Traduzione De Domo sua, Cicerone, Versione di Latino, capitoli 66-70
Traduzione in italiano del testo originale in latino, capitoli 66-70, dell'opera De Domo sua di Cicerone
DE DOMO SUA: TRADUZIONE DEI CAPITOLI 66-70
[66] E perchè voi sappiate che costui è sempre stato nemico non degli uomini, ma delle virtù, dopo che io ero stato scacciato e Catone allontanato, si rivoltò contro colui stesso con la cui autorità e con il cui aiuto nelle assemblee egli diceva di gestire e aver gestito tutte quelle cose che aveva fatto e faceva: infatti non si riteneva che Gneo Pompeo, che , a giudizio di tutti appariva essere il capo della città, avrebbe concesso ancora per molto tolleranza alla sua follia. Egli, avendo sottratto dalla custodia di lui con dei tranelli un prigioniero nemico, figlio di un suo amico, e avendo provocato, con quella offesa, quelluomo valorosissimo, egli sperò di poterlo combattere con quelle squadriglie con cui io non volevo lottare, a rischio degli uomini onesti,e, in verità, soprattutto poichè cerano i consoli in suo aiuto; in seguito Gabinio ruppe lalleanza, invece Pisone gli rimase fedele. [67] Avete visto quali stragi, quali lapidazioni, quali esliati, costui abbia fatto, e quanto facilmente col ferro e con quotidiani tranelli, essendo stato ormai abbandonato dalla potentissima forza delle squadriglie, privò Gneo pompeo del foro e della Curia e lo rinchiuse in casa: da ciò potete giuducare quanto potente era stata quella forza giovane e unita e quanto, pur ormai distruuta e disunita, abbia spaventato Gneo Pompeo. [68] Queste cose analizzò, emettendo la sentenza, alle kalende di gennaio, quelluomo molto prudente e molto legato alla repubblica, sia anche a me e alla verità, Lucio Cotta, che non trovò ragionevole che la legge riguardante il mio ritorno, si dovesse porre, egli disse che io avevo provveduto al bene della repubblica, mi ero piegato alla sciagura, ero stato più amico vostro e degli altri cittadini che di me stesso, che ero stato scacciato dalla violenza, dalle armi, dalle discordie dei cittadini, a cui era stata imposta la strage e una nuova signoria; disse che niente si era potuto proporre riguardante la mia vita, niente era stato scritto secondo la legge o che potesse avere valore, che tutto era stato fatto temerariamente contro lr leggi e i costumi degli antenati, disordinatamente, con la violenza e con la follia. Poichè, se quella fosse legge, nè era lecito che da parte dei consoli si proponesse al senato, nè che emettessero la loro sentenza; facendo luna e laltra di queste cose, non occorreva che si deliberasse che fosse posta una legge sul mio caso , affinchè non si ritenesse che fosse legge quella che legge non era. La sentenza non potè essere nè più vera, nè più importante, nè migliore, nè più utile alla repubblica, essendo infatti riconosciute la scelleratezza e la follia di un uomo simile,la distruzione, per lavvenire, si allontanava dalla repubblica. [69] Nè Gneo Pompeo, che espresse il suo onorevolissimo parere su di me, nè voi, O pontefici, che con le vostre sentenze e la vostra autorità mi difendeste, tutto ciò non vedeste, cioè che quella legge era senza valore, ed era pittosto una fiammata di quel tempo, un decreto della scelleratezza, una voce della follia; ma faceste in modo che non ricadesse un giorno contro di voi alcuna invidia del popolo, se fosse sembrato che noi fossimo ristabiliti senza il giudizio del popolo.
E con lo stesso pensiero di Marco Bibulo, uomo valorosissimo, il senato seguì la sentenza che voi deliberste riguardo alla mia casa, non perchè dubitasse che da parte di costui niente fosse stato fatto nè con la legge, nè con la religione, nè con il diritto, ma perchè non sorgesse qualcuno, in tanta moltitudine di disonesti, a dire che nella mia casa risiedesse una qualche religione. Infatti il senato giudicò che questa legge non era valida, tante volte quante espose la sua sentenza su di me. Poichè, in verità, con quel testo di legge di costui, gli era proibito emettere la propria sentenza. [70] E quella simile coppia, di Pisone e Gabino, vide questa cosa, uomini paurosi delle leggi e dei giudizi, poichè il senato pieno ogni giorno richiedeva con insistenza che riferissero riguardo a me, dicevano che essi non disapprovavano la cosa, ma che erano ostacolati dalla legge di costui. E ciò era vero: infatti erano ostacolati, ma da quella legge, che lui stesso aveva fatto, che riguardava la macedonia e la Siria. Tu, Paolo Lentulo, nè come privato cittadino, nè come console, hai mai pensato che quella fosse una legge. Infatti ,pur riferendo i tribuni della plebe, tu, come console designato, spesso esprimesti il tuo parere su dime; dalle Kalende di gennaio, fin quando la cosa non fu compiuta, riferisti riguardo a me, proponesti una legge e la ottenesti; di questo, se quella fosse stata legge, nulla ti sarebbe stato consentito . Ma anche Quinto Metello, tuo collega, uomo molto nobile, quella che Pisone e Gabino, uomini molto diversi da Publio Clodio, giudicavano essere una legge, ritenne che non fosse valida, quando il fratello di Publio Clodio, insieme a te, riferì al senato riguardo a me.