Traduzione De finibus bonorum et malorum, Cicerone, Versione di Latino, Libro 03; 21-22
Traduzione in italiano del testo originale in Latino del Libro 03; paragrafi 21-22 dell'opera De finibus bonorum et malorum di Cicerone
DE FINIBUS BONORUM ET MALORUM: TRADUZIONE DEL LIBRO 03; PARAGRAFI 21-22
[21, 69] Ma per conservare tutta la socievolezza, lunione, laffetto fra uomo e uomo, vollero che fossero comuni profitti e perdite, da loro detti in greco ophelémata e blammata: i primi giovano, i secondi nuocciono. E non li dissero soltanto comuni, ma anche uguali. Quanto ai vantaggi e agli svantaggi (traduco così i termini greci eukhrestémata e dyskheresténiata) vollero che fossero comuni ma non uguali. Infatti le cose giovevoli e quelle nocive sono o beni o mali, e questi necessariamente devono essere uguali. Invece i vantaggi e gli svantaggi appartengono alla categoria delle cose da noi dette preferite e rifiutate, e queste possono non essere uguali. Però si dicon comuni i profitti, ma le azioni rette e i peccati non son considerati comuni. [70] Quanto allamicizia, essi ritengono che debba essere praticata, perché appartiene alla categoria delle cose giovevoli . Per quanto a proposito dellamicizia alcuni dicano che per lamico il sapiente ha una considerazione ugualmente affettuosa che per se stesso , altri invece che ciascuno ha più cara la propria considerazione, tuttavia anche questi ultimi riconoscono che è alieno dalla giustizia, per cui risultiamo esser nati, togliere ad uno qualche cosa per prendersela. Non ottiene assolutamente lapprovazione della dottrina di cui sto parlando il principio secondo il quale la giustizia o lamicizia si accolgono o si approvano per le loro utilità. Giacché le medesime utilità potranno intaccarle e sovvertirle. Infatti non vi potrà mai essere giustizia né amicizia, se non sono ricercate per se stesse. [71] Quanto al diritto, secondo la dottrina stoica, ciò che si può così definire e chiamare ha fondamento nella natura , ed è alieno dal sapiente non solo fare uningiustizia ma anche nuocere. E daltra parte non è retto associarsi o unirsi ad amici o a persone che hanno ben meritato per commettere uningiustizia, ed essi con grande serietà e verità sostengono questi principi: lequità non si può mai separare dallutilità, tutto ciò che è equo e giusto sarà pure onesto e viceversa tutto ciò che è onesto sarà pure giusto ed equo. [72] Alle virtù di cui si è trattato essi aggiungono anche la dialettica e la scienza della natura e le chiamano entrambe con il nome di virtù , la prima perché comporta il sistema per non sbagliare nel dare il nostro assenso o per non essere mai ingannati da una verosimiglianza capziosa, e per poter mantenere e conservare le nostre cognizioni sul bene e sul male. Giacché senza questarte, secondo loro, chiunque può essere distolto dalla verità ed ingannato. Hanno avuto quindi ragione, se in ogni cosa lavventatezza e lignoranza sono viziose, di dare il nome di virtù allarte che abolisce tali difetti. [22, 73] Non è senza ragione che è stato tributato il medesimo onore anche alla scienza della natura, perché chi ha lintenzione di vivere in accordo con la natura deve partire da tutto il mondo e dal suo sistema di amministrazione.
Ed invero nessuno può giudicare esattamente del bene e del male se non gli è ben noto il sistema della natura e della vita, pure degli dèi, e laccordo o meno della natura umana con quella universale. Vi sono antichi precetti dei sapienti che dicono: obbedire al tempo, seguire la divinità , conoscere se stessi , nulla di troppo : nessuno può rendersi conto del loro valore (ed è pur grandissimo) senza conoscere la scienza della natura. Ed anche il potere della natura ad onorare la giustizia, a conservare le amicizie e i rimanenti affetti può essere rivelato soltanto da questa conoscenza. E daltra parte non si può capire, senza una visione chiara della natura, né la devozione verso gli dèi né lentità del nostro debito di riconoscenza verso di loro. [74] Ma ormai mi accorgo di essermi dilungato più di quanto richiedesse il programma prefissomi. Ma lammirevole struttura della dottrina e lincredibile ordine dei concetti mi hanno trascinato: e tu, per gli dèi immortali! Non ne sei ammirato? Che si può trovare infatti, o in natura, della quale nulla esiste di più armonico e di più organico, o fra le opere eseguite dalla mano delluomo, che abbia una struttura così perfetta e una connessione così solida e stretta? Che cosa segue senza accordarsi con quanto precede? Quale conseguenza non è rispondente alla premessa? Che cosa non è così strettamente interdipendente da far crollare tutto se si sposta qualche lettera? E pur tuttavia non cè nulla che si possa spostare. [75] Come risulta seria, splendida, equilibrata la figura del sapiente! Egli, poiché la ragione gli ha insegnato che è bene solo ciò che è onesto, deve necessariamente essere sempre felice e possedere veramente tutti questi appellativi che sogliono essere derisi dai profani. La qualifica di re sarà più giusta per lui che per Tarquinio che non seppe reggere né se stesso né i suoi; anche il titolo di maestro del popolo (tale è infatti il dittatore) più giusto per lui che per Silla , che fu maestro di tre vizi rovinosi: il lusso, lavidità e la crudeltà; per lui anche la denominazione di ricco sarà più giusta che per Crasso, che non avrebbe mai volutoattraversare lEufrate senza alcun motivo di guerra se non fosse stato bisognoso. Tutti i nomi saranno giusti per colui che è solo a saper usare di tutto: sarà giusto chiamarlo anche bello (i lineamenti dellanima son più belli di quelli del corpo); sarà giusto chiamare lui solo libero, in quanto non obbedisce al dominio di alcuno e non soggiace alla cupidigia; sarà giusto chiamarlo invitto poiché anche se il suo corpo vien legato non si può imporre nessun vincolo alla sua anima, [76] e non aspetta il passar del tempo perché si giudichi se è stato felice solo quando abbia posto fine con la morte allultimo giorno di sua vita, come dice lammonimento non sapiente di uno dei sette sapienti a Creso; giacché, se mai fosse stato felice, avrebbe portato la felicità della sua vita fino al rogo inalzatogli da Ciro.
E se è proprio vero che nessuno è felice se non luomo buono e che tutte le persone buone lo sono, che cosa esiste degno di maggior onore della filosofia o che cosa è più divino della virtù.