Traduzione De bello civili, Cesare, Versione di Latino, Libro 03; 21-30

Traduzione in italiano del testo originale in latino del Libro 03; paragrafi 21-30 dell'opera De bello civili di Giulio Cesare

Traduzione De bello civili, Cesare, Versione di Latino, Libro 03; 21-30
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DE BELLO CIVILI: TRADUZIONE DEL LIBRO 03; PARAGRAFI 21-30

[21] Poiché il console Servilio e altri magistrati si opponevano ed egli otteneva meno successo di quanto aveva previsto, Celio Rufo, per eccitare le passioni degli uomini, abrogata la legge precedente, ne promulgò altre due, una con la quale abbuonò agli inquilini l'affitto di un anno, l'altra con la creazione di nuovi registri di debiti; Il popolo si sollevò contro C Trebonio, vi furono alcuni feriti ed egli fu cacciato dal suo seggio.Di questi avvenimenti il console Servilio riferì al senato il quale decretò che Celio doveva essere rimosso dalla carica.In base a tale decreto il console gli impedì l'accesso al senato e, mentre tentava di pronunciare un discorso, lo fece scendere dalla tribuna degli oratori. Celio, turbato dalla vergogna e dal dolore, pubblicamente finse di andare da Cesare; di nascosto mandò messi a Milone, che, ucciso Clodio, era stato esiliato per tale crimine, e lo richiamò in Italia, poiché egli, che aveva dato grandi spettacoli, possedeva ancora un certo numero di gladiatori; Milone, unitosi a lui, fu mandato a Turi per sollevare i pastori. Egli era giunto a Casilino quando le sue insegne militari e le sue armi furono prese a Capua e fu scoperta a Napoli la schiera di gladiatori che tramava per la resa della città; conosciuti i suoi piani, fu bandito da Capua; Temendo il pericolo, poiché la città aveva preso le armi e lo considerava un nemico pubblico, abbandonò il suo piano e mutò cammino. [22] Frattanto Milone, diramata ai vari municipi una lettera con la quale comunicava di agire in ossequio al comando e al volere di Pompeo, trasmessigli da Vibullio, istigava coloro che pensava essere oppressi dai debiti.Ma, non potendo con essi ottenere risultati, aprì alcuni ergastoli e iniziò l'attacco di Compsa nell'agro Irpino.Qui, con una legione dal pretore Q Pedio , fu colpito da una pietra scagliata dalle mura e morì.E Celio, partito, come andava dicendo, alla volta di Cesare, giunse a Turi.Qui, mentre sobillava alcuni abitanti di quel municipio e prometteva denaro a cavalieri di Cesare, galli e spagnoli, mandati là di guarnigione, venne ucciso da costoro.E così la fase iniziale di avvenimenti importanti, che tenevano in ansia l'Italia perché i governanti erano occupati in altre faccende e le circostanze suscitavano preoccupazione, ebbe una fine rapida e facile. [23] Libone, partito da Orico alla testa di una flotta di cinquanta navi, giunse a Brindisi e occupò l'isola che si trova di fronte al porto, poiché riteneva preferibile difendere con sorveglianza stretta un solo luogo, per dove era necessario che i nostri passassero, piuttosto che tutti i lidi e i porti.Costui, arrivato all'improvviso, si imbatté in alcune navi da carico che incendiò; ne portò con sé una carica di frumento e cagionò ai nostri grande paura; sbarcati di notte fanti e sagittari, scacciò il presidio di cavalieri e approfittò del favore della posizione a tal punto da mandare una lettera a Pompeo, dicendo che, se voleva, desse l'ordine di tirare in secco le navi per le riparazioni: egli con le sue navi era in grado di impedire che Cesare ricevesse aiuti.

[24] In quel tempo Antonio si trovava a Brindisi; confidando nel valore dei soldati protesse con graticci e parapetti circa sessanta scialuppe delle navi grandi; vi imbarcò soldati scelti e le dispose in parecchi luoghi separatamente lungo il litoraneo; ordinò alle due triremi, che aveva fatto costruire a Brindisi, di portarsi verso l'imboccatura del porto col pretesto di esercitare i rematori. Quando Libone vide che esse erano avanzate con troppa audacia, sperando di poterle sorprendere mandò contro di esse cinque quadriremi. Quando queste erano vicine alle nostre navi, i nostri veterani si rifugiavano nel porto, quelli, eccitati dal loro ardore, con troppa imprudenza le inseguivano. Così, a un segnale convenuto, all'improvviso da ogni parte le scialuppe di Antonio si lanciarono contro i nemici e, al primo assalto, si impadronirono di una di queste quadriremi con i rematori e i difensori e costrinsero le altre a fuggire vergognosamente. A questo insuccesso si aggiunse il fatto che i cavalieri disposti da Antonio lungo la costa impedivano ai nemici l'approvvigionamento di acqua. Libone, indotto da questa necessità e dall'onta, si allontanò da Brindisi e tolse l'assedio ai nostri. [25] Erano già passati molti mesi e l'inverno era quasi finito e da Brindisi non giungevano a Cesare né navi né legioni; E a Cesare sembrava che si fossero perdute alcune occasioni propizie, dal momento che più di una volta erano soffiati venti favorevoli ai quali pensava che avrebbero dovuto senz'altro affidarsi. E quanto più il tempo passava, tanto più i comandanti della flotta nemica stavano vigili a sorvegliare e avevano maggiore speranza di tenere lontano i nostri; E con frequenti lettere di Pompeo venivano rimproverati, poiché non avevano saputo impedire in un primo momento l'arrivo di Cesare; ed erano pertanto ora incitati a ostacolare il resto dell'esercito; e così ogni giorno li aspettava una situazione più difficile per la navigazione a causa di venti sempre più deboli. Cesare turbato da questa situazione scrisse con tono alquanto duro ai suoi a Brindisi che, colto un vento propizio, non si lasciassero sfuggire l'opportunità di prendere il mare, per vedere se potevano dirigere la rotta verso il lido di Apollonia e condurre colà le navi. Questi luoghi erano completamente privi di sorveglianza, perché le navi nemiche non osavano allontanarsi troppo dai porti. [26] I Cesariani danno prova di audacia e coraggio e, sotto il comando di Marco Antonio e Fufio Caleno, per incitamento degli stessi soldati che non si tiravano indietro di fronte a nessun pericolo per la salvezza di Cesare, approfittando del vento australe, salpano e il giorno dopo passano davanti ad Apollonia e Durazzo. Avvistatili dalla terraferma, Coponio, che a Durazzo comandava la flotta di Rodi, fa uscire dal porto le navi e, quando già si era avvicinato alle nostre navi favorito da un vento piuttosto debole, l'Austro cominciò a soffiare in modo violento e fu di aiuto ai nostri.Egli, invero, non demordeva per questo dal suo tentativo, ma con lo sforzo e la fatica dei marinai sperava di potere vincere la violenza della burrasca e di inseguire non di meno i nostri che pure avevano oltrepassato Durazzo grazie alla grande forza del vento.I nostri, pur favoriti dalla Fortuna, tuttavia temevano l'attacco della flotta nemica nel caso che il vento si fosse calmato.Trovandosi di fronte il porto, chiamato Ninfeo, a tre miglia da Lisso, vi fecero entrare le navi (questo porto era protetto dall'Africo, ma non riparato dall'Austro), giudicando il pericolo della tempesta minore di quello della flotta avversaria.

Non appena furono entrati, per un incredibile colpo di fortuna, l'Austro che aveva soffiato per due giorni si mutò in Africo. [27] Fu possibile allora vedere un improvviso capovolgimento della Fortuna. Coloro che poco prima avevano temuto per la propria salvezza, erano accolti in un porto sicurissimo; quelli che avevano messo in pericolo le nostre navi erano costretti a temere per la propria salvezza. E così, mutata la situazione, la tempesta protesse i nostri e si abbatté contro le navi rodie: tutte e sedici le navi coperte, dalla prima all'ultima, vengono distrutte e affondate e del gran numero di rematori e combattenti una parte, sbattuta contro gli scogli, rimane uccisa, una parte viene tratta in salvo dai nostri; Cesare a tutti risparmiò la vita e li mandò a casa. [28] Due nostre navi, che avevano navigato più lentamente, sorprese dalla notte, non sapendo quale rotta avessero preso le altre, gettarono le ancore di fronte a Lisso.Otacilio Crasso, comandante del presidio di Lisso, si apprestava ad assalirle con battelli e parecchie imbarcazioni di piccola stazza; contemporaneamente iniziava trattative per la resa e prometteva salvezza a chi si arrendeva. Una delle due navi aveva imbarcato duecentoventi uomini di una legione di reclute, l'altra poco meno di duecento di una legione di veterani. Questi uomini fecero comprendere quanto può aiutare la forza d'animo. Infatti le reclute, atterrite dalla moltitudine delle navi e sfinite dal rollio e dal mal di mare, sentiti i nemici giurare che non avrebbero recato loro alcun danno, si arresero a Otacilio; tutti costoro, condotti dinanzi a lui, a dispetto del vincolo del giuramento, vengono crudelmente uccisi in sua presenza.Ma i soldati della legione veterana, parimenti tormentati dalla violenza della tempesta e dalla puzza della sentina, giudicarono di non dovere affatto desistere dal valore di un tempo, e, fatta trascorrere la prima parte della notte discutendo le condizioni di una ipotetica resa, costringono il comandante a fare approdare la nave; Trovato un luogo adatto, passarono qui il resto della notte e all'alba, quando Otacilio mandò loro contro i cavalieri che sorvegliavano quella parte di spiaggia, circa quattrocento, e gli armati che li seguivano dal presidio di Lissa, si difesero e, dopo averne uccisi alcuni, incolumi fecero ritorno dai nostri. [29] In seguito a questi avvenimenti, la colonia di cittadini romani che occupava Lisso, città un tempo data loro e fatta fortificare da Cesare, accolse Antonio e lo aiutò in ogni modo. Otacilio, temendo per sé, fugge dalla città e si ricongiunge con Pompeo.Antonio, sbarcate tutte le truppe, il cui effettivo totale era di tre legioni di veterani, una di reclute e di ottocento cavalieri, rimanda in Italia la maggior parte delle navi per il trasporto degli altri cavalieri e soldati; lascia a Lisso le navi grosse, di tipo gallico, con il piano che, se per caso Pompeo, ritenendo l'Italia priva di difesa, vi avesse trasportato l'esercito (e questa era la voce corrente), Cesare avrebbe avuto una possibilità di inseguirlo; In gran fretta manda messaggeri a Cesare per comunicargli in quali regioni aveva fatto sbarcare l'esercito e quanti soldati aveva trasportato.

[30] Cesare e Pompeo, quasi nel medesimo tempo, vengono a sapere queste notizie. Infatti avevano visto passare le navi oltre Apollonia e Durazzo [avevano fatto rotta in quella direzione], ma i primi giorni non sapevano dove erano andate. Informati della cosa, i due prendono decisioni opposte: Cesare di congiungersi al più presto con Antonio, Pompeo di opporsi, durante la marcia, ai nemici che sopraggiungevano e assalirli, possibilmente sorprendendoli con agguati; Nel medesimo giorno entrambi conducono gli eserciti fuori dagli accampamenti invernali stanziati presso il fiume Apso; Pompeo di nascosto e di notte; Cesare alla luce del giorno, davanti agli occhi di tutti.Ma Cesare doveva percorrere un cammino più lungo e fare un ampio giro, rimontando il fiume per poterlo attraversare a guado; Pompeo, procedendo speditamente poiché non doveva attraversare il fiume, a marce forzate si dirige contro Antonio; Quando Pompeo si rese conto di essere vicino, scelto un luogo adatto, vi fermò le milizie, trattenne tutti i suoi soldati nel campo e impedì di accendere fuochi per celare meglio il suo arrivo. La cosa viene subito riferita dai Greci ad Antonio. Egli, mandati ambasciatori a Cesare, si trattenne per un giorno solo nel campo; il giorno seguente Cesare giunse presso di lui. Pompeo, venuto a conoscenza del suo arrivo, per non essere circondato da due eserciti, si allontana da quella posizione e con tutte le milizie giunge ad Asparagio di Durazzo e qui pone il campo in un luogo adatto.

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