Traduzione De finibus bonorum et malorum, Cicerone, Versione di Latino, Libro 05; 01-05
Traduzione in italiano del testo originale in Latino del Libro 05; paragrafi 01-05 dell'opera De finibus bonorum et malorum di Cicerone
DE FINIBUS BONORUM ET MALORUM: TRADUZIONE DEL LIBRO 05; PARAGRAFI 01-05
[1, 1] Avendo ascoltato, come al solito, o Bruto, Antioco insieme a Marco Pisone al ginnasio, poiché fu chiamato Tolomeo, e con noi mio fratello Quinto, Tito Pomponio e Lucio Cicerone , che per parentela mi è cugino da parte paterna ma per affetto mi è caro come un fratello, combinammo di fare la passeggiata pomeridiana nellAcademia , soprattutto perché tale posto a quellora era sgombro di gente. Pertanto ci trovammo tutti da Pisone allora fissata. Di lì percorremmo in vario conversare i sei stadi da porta Dipilo . Quando giungemmo alla zona dellAcademia non enza motivo celebrata, cera appunto la solitudine che desideravamo. [2] Allora Pisone disse: Debbo dire che sia un fenomeno dalla natura oppure da un errore il fatto che, quando arriviamo nei luoghi che sappiamo essere stati frequentati da uomini degni di memoria, proviamo unimpressione maggiore che quando per caso sentiamo parlare delle loro azioni o ne leggiamo qualche scritto? Per esempio, adesso io son commosso. Mi viene in mente Platone, che, a quanto si tramanda, fu il primo solito adiscutere qui, e quei giardinetti qui vicino non solo me lo fan ricordare ma par che me lo portino dinanzi agli occhi. Qui stava Speusippo, qui Senocrate , qui il suo scolaro Polemone che si sedeva proprio in quel posto che vediamo. Del resto anche guardando il nostro senato (voglio dire la curia Ostilia non la nuova sede che mi sembra più piccola da quando è più grande) ero solito pensare a Scipione, Catone, Lelio e soprattutto al mio avo: tanta forza evocativa hanno i luoghi, non è dunque senza motivo che da essi fu derivata larte della memoria. [3] E Quinto: proprio come tu dici, o Pisone. Anchio, venendo ora qua, mi sentivo attirato dalla famosa località di Colano, e mi si presentava dinanzi agli occhi la figura di un suo abitante, Sofocle, che tu sai quanto ammiro e quanto mi piace. E riandando più addietro nel tempo, mi commosse, come dire, una visione di Edipo che veniva qua e con dolcissimi versi chiedeva che luoghi fossero questi: fu unemozione vana, sintende, tua tuttavia ci fu. E Pomponio: Ed io, che voi solete schernire come devoto di Epicuro, mi trovo spesso con Fedro, che, come voi sapete, io prediligo in modo particolare, nei giardini di Epicuro, a cui siamo passati davanti poco fa; ma secondo lavvertimento del vecchio proverbio mi ricordo dei vivi, e tuttavia non mi è possibile, anche se lo desiderassi, dimenticare Epicuro di cui i miei amici tengono il ritratto non solo nei quadri ma anche sui bicchieri e sugli anelli. [2, 4] A questo punto io dissi: Il nostro Pomponio sembra avere voglia di scherzare, e forse ne ha ragione. Si è stabilito ad Atene così da essere quasi un Attico, tanto che un giorno ne avrà anche il soprannome, a quanto pare. Per conto mio, o Pisone, son daccordo con te: càpita comunemente che la rimembranza suscitata dai luoghi ci faccia pensare agli uomini famosi con maggior intensità ed attenzione.
Tu sai che una volta mi sono recato con te a Metaponto e non sono entrato in casa del nostro ospite prima di aver visto il luogo stesso dove era morto Pitagora e la sua dimora. Ora poi, benché in ogni angolo di Atene si trovino molti punti che evocano il ricordo di uomini sommi, son tuttavia commosso da quellesedra. Or non è molto era di Carneade : mi par di vederlo (la sua figura è nota) e credo che il luogo stesso, privato di tanta grandezza dingegno, senta la mancanza di quella voce. [5] Allora Pisone: Tutti dunque han detto qualche cosa: e il nostro Lucio? Disse. E stato contento di visitare il luogo dove Demostene ed Eschine solevano combattersi a vicenda? Ciascuno infatti segue soprattutto le sue predilezioni. Quello arrossì e disse: Non domandarlo a me che sono perfino sceso al porto di Falero , dove, a quanto si narra, Demostene soleva declamare ai flutti per abituarsi a superare con la voce il mormorio del mare. Poco fa anche ho deviato un po a destra della strada per avvicinarmi al sepolcro di Pericle. Per quanto, ciò càpita infinite volte in questa città: dovunque passiamo, mettiamo il piede su qualche cosa di storico. [6] E Pisone: Eppure, o Cicerone, se codesti studi mirano allimitazione degli uomini sommi, sono propri di persone dingegno; ma se mirano soltanto alla conoscenza delle testimonianze della memoria dellantichità, sono indici di curiosità. Noi tutti ti esortiamo a voler imitare, e ben presto, come io spero, coloro che vuoi conoscere. A questo punto dissi io: Anche se egli sta proprio facendo, o Pisone, come vedi, ciò che tu prescrivi, ti sono ugualmente grato della tua esortazione. E quello molto amichevolmente, come al solito; Noi però dobbiamo tutti tutto dedicare alla giovinezza di questo ragazzo, e anzitutto allo scopo che fra i suoi studi faccia un po di posto anche alla filosofia, sia per imitare te, a cui vuoi bene, sia per poter riuscire meglio in quel ramo stesso a cui si applica. Ma cè bisogno che noi ti esortiamo, o Lucio, oppure ti senti portato anche spontaneamente? A mio parere, ti interessi assai alle lezioni di Antioco che tu frequenti. E quello allora timidamente, o meglio un po vergognoso; Si, è vero. Ma lhai sentito recentemente su Carneade? Io ho tendenza per quello, ma Antioco me ne richiama, e daltra parte non cè altri di cui possa seguire le lezioni. [3, 7] Allora Pisone: Anche se non potrà andare cosi liscia, dato che è presente lui alludeva a me , oserò tuttavia richiamarti da questa nuova Academia a quella antica, in cui, come sentivi dire da Antioco, non si annoverano soltanto coloro che si chiamano Academici, come Speusippo, Senocrate, Polemone, Crantore e gli altri, ma anche gli antichi Peripatetici, fra cui il primo è Aristotele, che, escluso Platone, non so se non farei bene a chiamare il primo dei filosofi. Volgiti dunque ad essi, ti prego. Giacché dalle loro opere e dai loro insegnamenti si può desumere ogni dottrina liberale, ogni cultura storica, ogni finezza di linguaggio; inoltre è tanta la varietà delle discipline da essi trattate che nessuno senza tale corredo può accostarsi abbastanza preparato ad alcuna attività di qualche risonanza.
Dalla loro scuola derivarono oratori, condottieri, capi di Stato. E per venire ad attività di minor importanza, da questa, vorrei dire, fucina di tutti gli artisti uscirono matematici, poeti, musicisti e medici. [8] Ed io: Tu sai, o Pisone, chio sono della stessa tua opinione, ma il tuo richiamo è stato opportuno. Il mio Cicerone infatti desidera sapere quale sia lopinione di questa antica Academia da te ricordata e dei Peripatetici intorno al termine estremo del bene. Riteniamo che per te sia molto facile spìegarcelo, dato che per molti anni hai tenuto in casa Stasea die già da parecchi mesi ad Atene ti vediamo sondare a questo proposito. Ed egli ridendo: Suvvia (sei stato abbastanza abile a volermi far iniziare la nostra conversazione) facciamo lesposiiione per il giovanotto, per quanto ne siamo capaci. La solitudine ci permette quel che non avrei mai creduto, anche se me lavesse detto un dio: io discutere nellAcademia come filosofo. Ma purché, mentre accondiscendo a lui, non riesca noioso a voi. Ed io: A me che te ne ho pregato? Ed allora, dopo che Quinto e Pomponio ebbero espresso il medesimo desiderio, Pisone incominciò. Sta attento, ti prego, o Bruto, se ti sembra che il suo discorso abbia abbracciato in modo esauriente il pensiero di Antioco, che tu, penso, conosci molto a fondo per aver frequentato assiduamente le lezioni di suo fratello Aristo. [4, 9] Egli dunque fece il seguente discorso Ho già detto pocanzi, nel modo più breve possibile, quanto sia grande lo splendore della dottrina dei Peripatetici. Ma laspetto di tale dottrina, come di quasi tutte le altre, è triplice: una parte è dedicata alla natura, unaltra alla dissertazìone logica, una terza alla vita . La natura è stata da essi esaminata in modo da non tralasciarne parte alcuna, per usare unespressione poetica, in cielo, in mare e in terra; anzi, parlarono degli elementi primordiali e di tutto il mondo in modo da trarne molte conclusioni, non solo probabili dal punto di vista dellargomentazione, ma anche incontestabili dal punto di vista defla logica dimostrazione dei matematici, e dai fenomeni sottoposti al loro esame fornirono molto materiale per la conoscenza dei segreti della natura. [10] Aristotele indagò sulla nascita, la vita, la conformazione di tutti gli animali, Teofrasto sulla natura delle piante e sulle cause e le proprietà di quasi tutti i prodotti della terra; e da questa conoscenza fu facilitata lindagine dei più arcani segreti della natura. I precetti relativi alla dissertazione furono da essi dati non solo sotto laspetto dialettico, ma anche oratorio, ed Aristotele per primo fissò la norma di parlare suciascun argomento pro e contro, cosicché non parlava sempre contro ogni argomento, come Arcesila , e tuttavia metteva in evidenza in tutti i problemi tutto ciò che fosse possibile dire da entrambi i punti di vista. [11] Quanto alla terza parte, che ricerca le norme per viver bene, essi la riferirono non solo alla sistemazione della vita privata ma anche al governo dello Stato.
Per merito di Aristotele noi abbiamo conosciuto i costumi, le istituzioni, la cultura di quasi tutte le nazioni non solo greche ma anche straniere, e per merito di Teofrasto persino le leggi. Avendo entrambi insegnato quale debba essere il capo in uno Stato, ancora di più inoltre trattarono della migliore forma di governo; però su questo punto fu più esteso Teofrasto: trattò dei rivolgimenti che si sviluppano in uno Stato e delle sitnazioni particolan che bisogna fronteggiare secondo le circostanze. Quanto al sistema di trascorrere la vita, si pronunciarono per la vita quieta, dedicata alla contemplazione e alla conoscenza della realtà : essa, poiché era molto simile alla vita degli dèi, sembrò del tutto degna del sapiente. E su questi argomenti la loro esposizione procede bellissima e chiara. [5, 12] Sul problema del sommo bene, poiché vi sono due generi di opere, uno scritto per il pubblico, detto in greco exoterikòn, e laltro più approfondito, formato dagli appunti per le lezioni, sembra che non facciano sempre le stesse affermazioni; però nel complesso, almeno fra quelli citati, non cè alcun divario o dissenso interno. Ma nella ricerca sulla felicità della vita e nel punto che più dogni altro la filosofia deve esaminare e perseguire, vale a dire se quella risieda tutta in potere del sapiente oppure possa essere intaccata o soppressa dalle avversità, si nota talvolta variazione e dubbio fra di loro. Produce soprattutto tale effetto il libro di Teofrasto sulla vita felice , in cui si concede moltissimo alla fortuna. Se così fosse, la sapienza non potrebbe produrre la felicità nella vita. A mio parere, questa teoria è troppo fiacca, per così dire, e troppo molle in confronto alle esigenze della forza e della serietà della virtù. Perciò atteniamoci ad Aristotele e a suo figlio Nicomaco, la cui pregevole opera Sulletica viene attribuita essa pure ad Aristotele, ma non vedo il motivo per cui il figlio non sarebbe potuto essere simile al padre. Seguiamo tuttavia Teofrasto per la maggior parte delle questioni, purché a proposito della virtù manteniamo maggior fermezza e forza di lui. [13] Contentiamoci dunque di questi. Infatti i loro successori sono, a mia opinione, migliori dei filosofi delle altre scuole, ma tralignano al punto che sembrano avere origine indipendente. Anzitutto Stratone , successore di Teofrasto, volle essere studioso della natura; e se pur è grande in questo campo, diede tuttavia soluzioni per la maggior parte nuove e trattò pochissimo del problema morale. Licone, suo successore, fu ricco di parole, ma troppo meschino nei concetti stessi. Fu poi armonioso e raffinato il suo successore Aristone , ma non ebbe la serietà che si richiede ad un grande filosofo: i suoi scritti sono certo molti ed eleganti, ma non so come, il suo modo di esporre manca di autorità. [14] Tralascio molti, e fra questi leronimo, dotto e attraente, ma non so perché dovrei chiamarlo peripatetico. Egli trattò come sommo bene la mancanza di dolore; e chi dissente sul sommo bene, dissente su tutto quanto il sistema filosofico.
Critolao volle imitare gli antichi, ed in realtà è ad essi molto vicino per serietà e la sua esposizione è ridondante, però neppur egli resta fedele ai princIpi originari della scuola. Il suo scolaro Diodoro aggiunge allonestà la mancanza di dolore. Anchegli è indipendente e, dissentendo sul problema del sommo bene, non si può veramente chiamare peripatetico. Quanto al nostro Antioco, mi sembra chegli segua con gran cura lopinione degli antichi, ed insegna che fu la stessa per Aristotele e Polemone.