Traduzione De lege agraria, Cicerone, Versione di Latino, Oratio 2; 8-9
Di Redazione Studenti.Traduzione in italiano del testo originale in Latino della seconda orazione; parte 8-9 dell'opera De lege agraria di Cicerone
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DE LEGE AGRARIA: TRADUZIONE DELL'ORATIO 2; PARTE 8-9
Io capisco bene, o romani, in che presupposti il I gennaio ho iniziato a condurre il nostro stato: uno stato pieno d'inquietudine, pieno di paura, in cui non c'era nessuna disonestà, nessun odio che i saggi non avessero timore e i delinquenti non aspettassero; di tutti gli studi facinorosi contro l'attuale costituzione dello stato e contro la vostra stessa tranquillità alcuni - come si diceva venivano ancora tramati, altri erano stati già tramati nel periodo seguente al mio voto; dal foro era stata cacciato la reputazione, e non già per l'abbattersi di una nuova catastrofe, bensì per i dubbi e il disordine che dominavano nell'amministrazione della giustizia e per l'annullamento dei decreti; e, stando a quel che si credeva, le mire si volgevano non già a nuove forme di autorità indiscutibile, non già a comandi eccezionali, ma a dispotismi propri di re. Erano trame, queste, che io non solo sospettavo ma anche scorgevo chiaramente - tanto non si lavorava nell'ombra-: perciò ho detto in senato che nell'esercizio di questa mia carica sarei stato un console democratico. E che c'è di tanto gradito al popolo quanto la pace? Affinché essa dà allegria, secondo me, non solo agli uomini, certamente dotati di sensibilità, ma anche alle case e ai poderi. Che c'è di tanto o al popolo quanto la libertà? La quale è appassionatamente voluta - lo percepite come si deve - non solo dagli uomini ma anche dagli animali, e non cè bene che le venga prescelto. Che c'è di tanto caro al popolo quanto la pace? La quale è un bene così desiderato che, a giudizio e vostro e dei vostri avi e di tutti gli uomini più coraggiosi, non si deve risparmiare fatica, anche la più stancante, per poter una buona volta gioirne, soprattutto quando si è eletti di una carica importante.