Traduzione De Imperio Cn Pompei, Cicerone, Versione di Latino, capitolo 03; 49-71
Traduzione in italiano del testo originale in Latino del capitolo 03; paragrafi 49-71 dell'opera De Imperio Cn Pompei di Cicerone
DE IMPERIO CN POMPEI: TRADUZIONE DEL CAPITOLO 03; PARAGRAFI 49-71
[49] Poiché la guerra è tanto necessaria che non la si può evitare, così importante che occorre condurla con la massima accuratezza, e poiché potete affidarne il comando ad un generale dotato di eccellente scienza militare, di straordinario valore, di ragguardevole prestigio, di eccezionale fortuna, siete forse in dubbio, o Quiriti, sull'impiego, a conservazione e ad amplificazione dello Stato, di un tal bene, a voi offerto e concesso dagli dèi immortali?[50] Se attualmente Gneo Pompeo fosse stato un privato cittadino qui a Roma, voi tuttavia avreste dovuto sceglierlo e destinarlo ad un conflitto tale: nella presente situazione si unisce agli altri grandissimi vantaggi la circostanza che egli è presente proprio in quei luoghi, che ha un esercito, che può ricevere contingenti militari da chi ne dispone; e noi, che cosa aspettiamo? Perché non affidiamo, con il favore degli dèi immortali, anche questa guerra contro alcuni regnanti all'uomo che, con il massimo vantaggio dello Stato, ha ricevuto 1'incarico di condurre le altre guerre?[51] Ma in effetti un uomo illustre, che nutre grande rispetto per lo Stato, ricoperto da voi dei massimi benefici, Quinto Catulo, ed un uomo egualmente insignito delle più grandi e più belle onorificenze, dotato di fortuna, di valore, di intelligenza, Quinto Ortensio, avversano questo parere. Io ammetto che il loro prestigio abbia avuto una grande importanza e l'abbia necessariamente in molte occasioni; ma nella presente situazione, per quanto siate a conoscenza del parere contrario di uomini molto meritevoli ed illustri, messa tuttavia da parte la loro autorità, considerando i fatti e riflettendovi sopra possiamo ricercare la verità; ciò è tanto più facile, in quanto essi stessi riconoscono che risponde al vero tutto ciò da me finora detto, che cioè la guerra sia necessaria ed importante, e che il solo Gneo Pompeo possieda tutte le doti al massimo grado.[52] Che cosa dice dunque Ortensio? Nel caso che occorra conferire i massimi poteri ad un solo uomo, Pompeo ne sarebbe il più degno, ma non si deve tuttavia affidare tutti i poteri ad una sola persona. E' questo ormai un argomento senza valore, confutato dai fatti molto più che dalle parole. Tu stesso infatti, Quinto Ortensio, hai parlato in senato a lungo, come ti consentono la facondia e la straordinaria facilità del tuo eloquio, con saggezza e lucidità di pensiero, contro un uomo coraggioso, Aulo Gabinio, allorché questi proponeva una legge che stabiliva la nomina di un solo generale contro i pirati; da questo stesso luogo parlasti ugualmente a lungo contro quella legge.[53] Cosicché, se allora, (in nome degli dèi immortali!) presso il popolo romano avesse avuto più valore il tuo prestigio che la sua salute ed il suo vero interesse, saremmo oggi in possesso di questa gloria e di questo impero universale? Ti sembrava forse trattarsi di un impero, quando gli ambasciatori del popolo romano, i questori ed i pretori erano fatti prigionieri? Quando sia ai privati che allo Stato era proibito importare da tutte le province? Quando tutti i mari erano a noi così chiusi che non potevamo trattare affari privati e pubblici al di là del mare?[54] Quale città è mai esistita - non parlo di Atene, il cui impero marittimo si dice sia stato un tempo abbastanza vasto, né di Cartagine, molto potente nella flotta e nelle attività marittime, né Rodi, la cui maestria ed il cui valore in mare è stato tramandato fino a noi - quale città è mai esistita tanto debole e tanto insignificante da non saper difendere per proprio conto i suoi porti, i suoi campi ed una parte delle sue regioni e del suo litorale? Ma, per Ercole, per anni interi, prima della legge Gabinia, il popolo romano, della cui invincibilità per mare è giunta la fama sino a noi, è stato privato non solo di una grande parte, io direi della più grande, di proventi, ma anche della sua dignità e del suo impero.
[55] I nostri antenati superarono con la loro flotta il re Antioco e Perseo, vinsero in tutte le battaglie navali i Cartaginesi, uomini dotati di una grandissima esperienza sul mare ed assai ben equipaggiati, e noi non eravamo ormai in grado di resistere in alcun luogo ai pirati: un tempo noi non garantivamo soltanto la sicurezza dell'Italia, ma con il prestigio del nostro impero eravamo in grado di garantire la sicurezza di tutti gli alleati, fin nelle più lontane contrade; mentre l'isola di Delo, situata così distante da noi, nel mar Egeo, dove giungevano mercanzie e carichi da ogni parte del mondo, piena di ricchezze, piccola, priva di mura, non nutriva alcun timore, a noi invece erano vietate non solo le nostre province, le zone costiere ed i porti dell'Italia, ma ormai anche la via Appia; in quei tempi i magistrati del popolo romano non si vergognavano di salire su questa stessa tribuna, poiché i nostri antenati ce l'avevano lasciata adorna di spoglie navali e di trofei tolti alle flotte nemiche.[56] Il popolo romano, o Quinto Ortensio, giudicò allora che, animati da buone intenzioni tu e gli altri che erano del tuo avviso, esprimeste le vostre opinioni: ma, trattandosi della salute comune, quello stesso popolo romano preferì obbedire al suo risentimento piuttosto che alla vostra autorità. In tal modo un'unica legge, un unico uomo, un unico anno non solo vi hanno liberato da quella infelice e vergognosa situazione, ma hanno anche fatto sì che una buona volta siate apparsi veramente come dominatori su tutte le genti e su tutte le nazioni, per terra e per mare.[57] Perciò mi sembra ancor più indegna l'offesa fatta sin qui - dirò a Gabinio, o a Pompeo, o, ciò che è più vero, ad entrambi? - Non accogliendo le pressanti richieste di Gneo Pompeo perché Aulo Gabinio divenisse suo luogotenente. Forse colui che richiede per una guerra tanto importante il luogotenente da lui scelto non merita d'essere esaudito, dal momento che gli altri hanno condotto con sé i luogotenenti desiderati, per rapinare gli alleati e depredare le province, o forse l'autore stesso della legge, che ha dato benessere e dignità al popolo romano e a tutte le genti, non deve partecipare alla gloria del generale e dell'esercito messo in piedi grazie alla sua saggezza e al suo rischio?[58] Forse che Gaio Falcidio, Quinto Metello, Quinto Celio Latinense, Gneo Lentulo, nomino tutti questi come un rispettoso omaggio nei loro confronti, dopo essere stati tribuni della plebe, non poterono divenire luogotenenti l'anno successivo: si è tanto scrupolosi nei confronti del solo Gabinio, il quale, in una guerra sostenuta per merito della legge Gabinia, sotto questo generale ed in questo esercito, da lui stesso procurato per mezzo del vostro voto, dovrebbe essere nominato luogotenente anche per uno speciale diritto? Spero che i consoli proporranno al senato la sua nomina a luogotenente. Se essi esiteranno o addurranno scuse, mi impegno io a presentare la proposta.
Nessuna ingiustizia mi tratterrà dal difendere, sicuro del vostro sostegno, i vostri diritti ed i vostri benefici, e non darò ascolto a niente, tranne che non si tratti di un veto; ma io ritengo che quanti lo minacciano pondereranno a lungo se sia lecito servirsene. Io ritengo, o Quiriti, che il solo Aulo Gabinio debba essere associato alla guerra marittima ed alle imprese di Gneo Pompeo, specialmente perché l'uno vi fece votare il conferimento della condotta di guerra ad una sola persona, l'altro, ricevuto l'incarico, lo portò a compimento.[59] Mi resta da parlare, credo, dell'autorità e del parere di Quinto Catulo. Egli vi chiese in chi avreste riposto le vostre speranze se, avendo voi attribuito tutti i poteri a Gneo Pompeo, gli fosse capitata una qualche disgrazia; e fu ampiamente premiato per i suoi meriti e per le sue qualità, poiché voi tutti, quasi all'unanimità, rispondeste che proprio in lui avreste riposto le vostre speranze. In effetti Quinto Catulo è un uomo tale che non esiste missione tanto importante e difficile che egli non possa guidare con il suo senno, salvaguardare con la sua integrità, e condurre a buon compimento con il suo valore. Ma io dissento profondamente da lui proprio su questo punto, perché quanto meno sicura e lunga è la vita umana, tanto più lo Stato deve giovarsi, finché gli dei immortali glielo consentono, della presenza e del valore di un uomo eccelso.[60] Ma in effetti -[Catulo obietta] - nessuna novità deve trasgredire l'esempio ed i principi dei nostri antenati. Non dirò qui che i nostri antenati hanno sempre obbedito alle loro consuetudini in tempo di pace, al loro utile in tempo di guerra, ed hanno sempre adattato nuove decisioni a nuove circostanze: non dirò che due importantissime guerre, la guerra Punica e quella di Spagna, sono state condotte a termine da un solo generale, e che due città assai potenti e pericolose per il nostro impero, Cartagine e Numanzia, sono state distrutte dal medesimo Scipione; non starò a ricordare che poco tempo fa i vostri antenati hanno ritenuto di dover riporre la speranza dello Stato nel solo Gaio Mario, perché egli conducesse la guerra contro Giugurta, la guerra contro i Cimbri, la guerra contro i Teutoni. [61] Per quanto riguarda lo stesso Gneo Pompeo, nei cui confronti Quinto Catulo è ostile ad ogni innovazione, voi ricordate quali nuove prerogative gli sono state attribuite per l'eccelso parere di Quinto Catulo.Che cosa c'è di più nuovo del fatto che raduni un esercito un giovanotto, e per di più privato, in un periodo di pericolo per lo Stato? Egli lo radunò. Per comandarlo? Egli lo comandò. Per condurre l'impresa con successo? Egli la condusse con successo. Che cosa c'è di più contrario alle consuetudini dell'assegnare ad un uomo giovanissimo, ancor molto lontano dall'età richiesta dal senato, un comando ed un esercito, dell'affidargli il governo della Sicilia e dell'Africa e la condotta di guerra in quella provincia? Si è comportato in queste province con integrità, saggezza e virtù straordinarie: ha terminato in Africa una guerra importantissima e ricondotto l'esercito vittorioso.
Che c'è poi di più inaudito del trionfo di un cavaliere romano? Ma il popolo romano non solo ha visto anche questo, ma ha ritenuto di doverlo vedere e celebrare anche con un generale entusiasmo.[62] Che cosa c'è di più insolito del fatto che, pur essendoci due consoli assai famosi e valorosissimi, un cavaliere romano sia stato inviato in luogo del console in una guerra di grandissima importanza e spaventosa? Egli è stato inviato. In quel tempo, mentre molti in senato sostenevano che non si doveva inviare un privato al posto del console, si dice che Lucio Filippo abbia affermato di inviarlo, a parer suo, non con il potere di un console, ma di due consoli. Era tale la speranza in lui riposta per un felice compimento dell'incarico assegnatogli, che si affidava il compito di due consoli al valore di un unico giovane. Che cosa c'è di più singolare del fatto che, sciolto dai vincoli legali con una deliberazione del senato, sia stato nominato console, non essendo in possesso dei requisiti necessari per ottenere ogni altra carica? Che cosa c'è di più incredibile del fatto che un cavaliere romano abbia ottenuto un secondo trionfo per deliberazione del senato? Tutto ciò che, in ogni tempo, è stato creato di nuovo in favore degli uomini, è inferiore a quanto abbiamo visto fare in favore di quest'uomo solo.[63] E tante esemplari decisioni, così straordinarie, sono state prese nei riguardi di uno stesso uomo dall'autorità di Quinto Catulo e di altri uomini di altissimo prestigio dello stesso ordine. Badino dunque che non sia ingiusto ed intollerabile che le loro autorevoli iniziative, tendenti a conferire dignità a Gneo Pompeo, siano sempre approvate da voi, e che invece la vostra decisione nei confronti dello stesso uomo e l'autorità del popolo romano siano disapprovate da loro; tenendo conto di questo soprattutto, che il popolo romano con pieno diritto può difendere le sue autorevoli decisioni nei riguardi di Pompeo contro tutti quelli che sono di opinione contraria, proprio perché, seguendo una loro richiesta, voi tra tutti avete scelto Pompeo quale unico capo nella guerra contro i pirati.[64] Se voi avete agito in maniera temeraria e con scarsa attenzione per il bene dello Stato, con ragione essi si sforzano di guidare con i loro consigli le vostre inclinazioni. Se invece avete avuto una maggiore chiaroveggenza politica, siete stati proprio voi, contro il loro parere, a procurare rispetto a questo impero e benessere a tutto il mondo; ed ammettano una buona volta, questi capi degli Ottimati, che essi e gli altri devono sottomettersi all'autorità dell'intero popolo romano. In questa guerra d'Asia combattuta contro dei regnanti, si richiede non solo il valore militare, straordinario in Gneo Pompeo, ma anche altre doti morali, grandi ed in gran numero. E' raro che in Asia, in Cicilia, in Siria e nei regni interni un nostro generale sia preoccupato solo dei nemici e della gloria. Anche se poi taluni si mantengono in un certo qual modo moderati per il loro senso dell'onore e per il loro equilibrio, nessuno li ritiene tali a causa della stragrande maggioranza di generali avidi.
[65] E' difficile a dirsi, o Quiriti, quanto odio ci abbiano procurato, presso i popoli stranieri, gli abusi e le ingiustizie degli uomini che abbiamo loro inviato con i massimi poteri durante questi anni. Quale tempio credete che in quelle regioni sia stato sacro per i nostri magistrati, quale città inviolabile, quale casa abbastanza chiusa e difesa? Si va alla ricerca, ormai, di città ricche e fiorenti contro le quali si possa addurre un pretesto di guerra, in modo da avere la possibilità di depredarle.[66] Avrei discusso volentieri di ciò direttamente con Quinto Catulo e Quinto Ortensio, uomini egregi e rispettabili. Poiché essi sono a conoscenza delle ferite inferte agli alleati, vedono le loro sventure, ascoltano le loro lamentele. Ritenete opportuno, voi, di mandare eserciti contro i nemici, in difesa degli alleati, oppure, con il pretesto dei nemici, contro alleati ed amici? Esiste città in Asia capace di soddisfare le bramosie, non solo di un generale o di un luogotenente, ma anche di un unico tribuno militare? Perciò, anche se aveste a disposizione un uomo che, riunite le forze, sembri in grado di superare gli eserciti dei re, tuttavia se egli stesso non sarà capace di tener lontano le mani, gli occhi, i desideri, dalle sostanze degli alleati, dalle loro mogli e dai loro figli, dalle opere d'arte dei templi e delle città, dall'oro e dai tesori reali, non sarà in grado di venire inviato alla guerra d'Asia contro dei re.[67] Credete forse che essi abbiano portato la pace in una città che ora sia ricca? O credete che esista una città ricca che sembri loro in pace? Le città sul litorale hanno richiesto Gneo Pompeo, o Quiriti, non solo per la sua gloria militare, ma anche per il suo equilibrio. Infatti egli vedeva i pretori, ad esclusione di pochi, arricchirsi annualmente con il pubblico denaro, e vedeva che noi, da quella larva di flotta, nient'altro riuscivamo ad ottenere se non una maggiore vergogna, unita a nuovi danni. Con quale cupidigia i magistrati partano per le province, facendo quali spese e quali patti, non è evidentemente noto a costoro, i quali non ritengono che tutti i poteri debbano essere raccolti nelle mani di un solo uomo? Come se non fosse evidente che la grandezza di Gneo Pompeo è prodotta sia dal suo valore sia dalle colpe degli altri.[68] Non esitate dunque ad affidare tutti i poteri a quest'uomo solo, che da tanti anni è l'unico ad essere bene accetto agli alleati, quando si reca con l'esercito nelle loro città. Ma se ritenete che questa causa debba essere appoggiata da personaggi autorevoli, avete l'autorità di un uomo assai esperto di ogni tipo di guerra e delle più importanti questioni, Publio Servilio, il quale ha compiuto imprese tanto grandi per terra e per mare che, decidendo su questioni di guerra, non dovrebbe esistere una persona più autorevole ai vostri occhi; c'è l'autorità di Gaio Curione, uomo dotato di grandissima intelligenza e saggezza, da voi insignito di eccezionali ricompense ed autore di imprese assai importanti; c'è l'autorità di Gneo Lentulo, in cui voi tutti, dal momento che gli avete affidato altissime cariche, riconoscete la presenza di una notevole saggezza e di una riconosciuta serietà; c'è l'autorità di Gaio Cassio, uomo di integrità, sincerità e costanza straordinarie.
Vedete dunque come sembri che noi possiamo controbattere, con l'autorità di questi personaggi, le parole di quanti sono di parere contrario.[69] Stando così le cose, o Gaio Manilio, in primo luogo elogio e approvo incondizionatamente la tua legge, la tua iniziativa e la tua proposta; in secondo luogo ti esorto a persistere nel tuo parere, sorretto dall'autorità del popolo romano, e a non temere le violenze e le minacce di qualsiasi persona. Anzitutto io ti ritengo dotato di sufficiente coraggio e coerenza; scorgendo poi qui presente una simile moltitudine, quale noi vediamo convenuta per affidare una seconda volta il comando allo stesso uomo, che ragione c'è di dubitare della nostra causa o delle possibilità di successo? Da parte mia, tutto lo zelo, la saggezza, l'attività e l'intelligenza che posseggo, tutto ciò che debbo al favore che a me è stato accordato dal popolo romano ed al conferimento della pretura, tutto ciò che possono il mio prestigio, la mia lealtà, la mia costanza, tutto questo io lo prometto e lo consacro a te ed al popolo romano per il successo della causa: [70] chiamo a testimoni gli dei tutti, ed in particolare quelli che proteggono questo luogo sacro e entrano profondamente nei pensieri di quanti partecipano alla cosa pubblica, che io non mi comporto in tal modo dietro le pressioni di una qualsiasi persona, né con l'intento di guadagnarmi, patrocinando questa causa, il favore di Gneo Pompeo, né cercando, da parte di qualche potente personaggio, o una difesa contro i pericoli o un aiuto per la mia carriera politica; infatti io potrò facilmente respingere i pericoli, per quanto possa garantirlo un uomo, al riparo della mia integrità, e conseguire cariche onorifiche non grazie all'aiuto di una sola persona, né da questo luogo, ma grazie alla mia disciplina di vita assai rigorosa, se voi lo vorrete.[71] Perciò, o Quiriti, l'impegno che mi sono assunto sostenendo questa causa, io dichiaro di averlo assunto interamente nell'interesse dello Stato; sono tanto lontano dall'aver ricercato il favore di qualcuno, che ritengo di essermi anche attirato molte inimicizie, in parte celate, in parte manifeste, per me non necessarie, ma per voi non inutili. Ma, insignito di questa carica onorifica e colmato da voi di tanti benefici, ho deciso, o Quiriti, di anteporre il vostro volere, il buon nome dello Stato, il benessere delle province e degli alleati ad ogni mio vantaggio e ad ogni mio interesse personale.