Traduzione De natura deorum, Cicerone, Versione di Latino, Libro 02; 153-168
Traduzione in italiano del testo originale in latino del Libro 02, paragrafi 153-168 dell'opera De natura deorum di Cicerone
DE NATURA DEORUM: TRADUZIONE DEL LIBRO 02; PARAGRAFI 153-168
LXI [153] Che la facoltà razionale dell'uomo non si è forse spinta sino al cielo? Soli fra gli esseri dotati di vita siamo riusciti a conoscere il corso degli astri, il loro sorgere ed il loro tramontare, dal genere umano è stato definito la durata del giorno, del mese, dell'anno, sono state conosciute le eclissi del sole e della luna riuscendo a predire per tutto il tempo avvenire il loro numero e la data esatta di ciascuna. Partendo dalla contemplazione di questi fenomeni l'animo dell'uomo finisce per accostarsi alla cognizione degli dèi fonte della pietà e, insieme, della giustizia e di tutte le altre virtù dalle quali deriva all'uomo una felicità pari e simile a quella degli dèi ed inferiore a quella per la sola mancanza del dono dell'immortalità: ma l'immortalità nulla ha a che fare con una vita virtuosa. Con questa mia esposizione mi sembra di aver sufficientemente chiarito la superiorità dell'umana natura rispetto agli altri animali. Da ciò dovrebbe ormai risultare chiaro che né la struttura e la conformazione delle membra né la nativa facoltà del pensiero possono essersi costituite per puro caso. [154] Mi resta ora da dimostrare, a mo' di conclusione, che tutto ciò di cui l'uomo si serve in questo mondo è stato appositamente creato e preparato per lui. LXII Innanzitutto il mondo è stato di per se stesso costruito per gli uomini e per gli dèi e tutto ciò che esso contiene è stato predisposto e si è rivelato di utilità per l'uomo. Il mondo è infatti una sorta di comune dimora degli dèi e degli uomini o, se si vuole, una città destinata ad accoglierli entrambi: lo dimostra il fatto che essi soli hanno l'uso della ragione e vivono in base al diritto ed alle leggi. Come dunque Atene e Sparta sono da ritenersi costruite in funzione degli Ateniesi e degli Spartani e a buon diritto si afferma che quanto si trova in esse appartiene a quei popoli, allo stesso modo tutto ciò che il mondo reca in sé in tutta la sua estensione deve considerarsi come appartenente agli dèi ed agli uomini. [155] Consideriamo i movimenti del sole, della luna e delle altre stelle: essi servono indubbiamente a mantenere la compagine dell'universo, ma offrono anche all'uomo uno spettacolo la cui contemplazione non stanca mai e del quale nessun'altra visione è più bella e più adatta a stimolare l'attività razionale; infatti in base alla misurazione di quei movimenti siamo riusciti a determinare i limiti, le variazioni, ed i mutamenti delle stagioni. Tutti fenomeni questi che, se sono noti solo all'uomo, non possono che essere stati predisposti appositamente per lui. [156] Quanto alla terra, gravida di messi e di ogni genere di legumi ch'essa elargisce con infinita generosità, per chi la vediamo generare i suoi prodotti, per gli uomini o per gli animali? Che dire della vite e dell'olivo i cui abbondantissimi e fecondissimi frutti nulla hanno a che fare con le bestie; manca agli animali ogni nozione sulla semina, sulla coltivazione, sul tempo adatto per la mietitura, sulla raccolta dei prodotti e sulla loro conservazione in luoghi appositi, tutte attività che sono di esclusiva pertinenza dell'uomo.
LXIII [157] Come le cetre ed i flauti debbono ritenersi costruiti per coloro che se ne servono, cosi si deve riconoscere che le cose di cui ho parlato sono state create esclusivamente per coloro che ne fanno uso, e se qualche animale ce ne strappa o ne ruba una parte, non per questo diremo che quei prodotti sono venuti alla luce per lui. Non è certo per le formiche e per i topi che gli uomini ripongono il frumento, ma per le spose, per i figli e per la servitù; avviene così che gli animali godano di nascosto dei beni della terra, i loro padroni liberamente ed alla luce del sole; [158] è dunque necessario ammettere che proprio all'uomo è destinata tanta abbondanza di prodotti, sempre che non si ritenga eccessivo che a lui solo la natura abbia donato frutti cosi vari ed abbondanti e così deliziosi non solo a gustarsi ma anche ad annusarsi e a vedersi. Ma è tanto poco vero che beni siffatti sono destinati anche agli animali che, a quanto ci risulta, sono invece le bestie che esistono proprio per servire alle necessita dell'uomo. Che funzione hanno le pecore se non quella di permettere agli uomini di rivestirsi dei loro velli, lavorati ed intessuti; che questi animali senza una sollecita cura da parte dell'uomo non avrebbero potuto né alimentarsi, né sostenersi, né produrre alcunché di utile. E non parliamo dei cani, della loro fedeltà nel fare la guardia, del loro affetto per il padrone, della loro avversione per gli estranei, della straordinaria finezza dei loro olfatto nelle ricerche, della loro grande alacrità nella caccia che significa tutto ciò se non che il cane è stato creato per soddisfare le necessità dell'uomo. [159] E che dire dei buoi; la stessa conformazione del dorso risulta inadatta a sostenere dei pesi, ma il collo appare nato proprio per reggere il giogo e gli omeri ampi e vigorosi per trascinate l'aratro. Furono i buoi a domare la terra scindendone le zolle e per questo loro merito gli uomini dell'età dell'oro, a quanto ci riferiscono i poeti, non fecero mai loro alcuna violenza:" Quindi sorse d'un tratto una stirpe di ferro contesta e prima osò costruire la spada ministra di morte e dei giovenchi, domati ed avvinti, a cibarsi d'intraprese": il servizio prestato dai buoi era valutato a tal punto che il cibarsi delle loro carni era ritenuto un delitto. LXIV Sarebbe troppo lungo passare in rassegna le benemerenze degli asini e dei muli certamente creati per servire all'uomo. [160] Quanto al maiale non serve ad altro che a fornir carne da mangiare, tanto che Crisippo afferma che gli fu data persino un'anima invece del sale per impedirne la putrefazione; proprio per queste sue straordinarie doti alimentari la natura ha fatto di questo animale il più prolifico di tutti. Che dire poi di tante varietà e della squisitezza dei pesci, che dire degli uccelli; dai quali viene un piacere così grande da far sospettare che la nostra Provvidenza stoica sia stata alla scuola di Epicuro e gli uccelli non sarebbero catturati se non grazie all'intelligenza e all'astuzia dell'uomo; anche se alcuni di essi - quelli che i nostri aruspici chiamano alites e oscines - hanno per noi la sola funzione di predire il futuro.
[161] Andiamo anche a caccia di belve feroci e selvagge sia per ricavarne cibo sia a scopo di allenamento in vista dei cimenti della guerra, sia per ricavarne un aiuto una volta che siano state sottomesse ed ammaestrate, come avviene per gli elefanti, nonché per ricevere dai loro corpi dei farmaci contro le malattie e le ferite non dissimili da quelli che estraiamo da erbe e radici la cui utilità abbiamo appreso in seguito ad una lunga esperienza. Si scorrano pure con gli occhi del pensiero tutte le terre e tutti i mari: non si scorgeranno altro che immense estensioni di campi ricchi di messi, monti ricoperti di densissime selve, pascoli per gli allevamenti, rotte marine per le navi rapidissime da percorrersi. [162] E non solo sulla superficie della terra, ma anche nelle sue profondità tenebrose vi sono innumerevoli sostanze utili all'uomo che sono state create perché egli possa farne uso e che lui solo è riuscito a scoprire. LXV Il prossimo argomento è presumibilmente destinato a subire gli attacchi dei miei avversari, di Cotta in quanto era consuetudine di Carneade scagliarsi contro gli stoici, di Velleio in quanto non v'era nulla su cui maggiormente si appuntasse l'ironia di Epicuro quanto la previsione degli eventi futuri, eppure mi sembra che esso confermi nel modo più evidente che alle cose umane provvede l'oculata saggezza degli dei. E' un fatto che la divinazione esiste e si manifesta in molteplici luoghi, occasioni e circostanze sia nella vita privata sia, soprattutto, in quella pubblica: [163] molte cose scorgono gli aruspici, molte ne prevedono gli auguri, molte sono rivelate dagli oracoli, molte dai vaticini, molte dai sogni, molte dai prodigi grazie ai quali molte vicende si sono risolte secondo i desideri degli uomini ed a tutto loro vantaggio e molti pericoli sono stati scongiurati. Questa facoltà, sia essa una capacità innata o un'arte o un dono naturale, fu concessa dagli dei all'uomo, ed a lui solo, perché fosse in grado di conoscere gli eventi futuri. Anche se i singoli episodi non riescono a convincervi, presi nel loro insieme e considerati nei loro complessi e vicendevoli rapporti avrebbero dovuto persuadervi. [164] Del resto non è solo sul genere umano nel suo complesso che si esercita l'azione provvidenziale degli dèi immortali, ma anche sui singoli individui. Basta ridurre gradualmente l'insieme dell'umanità a gruppi sempre più ristretti fino a giungere alle persone isolate. LXVI Se è vero che gli dèì, per le ragioni di cui s'è parlato, provvedono a tutti gli uomini dovunque si trovino e qualunque piaga o regione abitino di quelle terre che, benché distanti dalla parte che noi abitiamo, appartengono con essa ad un unico, ininterrotto continente, è evidente che essi provvedono anche a coloro che con noi abitano queste terre da oriente ad occidente. [165] D'altra parte se essi provvedono agli abitanti di questa specie di grande isola che noi chiamiamo globo terrestre, provvedono anche agli abitanti delle singole regioni di quest'isola quali l'Europa, l'Asia e l'Africa.
Perciò prediligono anche quelle che di queste regioni sono alla loro volta delle parti come Roma, Atene, Sparta, Rodi nonché singoli cittadini di queste città al di sopra di tutti gli altri come fecero per Curio, Fabrizio e Coruncanio durante la guerra contro Pirro, per Calatino, Duilio, Metello e Lutazio durante la prima guerra punica, per Massimo, Marcello e l'Africano durante la seconda e, successivamente per Paolo, Gracco e Catone, e, a memoria dei nostri padri, per Scipione e Lelio; inoltre Roma e la Grecia dettero i natali a tante personalità di rilievo nessuna delle quali probabilmente si sarebbe affermata senza l'aiuto divino. [166] Fu questa considerazione che spinse i poeti, e soprattutto Omero, a fare di determinati dèi i compagni di pericolo e di avventure di eroi quali Ulisse, Diomede, Agamennone, Achille. Spesso gli dèi si sono presentati di persona, come nei casi sopra ricordati, mostrando chiaramente il loro particolare interesse per determinate città e per singoli personaggi; ciò risulta anche dalla rivelazione di eventi futuri fatta ora a uomini immersi nel sonno, ora nel pieno della veglia; si aggiungano i numerosi avvertimenti che ci vengono dai vari segni, dall'esame delle interiora delle vittime e dagli altri fenomeni dei quali una diuturna esperienza ha fatto altrettanti strumenti dell'arte divinatoria. [167] Gli è che nessun uomo è mai stato veramente grande senza una qualche ispirazione divina. In questo caso non avrebbe alcuna importanza obiettare che se una tempesta danneggia i campi o le vigne di qualcuno o lo priva di qualche beneficio noi siamo indotti a pensare che quell'uomo sia vittima dell'odio o della trascuratezza degli dei. Gli dèi si occupano delle cose importanti e trascurano le inezie. Per gli uomini veramente grandi tutto procede nel migliore dei modi se è vero che i nostri maestri e Socrate, principe della filosofia, ci hanno ormai sufficientemente illustrato gli infiniti vantaggi della virtù. LXVII [168] Questo, più o meno, è quanto mi sono ricordato ed ho creduto opportuno esporre sulla natura degli dèi. Quanto a te, Cotta, se volessi darmi ascolto, dovresti trattare lo stesso tema memore della tua dignità di primo cittadino e di pontefice e avvalendoti della facoltà che la vostra scuola vi concede di considerare il pro ed il contro delle questioni dovresti senz'altro assumere la mia stessa posizione e mettere a frutto in questa discussione quell'abilità dialettica che hai acquistato nelle scuole di retorica e che la pratica dell'Accademia ha vieppiù rafforzato. E' cattiva consuetudine parlare contro gli dèi, che lo si faccia sia per convinzione, sia per un semplice pretesto.