Traduzione De divinatione, Cicerone, Versione di Latino, Libro 02; 03

Traduzione in italiano del testo originale in latino del Libro 02; parte 03 dell'opera De divinatione di Cicerone

Traduzione De divinatione, Cicerone, Versione di Latino, Libro 02; 03
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DE DIVINATIONE: TRADUZIONE DEL LIBRO 02; PARTE 03

Ma poiché abbiamo discusso a sufficienza quanto alle viscere e ai lampi, per portare a termine la trattazione di tutta l'aruspicìna rimangono i prodigi.Hai rammentato il parto di una mula. un fatto straordinario, perché non accade spesso; ma se non fosse potuto accadere, non sarebbe accaduto.E questo argomento valga contro tutti i prodigi: ciò che non sarebbe potuto accadere non è mai accaduto; se invece è potuto accadere, non c'è motivo di stupirsi; l'ignoranza delle cause produce meraviglia dinanzi a un fatto nuovo; se la medesima ignoranza riguarda fatti consueti, non ci meravigliamo.Colui che si meraviglia che una mula abbia partorito, ignora egualmente in che modo partorisca una cavalla e, in generale, quale processo naturale produca il parto di qualsiasi essere vivente.Ma siccome vede che questi fatti avvengono di frequente, non si meraviglia, pur non sapendone il perché; se invece avviene una cosa che egli non ha ancora visto, ritiene che sia un prodigio.Il prodigio si è dunque verificato quando la mula ha concepito, o quando ha partorito? Il concepimento potrebb'essere contro natura, forse; ma il parto è pressoché necessario.Ma a che scopo dilungarci? Vediamo l'origine dell'aruspicìna; così giudicheremo nel modo più facile quale autorità essa abbia. Si dice che un contadino, mentre arava la terra nel territorio di Tarquinia, fece un solco più profondo del solito; da esso balzò su all'improvviso, un certo Tagete e rivolse la parola all'aratore.Questo Tagete, a quanto si legge nei libri degli etruschi, aveva l'aspetto di un bambino, ma il senno di un vecchio.Essendo rimasto stupito da questa apparizione il contadino, e avendo levato un alto grido di meraviglia, accorse molta gente, e in poco tempo tutta l'Etruria si radunò colà.Allora Tagete parlò a lungo dinanzi alla folla degli ascoltatori, i quali stettero a sentire con attenzione tutte le sue parole e le misero poi per iscritto.L'intero suo discorso fu quello in cui era contenuta la scienza dell'aruspicìna; essa poi si accrebbe con la conoscenza di altre cose che furono ricondotte a quegli stessi principi.Ciò abbiamo appreso dagli etruschi stessi, quegli scritti essi conservano, quelli considerano come la fonte della loro dottrina. C'è dunque bisogno di Carneade per confutare cose del genere?O c'è bisogno di Epicuro?Può esserci qualcuno tanto insensato da credere che un essere vivente, non saprei dire se dio o uomo, sia stato tratto di sotterra da un aratro?Se devo considerarlo un dio, perché, contro la natura degli dèi, si era nascosto sotterra, sì da veder la luce solo quando fu messo allo scoperto da un aratro?Non poteva, essendo un dio, esporre agli uomini la sua dottrina dall'alto?Se, d'altra parte, quel Tagete era un uomo, come poté vivere soffocato dalla terra?Da chi, inoltre, poté aver appreso egli stesso ciò che andava insegnando agli altri?Ma sono io più sciocco di quelli che credono a queste cose, io che perdo tanto tempo a discutere contro di loro! molto spiritoso quel vecchio motto di Catone, il quale diceva di meravigliarsi che un arùspice non si mettesse a ridere quando vedeva un altro arùspice.

Quante delle cose predette da costoro si sono verificate?E se qualche evento si è verificato, quali prove si possono addurre contro l'eventualità che ciò sia accaduto per caso?Il re Prusia, quando Annibale, esule presso di lui, lo esortava a far guerra a oltranza, diceva di non volersi arrischiare, perché l'esame delle viscere lo dissuadeva.Dici sul serio? esclamò Annibale; preferisci dar retta a un pezzetto di carne di vitella che a un vecchio condottiero? E Cesare stesso, dissuaso dal sommo arùspice dall'imbarcarsi per l'Africa prima del solstizio d'inverno, non s'imbarcò egualmente?Se non l'avesse fatto, tutte le truppe dei suoi avversari avrebbero avuto il tempo di concentrarsi in un solo luogo.Devo mettermi a fare l'elenco (e potrei fare un elenco davvero interminabile) dei responsi degli aruspici che non hanno avuto alcun effetto o lo hanno avuto contrario alle previsioni? In quest'ultima guerra civile, quante predizioni, per gli dèi immortali, ci delusero!Quali responsi di arùspici ci furono trasmessi da Roma in Grecia!Quali cose furono predette a Pompeo!E in verità egli credeva moltissimo alle viscere e ai prodigi.Non ho voglia di rammentare queste cose, e non ce n'è bisogno, meno che mai a te, che eri presente; vedi bene, tuttavia, che quasi tutto è accaduto al contrario di quel che ci era stato predetto.Ma di ciò non parliamo più; ritorniamo ai prodigi.Molti versi hai recitato, scritti da me, riguardanti l'anno del mio consolato; molte cose avvenute prima della guerra màrsica, riferite da Sisenna, hai rammentato; molte altre, narrate da Callistene, hai citato, che sarebbero accadute prima della sconfitta subìta dagli spartani a Leuttra.Di questi singoli fatti dirò qualcosa in seguito, entro i limiti che mi sembreranno opportuni; ma bisogna discutere anche la questione nel suo insieme.Che cos'è codesta indicazione e, direi, codesta minaccia di sventure, inviata dagli dèi?E che cosa vogliono gli dèi immortali, innanzi tutto col mandarci dei segni che non possiamo capire senza interpreti, in secondo luogo col predirci sventure che non possiamo evitare?Ma questo non lo fanno neppure gli uomini onesti, di preannunciare agli amici sciagure incombenti alle quali essi non possono sfuggire in alcun modo; per esempio i medici, pur rendendosene conto spesso, tuttavia non dicono mai agli ammalati che la loro malattia li condurrà certamente a morte: ché ogni predizione di un pericolo grave è da approvarsi soltanto quando alla predizione si aggiunge l'indicazione dei mezzi per poter guarire.Che giovamento arrecarono i prodigi e i loro interpreti agli spartani in quei tempi remoti, ai nostri poco tempo addietro?Se dobbiamo ritenerli segnali divini, perché erano così oscuri? Se erano mandati dagli dèi perché comprendessimo che cosa sarebbe successo, bisognava che le predizioni fossero chiare; oppure, se gli dèi non volevano che noi sapessimo, non dovevano mandarci nessun segno, nemmeno occulto.E in effetti ogni interpretazione, sulla quale la divinazione si basa, spesso dalle diverse mentalità degli uomini è trascinata in direzioni diverse o addirittura opposte.

Come nei processi una è l'interpretazione dell'accusatore, un'altra quella del difensore, e nondimeno entrambe sono plausibili, così in tutti gli argomenti che sembra si debbano investigare mediante interpretazioni congetturali si nota la possibilità di discorsi dal significato ambiguo. D'altra parte, di fronte a eventi prodotti talvolta dalla natura, talaltra dal caso (e spesso anche la somiglianza tra effetti della natura e del caso è fonte di errore), rivela una grande stoltezza chi li attribuisce all'azione degli dèi, senza ricercarne le cause.Tu credi che a Lebadia gl'indovini della Beozia abbiano compreso, in base al canto dei galli, che la vittoria sarebbe spettata ai tebani, perché i galli son soliti tacere quando sono vinti, cantare quando sono vincitori.Dunque a una città di quella fatta Giove avrebbe dato il segnale della vittoria servendosi di miserabili galline? O forse quegli uccelli non sogliono cantare se non in caso di vittoria? Ma in quel caso cantavano, eppure non avevano ancora vinto: in questo, tu dirai, consiste il prodigio.Gran prodigio davvero, come se avessero cantato non i galli, ma i pesci!E qual tempo c'è in cui i galli non cantino, sia di notte sia di giorno?Se, quando sono vincitori, si sentono spinti a cantare per una sorta di gioiosa eccitazione, avrebbe potuto accadere lo stesso anche per un altro motivo di allegrezza, che li incitasse al canto.Democrito spiega con parole molto appropriate la ragione per cui i galli cantano prima dello spuntare dell'alba: una volta che il cibo sia stato smaltito dallo stomaco e distribuito per tutto il corpo e assimilato, essi cantano dopo aver raggiunto un riposo ristoratore; nel silenzio della notte, come dice Ennio, cantano di gioia con le rosse gole e starnazzano battendo le ali. Poiché, dunque, questa specie di animali è tanto canora per istinto, come è venuto in mente a Callistene di dire che gli dèi hanno fatto cantare i galli come segno profetico, dal momento che la natura o il caso avrebbero potuto ottenere quello stesso effetto?Fu riferito al senato che era piovuto sangue, che anche le acque del fiume Atrato si erano tinte di sangue, che le statue degli dèi avevano sudato.Ritieni che Talete o Anassagora o qualsiasi altro filosofo della natura avrebbe prestato fede a simili notizie?Non c'è né sangue né sudore che non fuoriesca da un corpo vivente. Ma un mutamento di colore, provocato da qualche commistione con terra, può render l'acqua estremamente simile a sangue; e l'umidità proveniente dall'esterno, come vediamo sugli intonachi dei muri quando soffia lo scirocco, può rassomigliare al sudore.Questi fatti, del resto, appaiono più numerosi e più gravi in tempo di guerra, quando c'è uno stato di paura; in tempo di pace non ci si bada altrettanto; si aggiunga anche un'altra cosa: in momenti di terrore e di pericolo non solo ci si crede con più facilità, ma si inventano più impunemente.Ma noi siamo così leggeri e sconsiderati che, se i topi han rosicchiato qualcosa (e questo è l'unico lavoro al quale si dedicano), lo consideriamo un prodigio.Prima della guerra màrsica, siccome i topi, come hai rammentato, avevano rosicchiato degli scudi a Lanuvio, gli arùspici dissero che questo era un prodigio dei più terribili: come se ci fosse qualche differenza a seconda che i topi, i quali giorno e notte rodono qualcosa, avessero rosicchiato degli scudi o degli stacci!Se ci mettiamo per questa strada, dovrei disperare delle sorti dello Stato per il fatto che, poco tempo fa, i topi hanno rosicchiato in casa mia la Repubblica di Platone, oppure, se mi avessero rosicchiato il libro di Epicureo Sul piacere, avrei dovuto prevedere che al mercato i prezzi sarebbero rincarati.

O ci spaventeremo se talvolta ci dicono che qualche creatura mostruosa è nata da un animale o da un essere umano?Di tutti questi fenomeni (non voglio dilungarmi troppo) una sola è la spiegazione.Tutto ciò che nasce, di qualunque genere sia, ha necessariamente origine dalla natura, di modo che, anche se risulta inconsueto, non può tuttavia essere sorto al di fuori della natura. Ricercane dunque la causa, se ci riuscirai, in qualcosa di insolito e di strano; se non ne troverai alcuna, tieni per fermo in ogni caso che nulla può avvenire senza causa, e scaccia via dal tuo animo, senza ricorrere al soprannaturale, quel terrore che ti avrà arrecato la stranezza del fatto.Così né i boati sotterranei né il fendersi della volta celeste né la pioggia di pietre o di sangue né una stella cadente né l'apparire di fiamme nel cielo ti spaventeranno.Se io chiedessi a Crisippo le cause di tutti questi fenomeni, anche lui, quel famoso sostenitore della divinazione, non direbbe mai che sono avvenuti a caso, e di tutti indicherebbe una causa naturale;nulla, infatti, può avvenire senza causa; né avviene cosa alcuna che non possa avvenire; né, se è avvenuto ciò che poteva avvenire, si può considerarlo un prodigio; dunque non esistono prodigi.Ché se si deve considerare come un prodigio ciò che avviene di rado, un uomo saggio è un prodigio: credo, in effetti, che una mula abbia partorito più spesso di quanto sia esistito un uomo saggio.Si compie, dunque, questa argomentazione: né ciò che non può essere esistito è giammai esistito, né ciò che può essere esistito è un prodigio: pertanto, non esiste alcun prodigio.Una risposta di questo genere si dice che la desse, con molta arguzia, un interprete di prodigi a un tale che gli aveva riferito, come se si trattasse di un prodigio, che in casa sua un serpente si era avvolto intorno alla sbarra di chiusura d'una porta: Sarebbe stato un prodigio se la sbarra si fosse attorcigliata intorno al serpente! Con questa risposta fece intendere chiaramente che nulla, che possa accadere, dev'essere considerato un prodigio. Gaio Gracco scrisse a Marco Pomponio che suo padre aveva chiamato gli arùspici perché in casa sua erano stati presi due serpenti. Come mai tanto trambusto per dei serpenti e non per delle lucertole, per dei topi?Perché questi sono animali che càpita di vedere tutti i giorni, i serpenti no; come se, dal momento che un evento può accadere, abbia importanza il considerare quanto spesso accada!Ma io non capisco una cosa: se il lasciare andar via il serpente femmina era causa di morte per Tiberio Gracco padre, il lasciare andar via il maschio era invece letale per Cornelia, perché egli lasciò andar via uno dei due serpenti? Per quel che scrive Gaio Gracco, gli arùspici non dissero affatto che cosa sarebbe avvenuto se nessuno dei due animali fosse stato lasciato andare.Ma tu dirai, sta di fatto che sùbito dopo avvenne la morte del vecchio Gracco.

Morì, credo, a causa di qualche malattia particolarmente grave, non per aver lasciato andar via un serpente; poiché gli arùspici non sono sfortunati fino al punto che non possa accadere nemmeno una volta per caso ciò che essi hanno predetto.Di quest'altra cosa, sì, mi meraviglierei, se ci credessi, cioè del fatto che, come hai ricordato, Calcante, secondo Omero, predisse il numero degli anni della guerra di Troia in base al numero dei passeri; su quella sua profezia così parla Agamennone in Omero (te ne do la traduzione che ho fatto in un momento di riposo): Non cedete, o guerrieri, e sopportate con coraggio i duri travagli, in modo che possiamo sapere se le profezie del nostro indovino Calcante abbiano una fonte d'ispirazione veridica o siano invece vane. Ché tutti quelli che non hanno abbandonato la luce per un funesto destino serbano bene nella memoria quel portento.Appena Aulide si era ricoperta di navi argoliche, che recavano rovina e sterminio a Priamo e a Troia, noi, mentre vicino a gelide acque ci propiziavamo la volontà degli dèi col sacrificio di tori dalle corna dorate sulle are fumanti, al riparo di un platano ombroso, donde sgorgava una sorgente d'acqua, vedemmo un drago dall'aspetto feroce e dalle spire gigantesche, come se per volere di Giove uscisse da sotto l'ara; esso ghermì degli uccellini nascosti da fitte foglie, su un ramo del platano; mentre ne divorava otto, il nono - la madre degli altri - volava lì sopra con tremule strida; e anche a lei la belva dilaniò le viscere con un orrendo morso. Quando poi ebbe ucciso gli uccellini così teneri e la loro madre, lo stesso padre Saturnio che lo aveva fatto uscire alla luce, lo nascose alla nostra vista e lo irrigidì ricoprendolo di una dura scorza di pietra della stessa sua forma.Noi, paralizzati dal terrore, avevamo visto l'immane mostro aggirarsi frammezzo alle are degli dèi. Allora Calcante disse con voce fiduciosa: 'Come mai, o achivi, siete rimasti d'un tratto intorpiditi dal terrore? Il creatore stesso degli dèi ci ha mandato questo prodigio, lento ad avverarsi e di esito tardivo fin troppo, ma segno di fama e di gloria perenne.Giacché, per quanti uccelli voi avete visti uccisi dall'orribile dente, per altrettanti anni di guerra noi soffriremo sotto le mura di Troia; nel decimo anno essa cadrà e pagando il fio sazierà gli achivi'.Queste cose disse Calcante; vedete che ormai sono prossime a compiersi. Ma che sorta di augurio è questo, che dal numero dei passeri deduce per l'appunto il numero degli anni piuttosto che quello dei mesi o dei giorni? E perché basa la sua profezia sui passerotti, che non costituivano nulla di prodigioso, mentre non fa parola del drago, il quale, cosa che non poté accadere, divenne, a quanto si legge, di pietra? E infine, che analogia c'è tra un passero e un susseguirsi di anni?Giacché, quanto a quel serpente che apparve a Silla mentre compiva un sacrificio, mi ricordo di tutt'e due le cose: l'una, che Silla, in procinto di iniziare la spedizione militare, fece un sacrificio, e un serpente sbucò da sotto l'altare; l'altra, che in quello stesso giorno fu riportata una brillante vittoria, per l'accortezza non dell'arùspice, ma del comandante.Questi tipi di prodigi non hanno niente di strano; una volta accaduti gli eventi, vengono utilizzati come profezia mediante qualche interpretazione, sicché quei chicchi di grano ammucchiati in bocca a Mida, o le api che, come hai detto, si posarono sulle labbra di Platone bambino, non sono prodigi, ma piuttosto oggetto di previsione felicemente riuscita; del resto, fatti simili possono essere di per sé falsi, oppure le predizioni che se ne trassero possono essersi verificate per caso.Anche quanto a Roscio può essere falso che sia stato avvolto nelle spire di un serpente, ma che nella sua culla vi fosse un serpente non è tanto strano, specialmente nel Solonio, dove i serpenti sogliono radunarsi presso il focolare, come noi al mercato.

Quanto, poi, al responso degli arùspici - che non vi sarebbe stato nessuno più famoso, nessuno più insigne di lui - mi meraviglio che gli dèi immortali abbiano predetto la gloria a un futuro attore, non l'abbiano minimamente predetta a Scipione l'Africano. Hai anche enumerato i prodigi riguardanti Flaminio. Che egli e il suo cavallo siano caduti tutt'a un tratto, non è davvero un gran miracolo. Quanto al fatto che l'insegna del primo manipolo di astati non poté essere divelta da terra, può darsi che il portatore dell'insegna desse prova di una certa timidezza nel divellerla, mentre l'aveva infissa di buona lena! Quanto al cavallo di Dionisio, c'era tanto da meravigliarsi per il fatto che emerse dal fiume e che delle api si posarono sulla sua criniera?Ma siccome poco dopo divenne re, ciò che era accaduto per caso assunse il valore d'un prodigio.Ma, dirai ancora, agli spartani accadde che le armi appese nel tempio di Ercole risonassero e che a Tebe le porte del tempio di questo stesso dio, che eran chiuse, si spalancassero all'improvviso e gli scudi, che erano infissi tanto in alto nelle pareti, venissero trovati a terra.Siccome nulla di tutto ciò poté avvenire senza qualche scossa, che ragione c'è di dire che quegli eventi accaddero per volere della divinità anziché per caso?Ma a Delfi, sulla testa della statua di Lisandro, comparve una corona di erbe selvatiche, e, per di più, improvvisamente. Davvero? Pensi che una corona d'erba possa essere sorta prima che ne sia stato concepito il seme?Del resto, io credo che dell'erba selvatica non sia stata seminata da uomini, ma ammucchiata da uccelli; d'altronde, tutto ciò che si trova su una testa può apparire simile a una corona. Quanto poi al fatto che le stelle d'oro, insegne di Càstore e Pollùce, poste a Delfi, caddero e non si trovarono più in nessun luogo, come hai rammentato, questa mi pare un'impresa di ladri piuttosto che di dèi. Che, poi, la dispettosità di una scimmia di Dodona sia stata tramandata dagli storici greci, è cosa che non finisce di stupirmi.Che c'è di strano in questo, che quella bruttissima bestia abbia rovesciato l'urna e sparpagliato qua e là le sorti?E gli storici dicono che agli spartani non accadde alcun prodigio più malaugurante di questo!Quanto a quelle predizioni fatte ai veienti, che, se il lago Albano fosse traboccato e si fosse riversato in mare, Roma sarebbe andata incontro alla rovina; se invece l'acqua fosse stata trattenuta, la rovina sarebbe toccata a Veio,;io credo che; l'acqua del lago Albano fu incanalata per irrigare la campagna attorno a Roma, non per salvare la roccaforte e la città. Ma poco dopo fu udita una voce che ammoniva i romani di provvedere perché Roma non fosse presa dai Galli; perciò fu consacrata nella Via Nuova un'ara in onore di Aio Loquente.Ma che dire del fatto che Aio Loquente, finché nessuno lo conosceva, parlava e discorreva e in seguito a ciò ebbe questo nome; quando però ottenne la sua ara e il suo nome, ammutolì?La stessa cosa si può dire della dea Moneta; dalla quale, eccettuata l'esortazione a sacrificare una scrofa gravida, quale ammonimento abbiamo mai ricevuto?Dei prodigi ho parlato anche troppo; rimangono gli auspicii e le sorti: intendo le sorti che vengono estratte a caso, non quelle che vengono largite durante un vaticinio, le quali più appropriatamente si chiamano responsi di oracoli; di questi parleremo quando saremo arrivati alla divinazione naturale.Rimane da dire qualcosa anche sui Caldei; ma innanzi tutto prendiamo in esame gli auspicii.

un compito imbarazzante, per un àugure, polemizzare su questo argomento! Per un àugure marso forse sì, ma per un romano è facilissimo. Noi non siamo di quegli àuguri che predicono il futuro in base all'osservazione degli uccelli e degli altri indizi.E tuttavia credo che Romolo, il quale fondò la città prendendo gli auspicii, abbia creduto che esistesse una scienza augurale capace di prevedere il futuro (su molte cose gli antichi erravano): una scienza che, come vediamo, ha subito ormai dei mutamenti o, per l'uso stesso che se ne è fatto, o per nuove dottrine, o per il lungo tempo trascorso; si conservano però - per non urtare le credenze popolari e per il grande vantaggio che ne deriva allo Stato - le pratiche, l'osservanza dei riti, le regole, il diritto augurale e l'autorità del collegio.Né io nego che siano stati meritevoli di ogni più grave pena i consoli Publio Claudio e Lucio Giunio, i quali presero il mare contro gli auspicii: era doveroso obbedire alle prescrizioni religiose e non si doveva contravvenire alle usanze patrie in modo così arrogante.Giustamente, dunque, l'uno fu condannato per giudizio del popolo, l'altro si dette egli stesso la morte. Flaminio, tu ancora ricordi, non obbedì agli auspicii, e perciò morì, lui e il suo esercito.Ma l'anno dopo Paolo obbedì: e forse per questo scampò alla morte con tutto l'esercito nella battaglia di Canne? E invero, anche se gli auspicii valessero (e invece non valgono affatto), certamente quelli ai quali ricorriamo noi, siano il tripudio o i segni provenienti dal cielo, sono simulacri di auspicii, auspicii no di certo. Quinto Fabio, voglio che tu mi assista nell'auspicio. Quello risponde: Ho udito. Al tempo dei nostri antenati, per questa funzione ci si valeva d'un esperto; oggi si prende uno qualsiasi. L'esperto dev'essere uno che sappia che cos'è il silenzio; chiamiamo silenzio, nel cerimoniale degli auspicii, la situazione in cui niente turba la cerimonia. Rendersi conto di ciò è còmpito del perfetto àugure; ma quello a cui viene affidata al giorno d'oggi questa mansione, quando il magistrato che prende gli auspicii ordina: Dimmi quando ti sembrerà che vi sia il 'silenzio', non perde tempo né a guardare in alto né attorno; risponde sùbito che gli sembra che il silenzio ci sia.Allora l'altro: Di' quando gli uccelli mangeranno. Stanno mangiando. Ma quali uccelli? E dove?Ha portato, dicono, i polli rinchiusi in una gabbia colui che, per questo suo ufficio, viene chiamato pullario.Questi, dunque, sono gli uccelli messaggeri di Giove! Se essi mangino o no, che valore ha? Ciò non ha alcun rapporto con gli auspicii; ma siccome, quando mangiano, è inevitabile che qualche pezzetto di cibo caschi loro fuori dalla bocca e percuota la terra (ciò fu detto dapprima terripavio, poi terripudio; ora è chiamato tripudio), - quando dunque un pezzo di farina impastata cade dalla bocca del pollo, ecco che a colui che prende gli auspicii viene annunziato il tripudio solìstimo.Può dunque aver qualcosa di divinatorio questo auspicio, così coatto e tratto a forza?Che i più antichi àuguri non siano ricorsi a esso, lo dimostra il fatto che conserviamo tuttora un vecchio decreto del nostro collegio, secondo il quale da ogni uccello si può ottenere il tripudio.Allora, sì, sarebbe un vero auspicio, a condizione che l'uccello fosse libero di mostrarsi; allora quell'uccello potrebbe sembrare un interprete e ministro di Giove; ora invece, chiuso in gabbia e stremato dalla fame, se si butta a divorare un pastone di farina, e se un pezzetto di cibo gli cade di bocca, credi che questo sia un auspicio o che in questo modo Romolo fosse solito trarre gli auspicii? Non credi, inoltre, che coloro che un tempo prendevano gli auspicii compissero da sé l'osservazione di ciò che veniva dal cielo?Ora la fanno fare al pullario: quegli riferisce che è caduto un fulmine proveniente da sinistra, che consideriamo come il migliore auspicio, tranne per i comizi; questa eccezione fu stabilita per motivi politici, perché i più potenti nello Stato fossero gli interpreti dei comizi nei processi popolari o nell'approvazione delle leggi o nell'elezione dei magistrati.Ma, tu obietterai, in séguito a una lettera inviata da Tiberio Gracco i consoli Scipione e Figulo dovettero rinunciare alla carica, perché gli àuguri avevano sentenziato che erano stati eletti con una procedura irregolare.

Ma chi nega l'esistenza di una dottrina degli àuguri? E la divinazione che io nego.

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