Traduzione De provinciis consularibus, Cicerone, Versione di Latino, Parte 11-20

Traduzione in italiano del testo originale in Latino, parte 11-20, dell'opera De provinciis consularibus di Marco Tullio Cicerone

Traduzione De provinciis consularibus, Cicerone, Versione di Latino, Parte 11-20
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DE PROVINCIIS CONSULARIBUS: TRADUZIONE DELLA PARTE 11-20

[11] Quindi, senatori, voi vedete i pubblicani del tutto precipitati non per incapacità nell'amministrazione, ma per la brama, la superbia, la durezza di Gabinio, in questa particolare crisi dell'erario si rende utile che voi andiate loro incontro, nonostante il fatto che, per molti di loro voi non siate capaci di parlare. Cioè di coloro i quali, a causa di quel nemico del Senato, di quell'individuo nemico accanito dell'ordine equestre e di tutti i cittadini onesti, hanno del tutto perso non solo i loro beni, ma anche l'onesta fiducia degli sventurati, non li ha potuto salvare né il loro patrimonio, né il loro lavoro freddo, né la pubblica reputazione, né le loro ampiezza, né il lavoro, contro il coraggio di quell'avido ladrone. [12] Perché? Dunque, dovremo sopportare che vadano in rovina queste persone che si trattengono grazie al sostegno dei propri risparmi o grazie alla nobiltà degli amici? In sostanza, se qualcuno per una aggressione di nemici non potè avvertire gli interessi dell'appalto, egli viene coperto proprio dalla Legge Censoria; non si dovrà portare soccorso a colui, al quale quell'individuo, nemico di fatto, benché non sia chiamato tale, non lo concorda? Trattenete nella provincia ancora a lungo chi svolge coi nemici traffici relativi ai soci, e con gli alleati in questioni relativi ai concittadini, chi si ritiene di valere più del collega anche per questa ragione, cioè che quello vi ha deluso con la rigidezza del volto, egli, invece non ha mai finto di essere meno cattivo di quello che era. Pisone, oltretutto, si vanta anche se in modo alquanto diverso, di aver fatto di tutto in poco tempo perché Gabinio non fosse ritenuto, soltanto lui, il più vile di tutti. [13] Se costoro non dovessero essere eliminati dall'incarico un giorno o l'altro, non sareste dell'avviso che essi dovrebbero essere separati con la vigoria, voi continuereste a mantenere queste due ferite dei soci, rovina dei soldati, disgrazia dei pubblicani, distruttori delle province, ritegno dell'amministrazione? Eppure voi stessi, l'anno scorso, eravate disposti a richiamare costoro, non appena fossero entrati nelle province. In quella circostanza, se il vostro voto fosse stato libero e la lite non avesse dovuto patire una serie di ritardi, essendo scappata dalle vostre mani, avreste guarito la vostra autorità, fatto che desideravate, poiché erano stati richiamati coloro per cui essa era andata smarrita, privati di quegli stessi premi che essi si erano ottenuti con i delitti e la rovina del loro paese. Se essi allora si sottrassero alla pena con l'appoggio degli altri, non con le proprie forze, essendo voi molto contrari, essi ne hanno subita una ben più duro e più arduo. [14] Infatti, quale pena più grande poteva mai colpire un uomo, in cui, se non regge un briciolo di animo di timore per la propria dignità abbandonata, vi sia almeno la paura della tortura interiore, cioè che non venga valutata dignitosa di fede una attinenza con la quale si annunzia un trionfo del nostro paese in una guerra? Il Senato emise tale decreto, quando negò la cerimonia pubblica di gratitudine per Gabinio, prima di tutto perché non c'era da avere fiducia in un uomo reo di reati infami; in secondo luogo perché gli interessi della repubblica non potevano essere ben difesi da un impostore, per giunta ravvisato come nemico reale dello Stato, infine, neppure gli dèi immortali avrebbero desiderato che si aprissero i templi e fossero celebrati i riti di riconoscenza in nome di un individuo, fra i più irriverenti ed irriverenti del paese.

Quindi, quell'altro individuo, o è un uomo avveduto e meglio istruito dai suoi Greci, con cui se la spassa ormai pubblicamente, mentre prima era solito farlo dietro le quinte; oppure ha degli amici più saggi di quelli di Gabinio, dato che di lui non esiste alcun rapporto. [15] Ebbene, sono questi i capi che noi avremo? Uno di questi non ha la forza di informarci per quale motivo venga chiamato 'Imperator', l'altro, se i suoi corrieri non si tratterranno, fra pochi giorni dovrà dolersi del fatto, invece, che lui abbia avuto un tale valore. I suoi amici, se ve ne sono, o se una bestia così enorme e così schifosa può avere degli amici, lo consolano dicendo che anche a T Albucio tempo addietro è stata negata da questo consesso la cerimonia di ringraziamento pubblico. Anzitutto si tratta di fatti profondamente diversi, cioè una era un'operazione di polizia condotta in Sardegna da una coorte ausiliaria al comando di un propretore contro ladruncoli rivestiti di pelli, l'altra una vera guerra condotta contro popoli e tiranni fra i più grandi della Siria, con un esercito sotto il comando di un console. In secondo luogo Albucio pretendeva dal Senato ciò che egli aveva già deciso per sé. Infatti era di pubblico dominio che un Greco di poco conto proprio in quella provincia avrebbe voluto celebrare il proprio trionfo; fu per questo motivo che il Senato gli contestò ufficialmente la sua pretesa, dopo avergli contestata la cerimonia pubblica. [16] Ma egli, Gabinio, si consoli pure con tale realizzazione, ritenendo che un offesa tanto grave, per il fatto che abbia colpito una sola persona, oltre lui, sia un fatto di minore rilievo, ammesso che egli si consoli con l'esempio di quello, attendendo la sua stessa fine; ma soprattutto perché su Albucio si buttò a terra quest'unica soggezione, cioè la pena del Senato, non esistendo nel suo caso, né la sfrenatezza di Pisone, né l audacia di Gabinio. [17] Ebbene, chi propone le due Gallie per due consoli distinti, non fa altro che tenerli entrambi nelle province; chi invece mette una delle Gallie e, o la Siria oppure la Macedonia, in definitiva ne mantiene ancora uno di essi, in sostanza aiuterebbe una pena diversa per due individui entrambi criminali del medesimo reato. 'Proporrò', egli dirà, 'che quelle diventino province pretorie, affinché sia dato subito un successore a Pisone ed a Gabinio'. Se lo si permette! Soltanto allora, infatti, il tribuno potrà contrapporre il suo rifiuto; ora non può. Pertanto, io che oggi propongo di dare Siria e Macedonia a quei consoli che saranno eletti, propongo queste come province pretorie, in modo che i pretori abbiano un compito per un solo anno e noi possiamo infine guardare in faccia quelli che ora non possiamo guardare, sfortunatamente, con animo calmo. Ma credetemi, non otterrà mai a dar loro un successore, se non vi sarà una mozione fatta in pieno accordo con quella legge, per la quale non è consentito opporre il diritto di voto durante un dibattito riguardante le province.

Quindi, persa questa occasione, bisognerà attendere un intero anno, passato il quale si allungheranno le sventure dei cittadini, le imposte degli alleati, l'insolente privilegio di uomini fra i più empi che ci siano. [18] Ma anche se quelli fossero delle ottime persone, io sono del parere che non sarebbe ancora raccomandabile dare un erede a C Cesare. Su tale occasione, Senatori, io dirò con chiarezza ciò che penso, e non causeranno in me alcun timore le eventuali opposizioni del mio carissimo amico, che poco fa ha interrotto il mio ragionamento. Egli, che è un'ottima persona, pretende che io non debba mostrarmi più nemico verso Gabinio che verso Cesare; tutta quella burrasca alla quale mi sono dovuto abbassare era stata sollevata da Cesare, quale provocatore e fautore. Se io gli rispondessi, anzitutto, che io ho presente il bene pubblico, non il mio astio, non potrei mostrarlo dicendo che io agisco seguendo l'esempio dei più potenti e noti cittadini? Forse T Gracco, (mi riferisco al padre, i cui figli volesse il cielo che non si fossero separati dalla prudenza paterna), si causò una tale lode per il fatto che, nelle sue funzioni di tribuno della plebe, unico fra tutti i colleghi, si dispose a favore di L Scipione, e nonostante fosse suo accanito nemico, come pure di suo fratello l'Africano, disse magnificamente in pubblico che egli, operando così, non si era pacificato con quello, ma che gli pareva in netto contrasto col fascino di un capo il fatto che, laddove si trovavano i capi dei nemici durante il trionfo di Scipione, proprio lì, nello stesso luogo fosse condotto chi aveva esaltato la propria gloria? [19] Chi mai fu più ricco di nemici di C Mario? L Scauro, M Scauro gli furono opposti, nemici tutti i Metelli. Ma tutti questi non solo non approvarono per il richiamo di quel loro nemico dalla Gallia, ma in via insolita gli fecero dare la provincia. In Gallia fu lottata una grande guerra; fortissimi popoli furono educati da Cesare, anche se ancora non legati da leggi, né da una ragione ben certa, non ancora uniti da una pace abbastanza forte. Noi stiamo fissando una guerra prossima alla fine, e, per dire il vero, quasi finita; ma al punto che, se portasse a termine le operazioni la stessa persona che le iniziò, noi vedremmo già tutto terminato; se gli si dà un erede, ci potrebbe essere il rischio di sentire che gli ultimi focolai di una guerra così grande si siano ravvivati e rifatti. [20] Perciò io, senatore, e se vi fa piacere, nemico dello stesso uomo, devo e voglio essere invece, amico della repubblica, come lo sono sempre stato. Così? Se io metto da parte le mie stesse avversioni per amore della repubblica, chi mi potrà disapprovare, soprattutto tenendo conto del fatto che mi sono sempre dato di trarre ispirazione per tutte le mie idee e tutte le mie azioni, dalle azioni degli uomini più celebri.

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