Traduzione De Bello Gallico, Aulo Irzio, Versione di Latino, Libro 08; 05-06

Traduzione in italiano del testo originale in latino del Libro 08; paragrafi 05-06 dell'opera De Bello Gallico di Aulo Irzio

Traduzione De Bello Gallico, Aulo Irzio, Versione di Latino, Libro 08; 05-06
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DE BELLO GALLICO: TRADUZIONE DEL LIBRO 08; PARAGRAFI 05-06

5. Quando la notizia di truppe in movimento giunse ai nemici, i Carnuti, edotti dalle sciagure altrui, abbandonano i villaggi e le città in cui abitavano dopo aver frettolosamente allestito piccole costruzioni per ripararsi dall'inverno (infatti, in seguito alla recente sconfitta avevano perduto parecchie città) e fuggono sbandati. Cesare non voleva che i soldati affrontassero i rigori della stagione, tremendi proprio in quel periodo: pone il campo in una città dei Carnuti, Cenabo, ammassa parte dei soldati nelle case dei Galli, parte in ripari approntati gettando alla svelta paglia sulle tende. Comunque, manda i cavalieri e i fanti ausiliari in tutte le direzioni in cui si diceva che si fossero mossi i nemici, e non invano: i nostri, infatti, rientrano per lo più con un ricco bottino. I Carnuti si trovarono stretti dalle difficoltà dell'inverno e atterriti dal pericolo; cacciati dalle loro case, non osavano fermarsi stabilmente in nessun luogo, né potevano sfruttare il riparo delle selve per l'inclemenza della stagione; divisi, perdono gran parte dei loro e si sparpagliano presso le popolazioni vicine. 6. Cesare, in una stagione davvero ostile, al fine di prevenire l'inizio di una guerra riteneva di aver fatto a sufficienza per disperdere le forze nemiche che si stavano concentrando ed era convinto, per quanto si poteva ragionevolmente supporre, che nessun grave conflitto potesse scoppiare fino all'estate; alloggiò a Cenabo, nei quartieri d'inverno, C Trebonio alla testa delle due legioni che aveva con sé; i Remi, con frequenti ambascerie, lo informavano che i Bellovaci, superiori a tutti i Galli e ai Belgi quanto a gloria militare, e i popoli limitrofi, sotto la guida del bellovaco Correo e dell'atrebate Commio, allestivano truppe e le radunavano in un solo luogo, per attaccare in massa le terre dei Suessioni, vassalli dei Remi, i quali, alleati benemeriti verso la nostra repubblica non patissero alcun torto, Cesare la ritenne questione riguardante non solo la sua dignità, ma anche la sua sicurezza; perciò, richiama nuovamente dal campo invernale l'undicesima legione, poi invia una lettera a C Fabio, perché guidi nei territori dei Suessioni le due legioni che aveva ai suoi ordini; a Labieno richiede una delle due legioni di cui disponeva. Così, conciliando le necessità dei campi invernali e le esigenze del conflitto, alle legioni imponeva a turno l'onere delle spedizioni, ma non concedeva mai riposo a se stesso.

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