato in questo dall’ambientazione “longobarda” dell’Adelchi, da quello poetico si sofferma maggiormente sul rapporto tra l’essere umano e le istituzioni.  

Lo sfondo è quello della guerra tra i Longobardi, guidati dal re Desiderio e dal figlio Adelchi, e i Franchi di Carlo Magno, chiamati in Italia da papa Adriano I che mal digeriva la presenza longobarda in Italia; la guerra termina nel 774 con la sconfitta longobarda.  

Il dramma inizia con la richiesta d’aiuto fatta ai Franchi dal papa a seguito dell’invasione da parte dei Longobardi dei territori della Chiesa, il re Desiderio, saputa la notizia, medita di vendicarsi dell’affronto papale.  

I Franchi capeggiati da Carlo Magno, che era a sua volta marito di Ermengarda figlia di Desiderio, dichiarano guerra ai Longobardi quando questi rifiutano di ritirarsi dai territori pontifici che avevano occupato; un gruppo di duchi, capeggiati dal soldato Svarto, decide di tradire Desiderio. Un diacono rivela a Carlo di aver trovato un passaggio per aggirare le difese nemiche. 

Nel III atto Adelchi parla con l’amico Anfrido confidandogli i suoi dubbi interiori, e improvvisamente l’accampamento è attaccato dai Franchi che costringono i Longobardi alla fuga: Desiderio verso Pavia, Adelchi verso Verona. 

La morte di Ermengarda. Atto IV dell'Adelchi di Manzoni
Fonte: getty-images

Nell’atto IV Ermengarda, figlia di Desiderio e sorella di Adelchi e moglie di Carlo, si suicida: innamorata del marito perde il senno alla notizia che il suo amato si è risposato per ragioni politiche; nel frattempo Svarto decide di tradire il suo re e consegnare Pavia ai Franchi.

Adelchi viene a sapere della caduta di Pavia. Ferito in una sortita, viene portato al cospetto del re franco al quale chiede la grazia per il padre; prima di morire pronuncia un discorso di pace e fratellanza cristiana.

L’introduzione di personaggi come il traditore Svarto, o Desiderio, preda della brama di vendetta, complicano la narrazione rispetto al precedente dramma, dando ai vari personaggi maggiore profondità e fornendo l'intero impianto del dramma di corrispondenze e ruoli completamente assente nel Carmagnola, creando contrapposizioni come quella tra il risoluto Carlo e il combattuto Adelchi, tra il fedele servitore di questi e il traditore Svarto.

Particolarmente sfaccettati sono Adelchi ed Ermengarda; quest’ultima, innamorata di Carlo Magno, una volta saputo del tradimento dell’amato si suicida, diventando così vittima della fredda ragion di stato.

Più complessa è la figura di Adelchi, vero e proprio eroe moderno, che da un lato desidera la pace e dall’altra sa perfettamente di appartenere alla stirpe che domina l’Italia e la schiavizza, e di non potersi sottrarre ai suoi doveri di capo militare. Una figura che sovverte quella stereotipa del longobardo invasore e barbaro: una figura romantica ma irreale e che non rispecchiava per nulla lo sforzo di Manzoni di descrivere il verosimile.

Forti sono i richiami anche alla contemporaneità: Manzoni, nostalgico del regno napoleonico, descrive i Franchi come liberatori e Longobardi germani come oppressori di un’Italia che migliorò sensibilmente la propria situazione sotto il nuovo sovrano; propone inoltre una visione inconsueta (e, va detto, storicamente discutibile) di un papato che non si fa ostacolo dell’Unità italiana.

I temi di carattere cristiano, che riprendono in parte quelli del Carmagnola, si ritrovano nel messaggio finale di Adelchi, pronunciato prima della morte.

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    Domande & Risposte
  • Cosa sono le tragedie manzoniane?

    La tragedia per Manzoni fu il genere letterario che gli consentì una “problematizzazione” degli eventi. L'autore, infatti, voleva creare una tragedia storica che si attenesse al vero proprio come faceva la storiografia perché aspirava a raccontare i fatti così come si erano davvero svolti.

  • Quali sono i temi delle tragedie manzoniane?

    Valori cristiani, inutilità delle guerre e temi patriottici.

  • Quali sono le tragedie di Alessandro Manzoni?

    Il Conte Carmagnola e l’Adelchi.