Traduzione De natura deorum, Cicerone, Versione di Latino, Libro 02; 111-120
Traduzione in italiano del testo originale in Latino del Libro 02; paragrafi 111-120 dell'opera De natura deorum di Cicerone
DE NATURA DEORUM: TRADUZIONE DEL LIBRO 02; PARAGRAFI 111-120
[111] Il suo corpo è cosparso di numerose stelle;" quelle che i Greci ladi soglion chiamare, dal verbo hyein, cioè " piovere "; i nostri invece, senza capire, le chiamano Sucule " come se il loro nome traesse origine dalla razza " suina " e non dalla pioggia. Alle spalle dell'Orsa Minore sta Cefeo con le mani aperte: "chè proprio alle spalle di Cinosura muove il suo corso". Prima di lui " sta Cassiopea, dalle stelle mandanti scarsa luce. Lì presso si muove Andromeda dal chiaro fulgore che, mesta, cerca sottrarsi alla vista materna. A lei l'illustre destriero dall'ondeggiante fulgida chioma, sfiora col ventre la punta dei capo, così un'unica stella bramando intrecciare fra gli astri un sempiterno nodo, traccia con luce splendente due diverse figure. Lì presso sta fisso l'Ariete dalle attorte corna". Accanto a lui " stanno i Pesci, uno dei quali sopravanza il gruppo di un breve tratto, ed è maggiormente esposto ai soffi dell'Aquilone che fa rabbrividire". XLIV [112] Ai piedi di Andromeda è raffigurato Perseo " che le raffiche d'Aquilone respingon dalla zona più alta". E, " vicina al suo ginocchio sinistro puoi scorgere le Virgilie con la loro tenue luce. Segue la lira dall'aspetto leggermente ricurvo". Quindi " sotto la vasta volta del cielo l'alato Cigno libra". In prossimità della testa del Cavallo si estende il fianco destro dell'Acquario e quindi l'Acquario stesso in tutta la sua estensione. Subito dopo " segue in un'ampia orbita il Capricorno dal corpo semiferino spirante dal petto possente una gelida raffica; e quando il Titano lo investe con raggi immortali volge indietro il suo carro durante i freddi invernali". [113] Quivi ci è dato scorgere " come in alto fa mostra di sé lo Scorpione che l'Arco ricurvo seco trascina col forte vigor della coda possente. Lì presso sull'ali librandosi il Cigno volteggia. E vicino l'Aquila avanza dal corpo fulgente". Segue il Delfino. " Quindi Orione obliquo spande i suoi raggi ". [114] Subito dopo " sfavilla fra gli astri l'ardente Canicola ". Quindi la Lepre " si slancia instancabile in rapida corsa. Presso la coda del Cane si snoda Argo strisciando. Tocca d'Ariete e i Pesci dal corpo squamoso e sfiorando col corpo fulgente le rive del Fiume ". E puoi scorgere in lontananza il corso sinuoso "e alle nel cielo scorger potrai le Catene che avvincono i Pesci e ne serran la coda". " E sotto l'aculeo di Nepa fulgente risplende la luce dell'Ara che i miti soffi dell'Austro accarezzano ". Nelle immediate vicinanze il Centauro " muove i suoi passi affrettandosi a sottomettere le Chele la parte del Cavallo. Tende la destra e raggiunge un grosso quadrupede. Lo spinge all'Altare chiaro di luci e lo immola qual vittima e il sangue ne versa. Quivi l'Idra dai baratri emersa d'Averno si slancia " e ricopre il Cielo col vasto corpo, "Brilla nel mezzo del cerchio Cratera fulgente. Il becco dei Corvo la sfiora librato sull'ali veloci; e innanzi al Cane e sotto i Gemelli si muove famoso l'astro che i Greci chiaman Procione e ne citano il nome ".
[115] C'è davvero da chiedersi se una persona assennata possa seriamente attribuire ad uno scontro fortuito di particelle l'ordinata e fascinosa distribuzione degli astri nel cielo, poichè una forza priva di intelligenza e di ragione non avrebbe potuto creare esseri siffatti, chè non solo per spiegare la loro esistenza è indispensabile postulare l'intervento di un principio razionale ma la loro stessa natura è comprensibile solo a patto che la si inquadri in un supremo piano razionale. XLV Ma non a questo solo ci sono i motivi di meraviglia, ma ciò che più colpisce è la stabilità e compattezza del mondo per la cui conservazione nulla si potrebbe escogitare di più adatto. Tutte le sue parti, nel loro sforzo di raggiungere il centro, realizzano fra loro un perfetto equilibrio. Soprattutto rende stabile la loro unione è una sorta di legame che le stringe ed avvolge tutt'intorno, legame che trova la sua ragione d'essere in quella forza diffusa nel mondo che tutto organizza secondo principi razionali e spinge e trascina verso il centro quanto si trova alla periferia. [116] Orbene, se il mondo ha forma sferica e, di conseguenza, tutte le sue parti sono in individuale e reciproco equilibrio, lo stesso fenomeno dovrà verificarsi anche per la terra dove, per la tendenza di tutte le sue parti a raggiungere il centro (che in una sfera è il punto più basso), nulla può interromperne la continuità rompendo l'equilibrio dei pesi e delle forze. Per la stessa ragione il mare che copre la superficie terrestre, gravitando anch'esso verso il centro, assume una regolare curvatura senza straripamenti o deviazioni di sorta. [117] L'aria, che confina con questo, in virtù della sua leggerezza tende verso l'alto, ma la sua diffusione è anch'essa uniforme in tutte le direzioni; perciò se il mare è l'elemento col quale direttamente confina senza soluzione di continuità, la sua natura la spinge verso il cielo che le comunica parte della sua leggerezza e del suo calore mettendola in grado di dispensare ai viventi vita e salute. E comprendendo la sfera tutta la parte più alta del cielo che si chiama etere, mantiene un calore e una levità proprie senza nessuna commistione estranea si congiunge con l’estremità dell’aria XLVI Nell’etere invece le stelle si muovono, e queste assunta forma sferica si mantengono e la forma e la stessa figura sostengono i loro movimenti; sono infatti sferiche, con la cui forma non si può affatto recar danno, come mi pare aver già detto. [118] I pianeti per natura sono stelle; per cui sono nutrite dalle evaporazioni della terra, del mare e dell’acqua, le quali sono provocate dal sole per i terreni riscaldati e per l’acqua; le alte e rinvigorite stelle e tutto l’etere le riversano di nuovo e le assorbono da quello stesso luogo, affinchè niente possa mai morire o almeno quel poco che dei pianeti il calore del fuoco e dell’aria consuma.
Per questo motivo i nostri pensano che accadrà quello di cui dicevano che dubitasse Panezio, cioè che tutto il modo alla fine brucerà, poiché avendo consumato ogni genere di liquido la terra non potrà essere alimentata né continuerebbe a spirare l’aria, il levarsi della quale non potrebbe esserci essendo consumatasi tutta l’acqua: così nulla rimarrebbe eccetto il fuoco e da cui nuovamente verrebbe la palingenesi del mondo e nascerebbe con la medesima bellezza di prima. [119] Non voglio apparire a voi molto prolisso sul calcolo delle stelle, e soprattutto dei pianeti; tanto grande è l’armonia di moti così dissimile che, mentre la stella più alta, quella di Saturno, è fredda, quella a medio cielo, quella di Marte brucia, posta tra questi quella di Giove illumina domina, e le due stelle poste sotto Marte obbediscono al sole, lo stesso sole riempie della sua luce tutto il mondo, e dallo stesso illuminata, la luna sovraintende i concepimenti e le nascite e lo sviluppo della creazione. E l’unione delle cose, quasi una armonica combinazione della natura che non muove verso l’incolumità del mondo, so che nessuno di questi vi ha mai riflettuto. XLVII [120] Orsù, se poi dalle regioni del cielo ci riportiamo alle cose della nostra terra, come rintracciare una sola creatura nella quale non risplenda la razionale intelligenza della natura? Innanzitutto i fusti della vegetazione che spunta dal grembo della terra danno solidità alle parti che essi sostengono e traggono dalla terra gli alimenti con cui nutrire quanto poggia sulle radici; e per difendersi dal freddo e dal caldo i tronchi si ricoprono di corteccia. Le viti si aggrappano ai sostegni coi loro tralci simili a mani e non diversamente dagli esseri animati assumono posizione eretta; anzi, se nelle vicinanze sono piantati dei cavoli se ne tengono lontano come da corpi funesti e pestilenziali e si guardano bene dall'entrare in contatto con essi.