Traduzione De Domo sua, Cicerone, Versione di Latino, capitoli 91-95

Traduzione in italiano del testo originale in latino, capitoli 91-95, dell'opera De Domo sua di Cicerone

Traduzione De Domo sua, Cicerone, Versione di Latino, capitoli 91-95
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DE DOMO SUA: TRADUZIONE DEI CAPITOLI 91-95

[91] Io con questo popolo, se allora i consoli ci fossero stati nella repubblica, o non ci fossero stati, senza alcuna fatica, avrei resistito alla tua sconsiderata follia e al tuo empio delitto. Ma non volli intraprendere un pubblico processo contro la violenza armata senza una pubblica protezione, non perchè mi dispiacesse lattacco di un privato cittadino,Publio Scipione, uomo valorosissimo, contro Tiberio Gracco, ma il console Publio Muzio, che era considerato poco pronto nel governo della repubblica, immediatamente, con molte deliberazioni del senato,non solo difese il gesto di Scipione, ma lo esaltò anche: io dovetti combattere o, se tu fossi morto, contro i consoli, o, con te vivo, contro te e contro quelli che erano armati. [92] In quel tempo cerano anche molte altre cose da temere. La repubblica certamente sarebbe caduta in mano ai servi; tanto lodio verso gli onesti, profondamente segnato nelle menti infami, divorava quegli uomini malvagi, da quella vecchia congiura. Qui anche, tu non consenti che io sia meritevole di gloria, dici che non si possano tollerare quelle cose che io di solito dico di me, e, da uomo spiritoso, riporti anche parole garbate e gentili, cioè che io di solito dico di essere Giove e parimenti di sostenere che Minerva è mia sorella. Non sono tanto insolente, poichè dico di essere Giove, quanto piuttosto ignorante perchè ritengo che Minerva sia la sorella di Giove, ma tuttavia ammetto che mia sorella è vergine, mentre tu non permettesti che tua sorella fosse vergine. Ma guarda di non aver labitudine di chiamarti Giove, poichè a ragione potresti chiamare la stessa persona col nome di sorella e di moglie. [93] E poichè tu critichi ciò, poichè dici che di solito io parlo di me stesso in modo troppo glorioso, chi mi ha udito mai se non perchè ho parlato di me essendo costretto e necessariamente? Infatti se, quando mi contestano furti, donazioni, dissolutezza, io di solito rispondo che con le mie decisioni, con i miei sacrifici, la patria è stata salvata, non tanto si deve credere che mi glorio delle mie imprese, quanto che ne rivelo gli ostacoli. Ma se prima di questi tempi difficilissimi della repubblica non mi è stato posto nessun altro ostacolo se non la durezza di quellunico tempo in cui respinsi la rovina della patria, che cosa dovevo fare? non rispondere a quella ingiuria o rispondere umilmente? [94] Io in verità ho sempre pensato che anche allo Stato premesse che, di quel bellissimo gesto, che io avevo fatto con lautorità del senato e col consenso degli onesti, per la salvezza della patria, conservassi, con le parole, lo splendore e la dignità, soprattutto poichè a me solo, in questa repubblica, davanti al popolo romano, era stato lecito dire, con giuramento, che, per opera mia, questa città e questa repubblica erano state salvate. Già è stata dimenticata quellingiuria di crudeltà, perciò vedono me non come un crudele tiranno, ma come un mitissimo padre di tutti i cittadini, desiderato, reclamato, ricercato con affetto.

[95] E sorta unaltra questione: mi si contesta il mio allontanamento: a questa calunnia non posso rispondere senza mia grandissima lode. Che cosa, infatti, o pontefici, devo dire? Forse che io sia fuggito, mosso dalla consapevolezza della colpa? ma ciò che mi si attribuisce come crimine, non solo non era una colpa, ma era la cosa più nobile dalla nascita degli uomini. Che io abbia avuto timore del giudizio del popolo? ma ciò non fu alcuna mia intenzione, e, se fosse stata, mi sarei allontanato con duplice gloria. Che mi sia mancato il sostegno degli uomini onesti? è falso. Che io temessi la morte? è vergognoso

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