Traduzione De optimo genere oratorum, Cicerone, Versione di Latino, Parte 16-23

Traduzione in italiano del testo originale in Latino, parte 16-23, dell'opera De optimo genere oratorum di Marco Tullio Cicerone

Traduzione De optimo genere oratorum, Cicerone, Versione di Latino, Parte 16-23
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DE OPTIMO GENERE ORATORUM: TRADUZIONE DELLA PARTE 16-23

[16] Meglio forse di Platone? Nondimeno è necessario all’oratore che cerchiamo risolvere le controversie forensi in una forma oratoria adatta ad istruire, a dilettare, a commuovere. [VI] Quindi se ci sarà chi dichiara che sosterrà cause nel foro con lo stile di Tucidide, egli sarà alieno dal pensiero di lui, poiché si muove nel campo politico e forense; se loderà Tucidide, applichi il nostro parere al suo. [17] Anzi io non inserisco in questo numero neppure lo stesso Isocrate, che il divino scrittore Platone nel Fedro fece lodare da Socrate in modo mirabile come un suo eguale, e che tutti gli studiosi hanno definito un oratore di grande livello. Perché non prende parte alla battaglia con le armi, ma la sua eloquenza schermisce, per così dire, con spade di legno. Da me, paragonando le cose più piccole alle più grandi, viene fatto avanzare Eschine, pari ai gladiatori più celebrati, quanto Esernino, [come dice Lucilio], uomo non sozzo, ma acuto e dotto, il migliore di gran lunga degli uomini nati, questi viene messo a confronto con Pacideiano. Io penso infatti che nulla si possa concepire di più divino di quell’oratore. [18] A questa nostra fatica si oppongono due generi di osservazioni. Hanno fatto meglio i Greci. A chi l’ha fatta possono ribattere che mai [avrebbero potuto fare i Greci] di meglio in Latino? L’altra: Perché leggere questi qui, piuttosto che i discorsi nell’originale greco? I medesimi accolgono l’Andria e i Synefebi non meno [leggono Terenzio e Cecilio che Menandro, non] l’Andromaca o l’Antiopa o gli Epigoni latini; [peraltro leggono Ennio e Pacuvio e Accio piuttosto che Euripide e Sofocle]. Dunque qual è la loro avversione per i discorsi tradotti dal greco, mentre non ne hanno avuta per la poesia? [VII] [19] Ma affrontiamo ora ciò che abbiamo intrapreso, se prima abbiamo esposto quale cause sia stata portata in giudizio. Essendo legge ad Atene, che nessuno promuovesse un plebiscito affinché uno ricevesse la corona durante la magistratura prima che ne avesse reso conto; ed un’altra legge, che quelli che ricevessero tale dono dal popolo, dovevano ricevere il dono nell’assemblea; se dal senato, in senato, Demostene fu preposto al restauro delle mura e le ricostruì a sue spese; per questo dunque Ctesifonte propose che pur senza alcun rendiconto da parte di lui, ricevesse in dono una corona doro e che la cerimonia di donazione avvenisse, convocato il popolo, in teatro, che non è il luogo di una adunanza legittima, e che così venisse proclamato che egli riceveva il dono a titolo di merito ed in seguito alla buona disposizione d’animo, che dimostrava nei confronti del popolo ateniese. [20] Pertanto Eschine citò in giudizio Ctesifonte, poiché aveva proposto contro le leggi che ricevesse in dono la corona prima d’aver reso conto della carica, e ciò nel teatro in quanto aveva scritto della sua virtù e della sua buona disposizione d’animo in maniera falsa, non essendo Demostene né un uomo buono, né un benemerito della cittadinanza.

Quella stessa causa è davvero estranea alle pratiche della nostra consuetudine, ma è di gran importanza. Infatti presenta una interpretazione delle leggi abbastanza acuta per entrambi i punti di vista e scatena un conflitto certo importante sui meriti riguardo allo stato. [21] Perciò fu motivo per Eschine, quando egli stesso venne accusato da Demostene di delitto capitale poiché aveva tradito il mandato di ambasciatore, di far intentare un processo, per vendicarsi dell’avversario, a nome di Ctesifonte, riguardo all’operato ed al buon nome di Demostene. Infatti non si dilungò molto sui conti non resi, quanto sulle persone, perché era stato lodato come il migliore dei cittadini un uomo riprovevole. [22] Eschine intentò questo processo contro Ctesifonte quattro anni prima della morte di Filippo il Macedone; ma venne presa una decisione alcuni anni dopo, quando Alessandro era ormai padrone dell’Asia; si dice che a questo processo intervenne un gran concorso di gente da tutta quanta la Grecia. Quale evento fu tanto interessante da vedersi e da ascoltarsi quanto, in una causa della massima importanza, lo scontro di oratori di altissimo livello, reso incandescente da un odio reciproco e predisposto con ogni accorgimento? [23] Se avrò reso, come spero, i loro discorsi utilizzando tutti i loro accorgimenti, cioè con l’utilizzo dei loro moduli espressivi del pensiero e della dislocazione lessicale, ricercandone i termini fino a tanto da non renderli estranei alla nostra abitudine se poi non compariranno tutti nella traduzione dal Greco quelli del testo originale, tuttavia abbiamo lavorato accuratamente perché fossero delle stesso valore -, questa sarà la norma, alla quale saranno allineati i discorsi di questi, che vorranno esprimersi alla maniera attica. Ma riguardo a noi basti questo. Ascoltiamo infine lo stesso Eschine, che si esprime in Latino.

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