DE BELLO CIVILI: TRADUZIONE DEL LIBRO 01; PARAGRAFI 71-80
[71] Era il momento opportuno per condurre a buon esito l'azione.
E invero non sfuggiva a Cesare che l'esercito atterrito, subita una così grande perdita davanti agli occhi di tutti, non era in grado di opporre resistenza, soprattutto perché circondato da ogni parte dalla cavalleria, qualora si venisse alle armi in una zona aperta e piana; tutti insistevano perché attaccasse battaglia.
Luogotenenti, centurioni, tribuni dei soldati accorrevano presso di lui invitandolo a non esitare a combattere: il morale di tutti i soldati, dicevano, è altissimo.
dall'altra parte gli Afraniani in molte situazioni hanno mostrato i segni del loro timore, non sono venuti in aiuto ai loro, non sono scesi dal colle, a stento hanno sostenuto gli attacchi della cavalleria e, riunite in un solo luogo le insegne, tutti in mucchio, non badano a tenere i ranghi.
Se si temeva lo svantaggio della posizione, si avrebbe avuto la possibilità di combattere in un luogo qualsiasi, poiché di sicuro Afranio doveva scendere dalla sua altura non potendo rimanere per tanto tempo senza acqua.
[72] Cesare aveva sperato di potere portare a termine la campagna senza combattere e senza danno dei suoi, poiché aveva impedito agli avversari l'approvvigionamento.
perché dunque perdere alcuni dei suoi pur in uno scontro favorevole?Perché permettere che i suoi soldati, tanto meritevoli nei suoi confronti, venissero colpiti?Perché infine tentare la Fortuna?Tanto più che non è meno degno di un comandante vincere col senno piuttosto che con la spada.
Era mosso da pietà anche verso i concittadini che vedeva in pericolo di vita; preferiva raggiungere lo scopo con la loro incolumità e salvezza.
Tale proposito di Cesare non trovava il consenso della maggior parte dei soldati; essi invero apertamente tra di loro andavano dicendo che, se veniva sprecata una tale occasione di vittoria, quand'anche Cesare lo avesse voluto, essi non avrebbero più combattuto.
Cesare persiste nel suo parere e si allontana un po' da quel luogo per attenuare il timore dei nemici.
Petreio e Afranio, presentatasi l'opportunità, fanno ritorno nell'accampamento.
Cesare, disposti dei presidi sui monti, impedito ogni passaggio verso l'Ebro, pone il suo accampamento ben fortificato il più vicino possibile a quello dei nemici.
[73] Il giorno successivo i capi degli avversari, assai sconvolti perché avevano perduto ogni speranza di potere fare approvvigionamenti e di raggiungere il fiume Ebro, si consultano su ciò che rimaneva da fare.
Vi era una strada, se volevano, per ritornare a Ilerda, un'altra per raggiungere Tarragona.
Mentre stavano deliberando su ciò viene riferito che i cercatori di acqua sono incalzati dalla nostra cavalleria.
Saputa la cosa, predispongono numerosi posti di guardia di cavalleria e di truppe ausiliarie e fra di essi collocano coorti di legionari; incominciano a costruire un vallo dall'accampamento in direzione delle sorgenti per potersi procurare acqua entro la fortificazione, senza paura e senza creare posti di guardia.
Petreio e Afranio si dividono fra di loro il lavoro e per portare a compimento l'opera si allontanano alquanto dall'accampamento.
[74] Alla loro partenza i soldati, colta la possibilità di avere colloqui con i nostri, escono in massa e ognuno cerca e chiama chi nell'accampamento di Cesare conosceva o aveva compaesano.
Per prima cosa tutti quanti ringraziano tutti i Cesariani poiché il giorno precedente, mentre erano atterriti, li avevano risparmiati: sono in vita grazie a loro.
Quindi chiedono se potevano fidarsi del comandante, se avrebbero fatto bene a consegnarsi a lui e si dolgono di non averlo fatto dall'inizio e di avere portato le armi contro amici e parenti.
Incoraggiati da questi discorsi, chiedono a Cesare che Petreio e Afranio abbiano salva la vita, perché non sembrasse che avessero macchinato delle azioni delittuose contro di loro né li avessero traditi.
Rassicurati su tali punti, garantiscono di portare subito le insegne dalla parte di Cesare e gli inviano come ambasciatori i centurioni dei primi ordini per trattare la pace.
Intanto, in seguito a inviti reciproci, gli uni conducono nel loro accampamento gli amici, gli altri vengono chiamati fuori dai loro conoscenti, sicché i due accampamenti sembravano essere ora uno solo; parecchi tribuni militari e centurioni si recano da Cesare e a lui si raccomandano.
lo stesso avviene da parte dei capi spagnoli che gli Afraniani avevano fatto venire presso di sé e che tenevano nell'accampamento come ostaggi.
Costoro andavano cercando i loro parenti e ospiti per avere ognuno, tramite essi, modo di raccomandarsi a Cesare.
Anche il giovane figlio di Afranio, per intermediazione dell'ambasciatore Sulpicio, trattava con Cesare della propria salvezza e di quella del padre.
Ovunque vi erano manifestazioni di gioia e testimonianze di gratitudine, da parte di chi aveva evitato pericoli così gravi e da parte di chi pensava di avere concluso un'impresa così importante senza danno; A giudizio di tutti, ora Cesare riceveva un importante frutto della sua moderazione del giorno precedente; da tutti quanti la sua decisione di non combattere veniva approvata.
[75] Afranio, venuto a sapere di tali avvenimenti, lascia l'opera iniziata e rientra nell'accampamento, pronto, come sembrava, a sopportare di buon animo qualunque accidente gli fosse capitato.
Petreio invece non si scoraggia.
Arma la gente del suo seguito; con costoro e con la coorte pretoria dei cetrati e con pochi cavalieri barbari, suoi beneficiari, che era solito tenere a guardia della sua persona, vola all'improvviso verso il vallo, interrompe i discorsi dei soldati, allontana i nostri dall'accampamento, uccide quelli che cattura.
I rimanenti dei nostri si radunano e, spaventati dall'improvviso pericolo, avvolgono il braccio sinistro nel mantello e impugnano le spade e così si difendono dai cetrati e dai cavalieri,confidando nella vicinanza del campo e si ritirano nell'accampamento e vengono difesi da quelle coorti che erano di guardia presso le porte.
[76] Compiuto ciò, Petreio in lacrime passa da un manipolo all'altro e chiama i soldati per nome, li scongiura di non lasciare in balia degli avversari né lui né Pompeo, il loro comandante assente.
Prontamente vi è un affollamento di soldati davanti alla tenda pretoria.
Petreio chiede che tutti giurino di non tradire e di non abbandonare l'esercito e i comandanti e di non prendere decisioni, ciascuno per sé, separatamente dagli altri.
Egli stesso per primo pronuncia la formula del giuramento; fa prestare lo stesso giuramento ad Afranio; seguono i tribuni militari e i centurioni; i soldati, fatti avanzare per centurie, fanno il medesimo giuramento.
Ordinano che chiunque abbia presso di sé soldati di Cesare li presenti; al cospetto di tutti uccidono davanti alla tenda pretoria coloro che sono stati consegnati.
Ma i più vengono nascosti da coloro che li avevano accolti e di notte vengono fatti scappare attraverso la trincea.
Così il terrore cagionato dai capi, la crudeltà del massacro, il nuovo vincolo del giuramento portarono via la speranza di una resa immediata, mutarono l'animo dei soldati e ricondussero la situazione alla fase di prima: la guerra.
[77] Cesare ordina di ricercare con grande cura e rimettere in libertà i soldati nemici che erano giunti a colloquio nel suo accampamento.
Ma tra i tribuni militari e i centurioni alcuni di propria volontà rimasero presso di lui.
In seguito Cesare li tenne in grande considerazione; diede ai centurioni i più alti gradi e ai cavalieri romani la dignità tribunicia.
[78] Gli Afraniani erano tormentati dalla mancanza di foraggio, a stento riuscivano ad approvvigionarsi di acqua.
I legionari avevano una certa quantità di frumento, poiché era stato dato loro ordine di condurre da Ilerda viveri per otto giorni, i cetrati e gli ausiliari non ne avevano per niente, perché avevano pochi mezzi per procurarlo e un fisico non abituato a portare pesi.
E così ogni giorno un gran numero di loro trovava rifugio da Cesare.
La situazione si trovava in tale punto critico.
Ma delle due proposte presentate sembrava migliore quella di ritornare a Ilerda, poiché qui avevano lasciato un po' di frumento.
Confidavano di prendere colà altre decisioni.
Tarragona distava troppo; comprendevano che in quel viaggio potevano capitare molti imprevisti.
Approvato quel piano, partono dal campo.
Cesare manda innanzi la cavalleria per raggiungere e trattenere la retroguardia e di persona tiene dietro con le legioni.
Non v'era un momento in cui gli ultimi della retroguardia non venissero attaccati dai cavalieri.
[79] Si combatteva in questo modo.
le coorti armate alla leggera chiudevano la retroguardia e nei luoghi piani la maggior parte di esse si fermava.
Se si doveva salire un monte, la natura stessa del luogo facilmente allontanava il pericolo, poiché dai luoghi superiori quelli che erano andati innanzi proteggevano i compagni durante la salita; quando erano vicini a una valle o a un pendio, coloro che erano innanzi non potevano portare aiuto a quelli che rimanevano indietro; allora la cavalleria, da luoghi più elevati, lanciava dardi alle spalle dei nemici e la situazione era di grande pericolo.
Quando ci si avvicinava a posti di tal fatta, non rimaneva che ordinare alle legioni di fermarsi e respingere la cavalleria con grande impeto e, una volta allontanatala, subito di gran corsa precipitarsi tutti insieme nelle valli e così, dopo averle attraversate, di nuovo fermarsi su alture.
Infatti non solo non potevano avere aiuto dalla loro cavalleria, sebbene numerosa, ma, atterrita com'era dai precedenti scontri, la tenevano in mezzo alle file e per di più la dovevano difendere; nessun cavaliere poteva uscire dalla linea di marcia senza essere catturato dalla cavalleria di Cesare.
[80] Quando si combatte in tale modo, si avanza lentamente, per brevi tratti e spesso ci si ferma per recare aiuto ai compagni; e così avvenne allora.
Infatti, dopo essere avanzati quattro miglia, incalzati senza tregua dalla cavalleria nemica, occupano un monte elevato e qui, senza levare neppure il bagaglio ai giumenti, pongono il campo, fortificandolo solo dal lato verso il nemico.
Quando s'accorsero che Cesare aveva posto il campo e innalzate le tende e inviata la cavalleria a cercare foraggio, essi, verso mezzogiorno, all'improvviso si precipitano fuori e, sperando in una tregua per l'allontanamento della nostra cavalleria, incominciano a mettersi in marcia.
Cesare, accortosi della cosa, li insegue con le legioni che si erano riposate e lascia poche coorti di guardia ai bagagli; dà ordine di seguirlo alle ore sedici e di richiamare i foraggiatori e la cavalleria.
Subito la cavalleria ritorna al suo quotidiano lavoro di disturbo durante la marcia.
Si hanno accaniti combattimenti con la retroguardia sicché questa quasi si dà alla fuga e parecchi soldati, e anche alcuni centurioni, vengono uccisi.
L'esercito di Cesare incalzava e, tutto insieme, stava addosso al nemico.