Traduzione De bello gallico, Cesare, Versione di Latino, Libro 06; 25-44
Traduzione in italiano del testo originale in latino del Libro 06; paragrafi 25-44 dell'opera De bello gallico di Cesare
DE BELLO GALLICO: TRADUZIONE DEL LIBRO 06; PARAGRAFI 25-44
- Guarda il brano originale in latino
- Vai all'approfondimento su Giulio Cesare
- De bello gallico: riassunto
25 La larghezza di questa selva Ercinia, che sopra è stata nominata, si espande per un cammino di nove giorni di buona lena: infatti non può essere misurata altrimenti e non sanno le misure dei percorsi. Nasce dai territori di Elvezi, Nemesi, Rauraci e dalla regione parallela del fiume Danubio giunge ai territori dei Daci e degli Anarti; di qui si flette a sinistra in regioni diverse dal fiume e per la grandezza tocca i territori di molti popoli; e non c'è nessuno di questa Germania che dica o di aver raggiunto l'inizio di quella selva, pur avendo camminato per un percorso di 60 giorni o abbia saputo da quale luogo nasca; risulta che in essa nascono generi di fiere, che non sono state viste negli altri luoghi, ma tra questi quelli che particolarmente differiscono dagli altri e sembrano da assegnare al ricordo, sono questi. 26 C'è un bue dall'aspetto di cervo, dal centro della cui fronte si alza tra le orecchie un unico corno più grande e più diritto di questi corni, che sono noti a noi; dalla sua sommità si diffondono attorno come palme e rami. Identica è la natura del maschio e della femmina, identico l'aspetto e la grandezza delle corna. 27 Ci sono ugualmente quelle che si chiamano alci. L'aspetto di queste e la varietà delle pelli è simile alle capre, ma per la grandezza le superano un poco, sono mozze di corna ed hanno le zampe senza giunture ed articolazioni. Non si coricano per il riposo, né se sono cadute per qualche caso, possono ergersi o alzarsi; esse hanno le piante come tane; ad esse si appoggiano e così appena un poco piegate prendono riposo. Quando da parte dei cacciatori è stato notato dalle orme dove sono solite ritirarsi, in quel luogo scalzano tutti gli alberi o li tagliano, tanto che si lascia la massima apparenza di quelle piante che stanno in piedi. Quando si so sono piegate qui per abitudine, col peso colpiscono le piante ed esse insieme stramazzano. 28 Terza è la specie di quelli che si chiamano uri. Questi per grandezza sono un poco sotto gli elefanti, con aspetto, colore, figura di un toro. Grande è la loro forza, e grande la velocità; ma non risparmiano né una persona né una fiera, che hanno visto. Fanno fuori costoro, catturatili con buche. In questa fatica si fortificano i giovani e si esercitano con questo genere di caccia, e quelli tra essi che ne hanno uccisi moltissimi, portate in pubblico le corna, che siano di testimonianza, riportano grande gloria. Ma catturati neppure da piccoli possono abitarsi agli uomini ed essere addomesticati. L'ampiezza delle corna, la figura e l'aspetto differisce molto dalle corna dei nostri bovini. Queste corna appassionatamente ricercate, le coprono di argento sugli orli e le usano come coppe nei banchetti più fastosi. 29 Cesare dopo che venne a sapere attraverso gli esploratori Ubi che gli Svevi si erano ritirati nelle selve, temendo la scarsità di vettovagliamento, perché, come prima dicemmo, i Germani non praticano minimamente l'agricoltura, decise di non avanzare più a lungo; ma, per non togliere completamente ai barbari la paura di un suo ritorno e per ritardare i loro aiuti, riportato indietro l'esercito taglia l'ultima parte del ponte, che toccava le rive degli Ubi per la lunghezza di duecento piedi ed all'estremità del ponte costruisce una torre di quattro piani e pone una guarnigione di dodici coorti per custodire il ponte e rafforza quel luogo con grandi fortificazioni.
Mette a capo di quella postazione e guarnigione C Volcacio Tullo il giovane. Egli, poiché i cereali cominciavano a maturare, partito per la guerra di Ambiorige attraverso la selva Ardenna, che è la maggiore di tutta la Gallia e si estende dalle rive del Reno ed i territori dei Treveri fino ai Nervi e si espande per più di cinquecento miglia in lunghezza, manda avanti L Minucio Basilo con tutta la cavalleria, se potesse guadagnare qualcosa con la velocità della marcia e l'opportunità dell'occasione; dispone che vieti si facciano fuochi negli accampamenti, perché da lontano non si faccia una qualche segnalazione del suo arrivo; dice che lui segue subito. 30 Basilo fa come è stato comandato. Effettuata la marcia velocemente e contro l'aspettativa di tutti, sorprende molti che no sospettavano nei campi; con la loro indicazione si dirige contro lo stesso Ambiorige, nel luogo in cui si diceva che fosse con pochi soldati. Molto sia in tutte le cose, sia in tattica militare può la dea Fortuna. Infatti accadde per grande casualità, che capitasse proprio su di lui incauto e pure impreparato, e che il suo arrivo fosse visto da tutti prima che la fama e la notizia venisse arrecata, e così di grande fortuna, tolto ogni apparato militare che aveva attorno a sé, essendo stati catturati carri e cavalli, che lui sfuggisse alla morte. Ma questo avvenne perché, essendo l'abitazione circondata da una selva, come sono per lo più le case dei Galli, che per evitare il caldo generalmente cercano le vicinanze di selve e fiumi, i suoi compagni e famigliari in un luogo ristretto sostennero un poco l'attacco dei nostri cavalieri. Mentre questi combattevano, uno dei suoi lo mise a cavallo, le selve lo protessero. Così sia per affrontare il pericolo sia per evitarlo molto valse la dea Fortuna. 31 Se Ambiorige non guidò le sue truppe per decisione, perché non ritenesse di scontrarsi a battaglia, o distolto dalla situazione e bloccato dall'arrivo improvviso dei cavalieri, credendo che il resto dell'esercito seguisse, è cosa dubbia. Ma certamente mandati messaggeri per i campi ordinò che ciascuno badasse a se stesso. E una parte di essi si rifugiò nella selva Ardenna, parte nelle paludi vicine; quelli che furono vicini all'Oceano, questi si nascosero nelle isole che le maree sono solite fare. Molti usciti dai propri territori affidarono se e tutte le loro cose ai più estranei. Catuvolco re della metà degli Eburoni, che insieme con Ambiorige aveva intrapreso il piano, ormai oppresso dall'età, non potendo sostenere la fatica o della guerra o della fuga, dopo aver detestato con grandi imprecazioni Ambiorige, che era stato promotore di quel piano, col tasso, di cui in Gallia ed in Germania c'è grande abbondanza , si suicidò. 32 Segni e Condrusi, della razza e della popolazione dei Germani, che sono tra Eburoni e Treveri, mandarono ambasciatori da Cesare per pregare di non considerarli nel numero dei nemici e non pensasse che la causa di tutti i Germani, che sono di qua dal Reno fosse unica; essi non avevano macchinato nulla circa la guerra, non avevano mandato nessun aiuto ad Ambiorige.
Cesare esaminata la situazione con l'interrogatorio dei prigionieri, ordinò che se alcuni Eburoni fosse venuto in fuga da loro, fosse riportato da lui; se avessero fatto così, disse che no avrebbe violato i loro territori. Poi distribuite le truppe in tre parti portò i carriaggi di tutte le legioni presso Atuatuca. Tale è il nome della fortezza. Questa è quasi al centro dei territori degli Eburoni, dove Titurio ed Aurunculeio si erano stanziati per svernare.Approvava sia per altre cose questo luogo, sia poiché le fortificazioni dell'anno precedente rimanevano intatte, per alleviare le fatiche dei soldati. Lasciò a guarnigione per i carriaggi la quattordicesima legione, una delle tre, che recentemente arruolate aveva portato dall'Italia. A tale legione ed accampamenti mise a capo Q Tullio Cicerone e gli assegnò duecento cavalieri. 33 Diviso l'esercito ordina che T Labieno parta con tre legioni per l'Oceano verso quelle parti, che toccano i Menapi, L Trebonio con pari numero di legioni per quella regione, che giace vicino agli Atuatuci, lo manda a saccheggiare, egli decise di andare con le altre tre legioni presso il fiume Scheda, che sfocia nella Mosa ed alle parti estreme dell'Ardenna, dove sentiva dire essere partito Ambiorige con pochi cavalieri. Partendo assicura di ritornare entro il settimo giorno, data per la quale sapeva che si doveva il frumento a quella legione, che era rimasta a presidio. Esorta Labieno e Trebonio, se potessero farlo a vantaggio dello stato, di ritornare per quella data, perché, di nuovo riunito il consiglio ed esplorate le tattiche dei nemici potessero intraprendere un altro inizio di guerra. 34 C'era, come accennammo prima, nessuna truppa precisa, non una città, non un guarnigione che si difendesse con le armi, ma una folla dispersa per tutte le parti. Dove o una valle nascosta o un luogo selvoso o una palude inaccessibile offriva ad uno una qualche speranza di difesa o di scampo, s'era stanziato. Questi luoghi erano noti ai vicinati e la cosa richiedeva grande attenzione non per difendere la totalità dell'esercito, nessun rischio infatti poteva accadere a tutti insieme da parte di atterriti e sparpagliati, ma nel preservare i singoli soldati; cosa che in parte riguardava l'incolumità dell'esercito.Infatti sia la brama di bottino invitava molti troppo lontano sia le selve per insicuri e nascosti passaggi impediva di andare uniti. Se si voleva concludere il problema e far fuori una masnada di uomini scellerati, bisognava impiegare parecchie squadre e disporre i soldati; se volevano tenere i manipoli vicini alle insegne, come richiedeva una organizzazione consolidata e la tradizione del popolo romano, il luogo stesso era di protezione per i barbari, e non mancava l'audacia ai singoli di insidiare da un luogo nascosto e circondare quelli che erano sparsi. Come si poteva provvedere in difficoltà di tal genere quanto ad attenzione, si provvedeva, tanto da tralasciare qualcosa nel nuocere, anche se gli animi di tutti ardevano per vendicarsi, piuttosto che si nuocesse con qualche danno dei soldati. Cesare spedisce messaggeri alle nazioni confinanti; spinge con la speranza di bottino a saccheggiare gli Eburoni, perché fosse in pericolo nei boschi la vita dei Galli più che un soldato legionario, ed insieme perché la stirpe ed il nome della nazione, attorniata da grande folla fosse tolta per un tale misfatto.
Da ogni parte giunse un gran numero. 35 Queste cose si facevano in tutte le parti degli Eburoni e si avvicinava il settimo giorno, data per la quale Cesare deciso di ritornare ai carriaggi ed alla legione. A questo punto si potè verificare quanto possa la Fortuna in guerra e quali gravi casi produca. Dispersi ed atterriti i nemici, come dicemmo, non c'era nessuna squadra che producesse un soltanto piccolo motivo di timore.Oltre il Reno arrivò ai Germani la notizia che gli Eburoni erano saccheggiati e che per giunta tutti erano chiamati al bottino. I Sigambri, che sono vicini al Reno, raccolgono due mila cavalieri, e da essi dicemmo prima erano stati accolti i Tenteri e li Usipeti in fuga.Attraversano il Reno con navi e zattere a trenta mila passi tra quel luogo, dove era stato completato il ponte ed il presidio lasciato da Cesare, entrano nei primi territori degli Eburoni; catturano molti dispersi in fuga, si impossessano di un gran numero di bestiame, di cui i barbari sono avidissimi. Invitati dal bottino avanzano maggiormente. Questi non li fermano la palude, nati nelle guerre e nelle rapine, non le selve. Chiedono ai prigionieri, in quali luoghi sia Cesare; lo scoprono partito più avanti e vengono a sapere che tutto l'esercito è partito. Ma uno dei prigionieri Perché voi, disse, inseguite questa misera e leggera preda, a cui è permesso essere già fortunatissimi? In tre ore potete arrivare ad Atuatuca; qui l'esercito dei Romani ha portato tutti i suoi averi; c'è tanto di difesa, che nemmeno si può cingere il muro e nessuno osa uscire dalle fortificazioni.Offertasi la speranza, i Germani, quella preda che avevano ottenuto, la lasciano in un luogo nascosto; essi si dirigono ad Atuatuca servendosi come guida dello stesso, per indicazione del quale avevano saputo queste cose. 36 Cicerone, che nei giorni precedenti secondo gli ordini di Cesare aveva mantenuto con grandissimo scrupolo i soldati negli accampamenti e non aveva permesso che neppure un portatore qualsiasi uscisse fuori delle fortificazioni, al settimo giorno diffidando che Cesare avrebbe rispettato la parola sul numero dei giorni, perché sentiva che lui era partito troppo lontano e non gli veniva portata nessuna notizia sul suo ritorno, insieme spaventato dalle chiacchiere, che chiamavano la sua pazienza quasi un assedio, dal momento che non si poteva uscire dagli accampamenti, aspettando nessun caso di genere tale, per cui, essendo disposte nove legioni e grandissima cavalleria, essendo i nemici dispersi e quasi cancellati, si potesse esser danneggiati in tremila passi, manda cinque coorti a far vettovagliamento nelle messi vicine, tra le quali e l'accampamento c'era in tutto una sola collina. Parecchi tra le legioni erano rimasti negli accampamenti malati; tra questi coloro che nello spazio di sette giorni erano guariti, circa trecento vengono inviati insieme col vessillo; inoltre una grande moltitudine di facchini, una gran quantità di giumenti, che erano stati negli accampamenti, dato il permesso, seguono. 37 In questo stesso tempo per caso i cavalieri germani sopraggiungono e subito con la stessa corsa con cui erano giunti tentano di irrompere dalla porta decumana negli accampamenti e, frapposte le selve, non furono visti prima che si avvicinassero agli accampamenti, al punto che i mercanti che si attendavano sotto il trinceramento, non avevano la possibilità di ritirarsi.
Non aspettandoselo i nostri si scompigliavano per il nuovo fatto, e a stento la coorte in guardia sostiene il primo attacco. Dalle altre parti i nemici si spandono, se potessero trovare qualche passaggio. A fatica i nostri difendono le porte; il luogo stesso difende gli altri ingressi e per la fortificazione se stesso. In tutti gli accampamenti si trepida, ed uno chiede all'altro la causa dello scompiglio; e non vedono dove si portino le insegne, né in quale parte uno si riunisca.Uno annuncia gli accampamenti già presi, uno afferma che, distrutto l'esercito ed il generale, i barbari erano arrivati vincitori, parecchi dalla situazione si immaginano nuovi elementi religiosi e mettono davanti agli occhi la disgrazia di Cotta e Titurio, che erano caduti nella stessa fortezza. Spaventati tutti da tale paura, si conferma per i barbari l'idea, come avevano sentito dai prigionieri, che dentro non ci fosse alcuna difesa.Tentano di irrompere e di esortano a vicenda, di non lasciarsi scappare dalle mani una così grande fortuna. 38 C'era malato, rimasto nella guarnigione il primipilo P Sestio Baculo, che presso Cesare aveva guidati la prima fila, di cui abbiamo fatto menzione in precedenti combattimenti, e già da tre giorni era privo di cibo. Costui diffidando della salvezza sua e di tutti, inerme esce dalla tenda; vede che i nemici incalzano e che la situazione è in pericolo; prende le armi dai vicini e si ferma sulla porta. Lo seguono i centurioni di quella coorte era di guardia; insieme per un poco sostengono insieme la battaglia. Lo spirito abbandona Sestio, dopo aver ricevute gravi ferite; svenendo a stento è salvato sottratto di mano in mano. Trascorso questo tempo, gli altri si rafforzano tanto che osano fermarsi sulle fortificazioni ed offrono una parvenza di difensori. 39 Intanto finito di far frumento i nostri soldati sentono il grido; i cavalieri corrono avanti; s'accorgono quanto la cosa sia in pericolo. Qui però non c'è alcuna fortificazione che accolga gli atterriti; ora le reclute e gli inesperti della tattica militare volgono gli sguardi al tribuno dei soldati ed ai centurioni; aspettano cosa da questi si comandi.Nessuno è tanto forte, che non si turbi dalla novità di una cosa. i barbari avendo visto da lontano le insegne desistono dall'assedio, prima credono che siano tornate le legioni, che avevano saputo dai prigionieri essere partite abbastanza lontano; poi, disprezzata l'esiguità da tutte le parti fanno un assalto. 40 I facchini corrono sull'altura vicina. Di qui velocemente cacciati si gettano tra le insegne ed i manipoli; tanto più atterriscono i soldati impauriti. Altri fatto un cuneo per attaccare velocemente, pensano, poiché gli accampamenti sono così vicini, anche se una parte circondata fosse caduta, confidano però che gli altri si possano salvare, altri pensano di fermarsi sul giogo e tutti affrontare lo stesso caso. I soldati anziani non approvano questo, quelli che abbiam detto partiti insieme col vessillo. Così rincuoratisi tra loro, sotto il comando di C Trebonio, cavaliere romano, che era stato messo a capo di essi, irrompono in mezzo ai nemici ed incolumi fino all'ultimo arrivano tutti agli accampamenti.
Seguendo questi, cavalieri e facchini con lo stesso attacco si salvano per l'eroismo dei soldati.Ma quelli che si erano fermati sul giogo, non avendo ricevuta fino ad allora nessuna esperienza di tattica militare e di permanere in quella decisione, che avevano presa, di difendersi sulla posizione superiore e non poterono imitare quella forza e velocità che avevano visto aver giovato agli altri, ma tentando di ritirarsi negli accampamenti si persero in un luogo sfavorevole. I centurioni di cui alcuni dagli ordini inferiori delle altre legioni erano passati per il valore agli ordini superiori di questa legione, per non perdere l'onore dell'impegno militare guadagnato prima, combattendo molto eroicamente caddero.Parte dei soldati, cacciati i nemici dal valore di questi giunse negli accampamenti contro ogni speranza, parte circondata dai barbari perì. 41 I Germani essendo disperato l'assedio degli accampamenti, perché vedevano che i nostri già si erano stabiliti sulle fortificazioni, si ritirarono oltre il Reno con quella preda, che avevano deposto nelle selve. E tanto fu il terrore dei nemici anche dopo la partenza, che in quella notte, essendo C Voluseno, inviato con la cavalleria, giunto negli accampamenti, non faceva credere che Cesare si avvicinasse con l'esercito incolume. La paura aveva preso così gli animi, che quasi impazzita la mente, dicevano che, distrutte tutte le truppe, la cavalleria s'era salvata dalla fuga e sostenevano che con l'esercito incolume i Germani non avrebbero assediato gli accampamenti.Questo timore lo cancellò l'arrivo di Cesare. 42 Ritornato, egli, non ignorando gli eventi di guerra, lamentatosi d'una sola cosa, che le coorti che erano state mandate per guarnigione e presidio - neppure per il minimo caso si sarebbe dovuto lasciare la postazione, giudicò che la Fortuna aveva potuto molto nell'improvviso arrivo dei nemici, ed anche molto di più perché aveva respinto i barbari quasi dalla stessa trincea e dalle porte degli accampamenti. Tra tutte quelle cose soprattutto sembrava da meravigliarsi, il fatto che i Germani, che avevano attraversato il Reno con quel proposito, cioè di devastare i territori di Ambiorige, portatisi presso gli accampamenti dei Romani avevano offerto ad Ambiorige un vantaggio molto gradito. 43 Cesare di nuovo partito per devastare i nemici, radunato un gran numero di cavalieri dalle città confinanti, le manda in tutte le parti. Tutti i villaggi e tutte le abitazioni, che uno aveva visto, erano incendiati, le mandrie uccise, da tutti i luoghi si portava bottino; i cereali non solo da una così grande quantità di uomini e di giumenti erano rovinati, ma erano anche cadute per la stagione dell'anno e per le piogge, tanto che se alcuni al momento si fossero nascosti, da parte di questi, passato l'esercito, sembrava che si dovesse morire per la scarsità di tutte le cose.E spesso si giunse a tal punto, mentre era inviato in tutte le parti una così grande cavalleria, che i prigionieri vedevano attorno Ambiorige appena visto da loro in fuga e sostenevano che non era ancora del tutto scappato dalla vista, tanto che presa la speranza di raggiungerlo e intrapresa l'infinita fatica, quelli che pensavano che avrebbero incontrato la somma riconoscenza di Cesare, quasi vincevano la natura con l'impegno, e sembravano esser mancati per poco alla massima fortuna, e quello si sottraeva in nascondigli o selve o gole e nascostosi di notte si dirigeva in altre regioni e parti con una guardia del corpo non maggiore di quattro uomini, ai quali soli osava affidare la sua vita.
44 In tale modo devastate le regioni Cesare riporta l'esercito con la perdita di due coorti a Durocontoro dei Remi ed indetta l'assemblea di tutta la Gallia in quel luogo decise di tenere una inchiesta sulla congiura dei Senoni e dei Carnuti e su Accone, che era stato il promotore di quel piano, pronunciata una sentenza piuttosto pesante, ne decretò la morte secondo la tradizione degli antenati. Alcuni temendo il giudizio fuggirono. Avendo interdetto questi dall'uso dell' acqua e del fuoco, pose due legioni ai confini dei Treveri, due tra i Lingoni, le altre sei nei territori dei Senoni negli accampamenti invernali ad Agedinco e provvisto il vettovagliamento, come aveva deciso, partì per l'Italia per fare le sessioni giudiziarie.