Traduzione De natura deorum, Cicerone, Versione di Latino, Libro 02; 91-100

Traduzione in italiano del testo originale in Latino del Libro 02; paragrafi 91-100 dell'opera De natura deorum di Cicerone

Traduzione De natura deorum, Cicerone, Versione di Latino, Libro 02; 91-100
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DE NATURA DEORUM: TRADUZIONE DEL LIBRO 02; PARAGRAFI 91-100

[91] Innanzitutto la terra, collocata nella parte centrale dell'universo, è circondata da ogni parte da quell'elemento vivente e respirabile che chiamano aer- il vocabolo è greco ma è stato accolto nell'uso della nostra lingua; passa ormai per latino. Questo è a sua volta circondato dall’immenso etere che è composto di quella sostanza ignea che occupa le regioni più alte dei mondo -anche in questo caso possiamo ricorrere ad un termine mutuato dal greco ed usare in latino il vocabolo aether allo stesso modo con cui comunemente diciamo aer, anche se Pacuvio lo interpreta: " ciò di cui parlo noi lo chiamiamo cielo, i Greci etere "- quasi non fosse proprio un Greco ad esprimersi così. Ma parla in latino. Certo solo se noi non ascoltiamo uno che parli quasi in greco; del resto lo stesso Pacuvio in un altro passo fa dire ad un personaggio: " è di stirpe greca: lo rivela il suo stesso modo di parlare". [92] Ma torniamo alle cose più importanti. Dall'etere derivano dunque le innumerevoli fiammelle degli astri, fra i quali il primo posto è occupato dal sole che illumina ogni cosa con la sua fulgidissima luce e che è di gran lunga più grande ed esteso della terra, seguono i rimanenti astri con le loro immense moli. E tutte queste masse infuocate, pur tanto grandi e numerose, non solo non arrecano nessun danno alla terra ed alle creature che la abitano ma tale è la loro benefica azione che, se fossero rimosse dalla loro attuale posizione, le terre brucerebbero consunte da quel fuoco, una volta tolto di mezzo ogni controllo ed ogni freno. XXXVII [93] A questo punto io non mi meraviglierei che ci sia qualcuno che si persuada che corpi solidi ed indivisibili siano trascinati dalla forza del loro peso e che dalla loro fortuita unione sia derivato il mondo con tutti i suoi splendori e le sue bellezze? Chi pensi che possa accadere una cosa del genere non vedo perché non dovrebbe anche ritenere che, se si raccogliessero da qualche parte in un numero molto elevato di esemplari le ventuno lettere dell'alfabeto foggiate in oro od in altro materiale e le si gettassero a tetra dovrebbero ricostituirsi tutti gli Annali di Ennio ormai pronti per la lettura; un risultato che il caso non riuscirebbe forse a realizzare neppure limitatamente ad un solo verso. [94] Costoro invece continuano a sostenere che in seguito alla fortuita e casuale collisione di corpuscoli sprovvisti di colore, di ogni qualità (la poioteta dei Greci) e di ogni sensibilità si costituirebbe il mondo, o, meglio, nascerebbe e perirebbe ad ogni istante un numero illimitato di mondi: che se codesto fortuito incontro di atomi è in grado di costruire il mondo, non dovrebbe anche riuscire ad edificare un porticato, un tempio, una casa od una città: tutte opere, queste, che richiedono certo minore fatica e sono in molti casi di più agevole realizzazione. Certamente parlano a vanvera avventatamente sul mondo così che si direbbe che non abbiano mai neppure rivolto gli occhi (e di qui partirà lamia prossima argomentazione) al mirabile spettacolo della volta celeste.

[95] Molto bene a proposito scrive Aristotele: "Se ci fossero esseri che siano sempre vissuti sotto la superficie terrestre in accoglienti e lussuose dimore, che siano ornate di statue e di dipinti e fornite di tutti quegli agi di cui sono ricchi coloro che sono considerati felici, e supponiamo che pur non essendo mai saliti alla superficie abbiano appreso, per sentito dire, che esisterebbe una volontà e una potenza divina, se ad un certo momento, spalancatesi le fauci della terra, fosse loro concesso di abbandonare la loro recondita dimora e di risalire verso le regioni che noi abitiamo e di uscire :certamente essi, avendo visto all'improvviso la terra, i mari e il cielo, l'estensione delle nubi e la potenza dei venti, avendo ammirato il sole, la sua grandezza e la sua bellezza avendo conosciuto la sua efficienza in forza della quale esso produce il giorno inondando il cielo con la sua luce, allora di fronte alla visione del cielo che, al cadere delle tenebre sulla nostra terra, si cosparge ed adorna di stelle, della luna e delle sue varie fasi ora crescenti ed ora decrescenti, del sorgere e del tramontare degli astri nonché delle loro orbite immutabili e fisse per sempre, certamente essi dicevamo, concluderebbero che gli dèi esistono realmente e che ad essi è dovuta la realizzazione di opere si grandi". XXXVIII [96] Queste le parole di Aristotele; ma noi possiamo anche ricordare le profonde tenebre che dicono che avvolsero un tempo le regioni limitrofe durante una violenta eruzione dell'Etna, tenebre tanto fitte che per due giorni nessuno fu in grado di riconoscere un suo simile, ma quando però il terzo giorno tornò a risplendere il sole a tutti parve di essere di nuovo ritornati alla vita. Se ci accadesse di vedere improvvisamente la luce dopo essere stati sempre immersi nelle tenebre quale sarebbe per noi lo spettacolo della volta celeste? Sennonché il nostro spirito, in seguito all'uso costante e quotidiano della vista, finisce coll'assuefarsi a ciò che vede ogni giorno, col non provarne più alcuna meraviglia e col non sentire più il bisogno di cercarne una spiegazione quasi che a stimolare tale ricerca non dovesse essere l'importanza dei fenomeni ma solo la loro novità. [97] Chi mai potrebbe chiamare uomo colui il quale, dopo aver osservato la perfetta regolarità dei moti celesti, l'esatta determinazione delle orbite stellari e lo stretto legame d interdipendenza che unisce gli esseri tutti, non riconoscesse in tutto ciò la presenza di un principio razionale e attribuisse all'opera del caso l'esecuzione di un piano la cui ingegnosità nessun ingegno umano riuscirà mai a raggiungere? O, quando osserviamo qualcosa muoversi per opera di un meccanismo - si tratti di una sfera planetaria o di un orologio o di un altro oggetto qualsiasi - non abbiamo alcun dubbio che sia stato un essere intelligente a determinarne il movimento, perché allora, nel contemplare il cielo che con la sua mirabile e velocissima rotazione determina con perfetta regolarità l'alternarsi delle stagioni donando vita e prosperità a tutte le creature, dovremmo dubitare che alla base di tutto vi sia un principio non solo razionale ma anche dotato di una divina perfezione? [98] Ma è ormai tempo di mettere in un canto tutte le sottigliezze dialettiche e di contemplare in un certo qual senso coi nostri occhi la bellezza di ciò che noi asseriamo predisposto dalla provvidenza divina.

XXXIX Si consideri innanzitutto la terra nel suo complesso collocata nel centro dell'universo essa si presenta solida e di forma sferica conferitale dal gravitare di tutte le sue parti verso il centro, coperta di fiori, di erbe, di alberi e di messi la cui straordinaria fecondità si articola in un'inesauribile varietà di forme. Aggiungi la frescura delle fonti perenni, la trasparenza delle acque fluviali, il mantello di un verde intensissimo che ne ricopre le rive, le ampie cavità delle grotte, l'asprezza delle rupi, l'incombere imponente delle alte cime montane, l'immensa distesa delle pianure; aggiungi anche i nascosti filoni d'oro e d'argento e le inesauribili riserve di marmo. [99] E quanta varietà nel mondo degli animali, siano essi domestici o selvatici, di quali voli e di quali canti sono capaci gli uccelli, quali pascoli si offrono agli armenti, quale vita si agita nelle selve. E che dire poi della stirpe degli uomini, quasi fossero stati espressamente investiti della missione di coltivare la terra non permettono che belve feroci la inselvatichiscano o che aspri rovi la desolino, per opera dei quali le campagne, le isole e le coste offrono il vario e luminoso spettacolo delle case sparse e degli agglomeramenti urbani. Se noi potessimo vedere tutto ciò coi nostri occhi cosi come possiamo rappresentarcelo con la nostra fantasia nessuno dubiterebbe della ragione divina. [100] E quanta bellezza è nel mare, quale spettacolo ci offre la sua visione d'insieme, quante e quanto varie sono le sue isole, quale delizioso scenario offrono le sue coste e le sue spiagge e quante e quanto disparate sono le forme viventi immerse nelle sue acque o solcanti a nuoto la sua superficie o fissate alla roccia col guscio in cui sono nate. Lo stesso mare, preso dal desiderio della terra, scherza sul lido sì che i due elementi paiono fusi in uno solo.

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