Traduzione De bello civili, Cesare, Versione di Latino, Libro 03; 01-10

Traduzione in italiano del testo originale in latino del Libro 03; paragrafi 01-10 dell'opera De bello civili di Giulio Cesare

DE BELLO CIVILI: TRADUZIONE DEL LIBRO 03; PARAGRAFI 01-10

[1] Cesare in qualità di dittatore convoca i comizi elettorali; vengono eletti consoli Giulio Cesare e Publio Servilio; era infatti questo l'anno in cui, secondo le leggi, gli era concesso di diventare console. Ciò compiuto, dal momento che in tutta Italia il credito era in grave crisi e non venivano pagati i debiti, dispose che fossero nominati degli arbitri e che per mezzo di essi si facesse la stima dei beni mobili ed immobili per sapere quanto valesse, prima della guerra, ciascuno di questi beni, e che essi fossero consegnati ai creditori. Stimò che questo provvedimento fosse molto opportuno sia per fugare o diminuire il timore di nuovi libri dei conti, cosa che quasi sempre suole accadere dopo guerre e discordie civili, sia per tutelare la fiducia verso i debitori. Parimenti, a mezzo di proposte di legge sottoposte al popolo dai pretori e dai tribuni della plebe, reintegrò in tutti i loro diritti parecchi cittadini condannati in forza della legge di Pompeo sui brogli, al tempo in cui Pompeo aveva in città il presidio delle legioni, quando si svolgevano in un solo giorno processi in cui alcuni giudici ascoltavano, altri emettevano la sentenza: Questi cittadini all'inizio della guerra civile si erano offerti a Cesare, se egli voleva avvalersi dei loro servigi in guerra, perciò li giudicò come se se ne fosse servito, dal momento che si erano messi a sua completa disposizione. Aveva infatti stabilito che costoro dovessero venire reintegrati per giudizio popolare piuttosto che sembrare riabilitati per suo favore, per non apparire o ingrato nel dimostrare la propria riconoscenza o arrogante nel sottrarre al popolo un suo privilegio. [2] Impiega undici giorni per sbrigare queste cose, per celebrare le Ferie latine e per portare a termine tutti i comizi; rinuncia alla dittatura, parte da Roma e giunge a Brindisi; aveva ordinato che si recassero colà dodici legioni e tutta la cavalleria; ma di navi trovò solo un numero sufficiente a trasportare, a mala pena, quindicimila legionari e cinquecento cavalieri.

Solo questo (la scarsita' delle navi) mancò a Cesare per condurre a termine la guerra in breve tempo; inoltre quelle stesse legioni che vengono fatte imbarcare sono al di sotto del numero effettivo di uomini in quanto molti di essi erano venuti a mancare in tante guerre galliche, e il lungo viaggio dalla Spagna ne aveva di molto diminuito il numero e l'autunno insalubre in Puglia e attorno a Brindisi aveva messo a prova la salute di tutto l'esercito che proveniva dalle salutari regioni della Gallia e della Spagna. [3] Pompeo, che aveva avuto un intero anno per mettere insieme le truppe, tranquillo poiché in tale periodo non vi era stata guerra e interventi da parte dei nemici, aveva raccolto dall'Asia, dalle isole Cicladi, da Corcira, da Atene, dal Ponto, dalla Bitinia, dalla Siria, dalla Cilicia, dalla Fenicia e dall'Egitto una grande flotta; aveva comandato che un'altra grande flotta fosse costruita in ogni luogo, aveva preteso e ottenuto una considerevole quantità di denaro richiesta in Asia e in Siria e da tutti i re, dinasti e tetrarchi e dai liberi popoli dell'Acaia, aveva costretto le società di cavalieri delle province in suo possesso a versargli una grande quantità di denaro. [4] Aveva allestito nove legioni di cittadini romani; cinque le aveva trasportate dall'Italia, una di veterani dalla Cilicia, che chiamava ?gemella' perché formata da due legioni, una da Creta e dalla Macedonia composta di soldati veterani che, congedati da precedenti comandanti, si erano fermati in quelle province, due dall'Asia che il console Lentulo aveva fatto arruolare. Inoltre, a completamento degli effettivi, aveva distribuito fra le legioni un gran numero di soldati provenienti dalla Tessaglia, Beozia, Acaia ed Epiro; a questi aveva unito i soldati di Antonio. Oltre a queste aspettava due legioni provenienti dalla Siria con Scipione.
Aveva tremila arcieri giunti da Creta, da Sparta, dal Ponto, dalla Siria e da altre città, due coorti di frombolieri ciascuna formata di seicento uomini, e settemila cavalieri; di questi, seicento erano Galli portati da Deiotaro, cinquecento li aveva portati Ariobarzane dalla Cappadocia; circa un medesimo numero aveva procurato dalla Tracia Coto, che aveva mandato il figlio Sadala; della Macedonia ve ne erano duecento, al cui comando era Rascipoli, uomo di grande valore; cinquecento, Galli e Germani, provenivano da Alessandria ed erano fra quei gabiniani che A Gabinio lí aveva lasciato di presidio presso il re Tolomeo, e Pompeo figlio li aveva condotti con la flotta; ottocento li aveva raccolti fra i suoi servi e pastori; trecento li avevano dati dalla Gallogrecia Castore Tarcondario e Domnilao (uno era venuto di persona, l'altro aveva mandato il figlio); duecento erano stati mandati dalla Siria da Antioco Commagene, al quale Pompeo diede grandi ricompense, e di questi la maggior parte erano arcieri a cavallo. A questi aveva aggiunto Dardani, Bessi in parte mercenari in parte arruolati o volontari, e inoltre Macedoni, Tessali e uomini di altre nazioni e città; in tal modo aveva formato quel numero che sopra abbiamo detto. [5] Aveva radunato dalla Tessaglia, dall'Asia, dall'Egitto, da Creta, da Cirene e da altre regioni una grandissima quantità di frumento. Aveva deciso di svernare a Durazzo, ad Apollonia e in tutte le città marittime per impedire a Cesare di attraversare il mare e a tal fine aveva disposto una flotta su tutto il litorale. Era a capo delle navi egiziane Pompeo figlio, di quelle asiatiche D Lelio e C Triario, delle siriache C Cassio, di quelle di Rodi C Marcello e C Coponio, della flotta liburnica e achea Scribonio Libone e Marco Ottavio. M Bibulo, pur se preposto a tutte le operazioni marittime aveva tuttavia anche la direzione generale; a lui apparteneva il comando supremo.
[6] Cesare, non appena giunse a Brindisi, tenne un discorso ai soldati dicendo che, poiché si era ormai giunti al termine delle fatiche e dei pericoli, di buon animo lasciassero in Italia schiavi e bagagli e salissero sulle navi senza impedimenti in modo che un maggiore numero di soldati potesse venire imbarcato e che ponessero ogni speranza nella vittoria e nella sua liberalità; Poiché tutti insieme gli avevano gridato di comandare ciò che voleva e che avrebbero fatto di buon animo qualunque cosa avesse comandato, salpò il 4 gennaio. Come si è detto, furono imbarcate sette legioni. Il giorno dopo raggiunse la terra dei Germini. Tra le scogliere dei Cerauni e altri luoghi pericolosi trovato un posto tranquillo, temeva infatti ogni porto, poiché li credeva tutti in mano ai nemici, sbarcò i soldati dalle navi, tutte incolumi dalla prima all'ultima, presso quella località chiamata Paleste. [7] A Orico vi erano Lucrezio Vespillo e Minucio Rufo con diciotto navi asiatiche delle quali essi erano a capo per ordine di D Lelio; a Corcira vi era M Bibulo con centodieci navi. Ma quelli, non fidandosi delle proprie forze, non osarono uscire dal porto, sebbene Cesare avesse condotto di scorta in tutto solo dodici navi lunghe da guerra, fra cui quattro coperte; e Bibulo, a sua volta, dal momento che non aveva le navi in ordine per salpare e i rematori erano dispersi, non lo affrontò in tempo poiché Cesare fu visto vicino a terra prima che la notizia del suo arrivo si fosse sparsa in quei luoghi. [8] Sbarcati i soldati, Cesare rimanda nella stessa notte le navi a Brindisi perché si potessero trasportare le altre legioni e la cavalleria. A questa operazione era stato preposto il luogotenente Fufio Caleno, che doveva trasportare velocemente le legioni.
Ma le navi, che avevano preso troppo tardi il largo e non ebbero dalla loro la brezza notturna, sulla via del ritorno incontrarono una cattiva sorte. Bibulo infatti, informato a Corcira dell'arrivo di Cesare, sperando di potersi imbattere in qualche nave carica, incontrò quelle vuote; e incrociatene circa una trentina, contro di loro sfogò la rabbia dovuta alla sua negligenza e alla sua esasperazione: le incendiò tutte e nel medesimo incendio uccise marinai e comandanti delle navi, sperando di atterrire gli altri con la gravità del castigo. Compiuta questa impresa, occupò con la flotta, in lungo e in largo, gli ancoraggi e tutti i litorali da Sasone al porto di Curico e, scaglionati più scrupolosamente i corpi di guardia, egli stesso, nonostante il rigore dell'inverno pernottava sulle navi vigilando, disprezzando ogni fatica o incarico, senza aspettarsi un aiuto, pure di potere venire alle armi con Cesare. [9] Dopo la partenza delle navi liburniche dall'Illiria M Ottavio giunse a Salona con le sue navi. Qui, dopo avere sollevato i Dalmati e gli altri barbari, provocò la rottura dell'alleanza di Issa con Cesare; ma non potendo, né con preghiere né con minacce, smuovere la cittadinanza di Salona, decise di assediare la città. questa è protetta sia dalla natura del luogo sia da un colle. Ma in poco tempo i cittadini romani costruirono delle torri di legno per difendersi e non potendo opporre resistenza per l'esiguo numero di uomini, indeboliti dalle molte ferite, ricorsero al rimedio estremo e liberarono tutti i servi in età giovanile e, dopo avere tagliato i capelli di tutte le donne, fecero corde per le macchine da guerra. Ottavio, venuto a conoscenza del loro piano, cinse la città con cinque accampamenti e cominciò a incalzarla contemporaneamente con assedio e assalti.
Quelli, pur disposti a sopportare tutto, erano tormentati sopra ogni cosa dalla mancanza di viveri. Perciò mandarono ambasciatori a Cesare per chiedergli aiuto; Sostenevano da soli, come potevano, gli altri disagi. Dopo molto tempo, poiché la durata dell'assedio aveva reso i soldati di Ottavio alquanto trascurati, cogliendo il momento del mezzogiorno quando i nemici si allontanavano, disposti fanciulli e donne sulle mura, perché le abitudini quotidiane sembrassero immutate, formata una schiera con quelli che avevano da poco liberati, fecero irruzione nel più vicino degli accampamenti di Ottavio. Espugnatolo, con lo stesso impeto assalirono il secondo, quindi il terzo e il quarto e poi il quinto e cacciarono i nemici da tutti i campi e, uccisone un gran numero, costrinsero i rimanenti e lo stesso Ottavio a trovare rifugio sulle navi. Questo fu l'esito dell'assedio. E già si avvicinava l'inverno e, subìti tanti danni, Ottavio, non sperando più di espugnare la città, si ritirò a Durazzo presso Pompeo. [10] Abbiamo detto che L Vibullio Rufo, prefetto di Pompeo, era caduto due volte in potere di Cesare e da questo rimesso in libertà, una volta a Corfinio, una volta in Spagna. Cesare, per i benefici che gli aveva concesso, aveva giudicato costui idoneo per essere mandato con proposte da Cn Pompeo, per l'ascendente che su di lui, come sapeva, egli esercitava; Queste per sommi capi erano le proposte: entrambi dovevano porre fine alla loro ostinazione, deporre le armi e non tentare più a lungo la Fortuna; entrambi avevano ricevuto danni abbastanza grandi, che potevano servire di lezione e di esempio sì da temerne altri: Pompeo, scacciato dall'Italia, dopo avere perduto la Sicilia e la Sardegna e le due Spagne e centotrenta coorti di cittadini romani in Italia e Spagna; lui, Cesare, con la morte di Curione e la perdita dell'esercito africano e la resa di Antonio e dei soldati presso Curitta.
Non dovevano danneggiare se stessi e lo stato dal momento che essi con i loro guai erano prova sufficiente di quanto può la Fortuna in guerra. Era proprio questo il momento irripetibile per trattare la pace, finché tutti e due confidavano in se stessi e le forze sembravano pari; ma se per caso la Fortuna avesse fatto qualche piccola concessione a uno dei due, chi si credeva superiore non avrebbe voluto sapere di condizioni di pace, né si sarebbe contentato di parti uguali colui che confidasse di potere avere tutto. Dal momento che prima non ci si era potuti accordare, le condizioni di pace dovevano essere chieste al senato e al popolo romano. Ciò conveniva allo stato ed era opportuno che piacesse anche a loro, Se entrambi, immediatamente, alla presenza dei soldati, avessero giurato di congedare entro tre giorni l'esercito. deposte le armi e sciolte le truppe ausiliarie, nelle quali ora ponevano fiducia, di necessità entrambi avrebbero di buon animo accettato il giudizio del popolo e del senato. Affinché questa proposta potesse essere più facilmente accettata da Pompeo, avrebbe congedato tutte le sue truppe terrestri e le milizie delle città.