Traduzione De bello civili, Cesare, Versione di Latino, Libro 01; 21-30

Traduzione in italiano del testo originale in latino del Libro 01; paragrafi 21-30 dell'opera De bello civili di Giulio Cesare

Traduzione De bello civili, Cesare, Versione di Latino, Libro 01; 21-30
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DE BELLO CIVILI: TRADUZIONE DEL LIBRO 01; PARAGRAFI 21-30

[21] Venuto a conoscenza di questi fatti, Cesare, sebbene giudicasse di grande interesse impadronirsi al più presto della postazione e trasferire nel proprio accampamento le legioni colà stanziate, per evitare che o elargizioni o pressioni o false notizie facessero mutare volere (infatti in guerra spesso da avvenimenti di poco conto nascono grandi pericoli), temendo tuttavia che l'ingresso dei soldati, con il favore della notte, agevolasse il saccheggio della città, colma di lodi gli ambasciatori che erano da lui giunti, li rimanda in città, dà loro ordine di vigilare porte e mura.Egli stesso dispone i soldati su quelle strutture di fortificazione che aveva fatto costruire, non a intervalli prestabiliti, secondo la consuetudine dei giorni precedenti, ma con distaccamenti di sorveglianza continua, vicini gli uni agli altri per garantire una totale protezione; fa svolgere servizio di pattuglia ai tribuni dei soldati e ai prefetti con l'incarico non solo di ostacolare sortite, ma anche di stare in guardia contro sortite clandestine di singoli individui. E in verità quella notte nessuno di loro fu così trascurato o ignavo da dormire. E tanto grande era l'attesa di come sarebbero andate a finire le cose che ciascuno con la mente e con il desiderio si volgeva a opposti pensieri e si chiedeva che cosa sarebbe accaduto agli abitanti stessi di Corfinio, a Domizio, a Lentulo, a tutti gli altri e quale destino sarebbe toccato a ciascuno.[22] Sul finire della notte Lentulo Spintere, dall'alto delle mura, dice alle sentinelle e alle nostre guardie di volere, se possibile, incontrare Cesare.Concesso il permesso, lo lasciano uscire dalla città; i soldati di Domizio non si allontanano da lui finché non giunge al cospetto di Cesare.Con lui inizia a trattare la propria salvezza; lo prega e lo scongiura di risparmiarlo, gli ricorda l'antica amicizia e passa in rassegna i benefici, per altro veramente grandi, ricevuti da Cesare: grazie al suo aiuto era entrato nel collegio dei pontefici, dopo la pretura aveva ottenuto la provincia di Spagna, era stato sostenuto nella candidatura al consolato.Cesare interrompe le sue parole: gli ricorda che è uscito dalla sua provincia non per fare del male, ma per difendersi dalle ingiurie degli avversari, per ristabilire nei loro poteri i tribuni della plebe cacciati dalla città in quell'occasione, per vendicare se stesso e il popolo romano, la cui libertà era stata soffocata da un pugno di fanatici. Lentulo, rinfrancato dalle sue parole, chiede il permesso di tornare in città: assicura a Cesare che anche per gli altri sarà di conforto e speranza l'avere egli ottenuto da lui grazia; lo informa che alcuni sono così atterriti da arrivare a darsi la morte.Ottenuto il permesso, si allontana.[23] Alle prime luci, Cesare ordina che dinanzi a lui siano condotti tutti i senatori e i loro figli, i tribuni dei soldati e i cavalieri romani. Appartenevano all'ordine senatorio L Domizio, P Lentulo Spintere, L Cecilio [Spintere] Rufo, il questore Sex Quintilio Varo, L Rubrio; vi erano inoltre il figlio di Domizio e moltissimi altri giovinetti e un gran numero di cavalieri romani e di decurioni che Domizio aveva fatto venire dai municipi.

Li fa condurre tutti davanti a sé e proibisce ai soldati di insultarli e beffeggiarli; rivolge poche parole, lamentando che da parte loro non è stata dimostrata gratitudine per i grandissimi favori che egli ha loro fatto; li congeda lasciandoli tutti incolumi.I sei milioni di sesterzi, che Domizio aveva portato e depositato nella cassa pubblica, consegnati a Cesare dai duumviri di Corfinio, vengono restituiti a Domizio; Cesare non voleva infatti apparire più equilibrato nei confronti della vita degli uomini che nei confronti del denaro, pur consapevole che quello era denaro dello stato, dato a Domizio da Pompeo per la paga dei soldati. Ordina ai soldati di Domizio di giurargli fedeltà e, lo stesso giorno, muove l'accampamento e, dopo una sosta a Corfinio, in tutto sette giorni, si mette in cammino marciando a ritmo regolare e, attraversato il territorio dei Marrucini, dei Frentani, dei Larinati, giunge in Puglia.[24] Pompeo, venuto a conoscenza dei fatti accaduti a Corfinio, da Lucera va a Canosa e di qui a Brindisi.Fa radunare da ogni parte presso di sé tutte le truppe formate dai nuovi coscritti; arma servi e pastori; fornisce loro cavalli; con essi mette insieme circa trecento cavalieri.Il pretore L Manlio fugge via da Alba con sei coorti, il pretore Rutilio Lupo con tre da Terracina; quando queste truppe vedono da lontano la cavalleria di Cesare, comandata da Vibio Curio, abbandonato il pretore, portano le insegne dalla parte di Curio e passano sotto il suo comando. Parimenti nelle tappe successive, alcune coorti si imbattono nell'esercito di Cesare, altre nella sua cavalleria. N Magio, di Cremona, comandante del genio dell'esercito di Pompeo, fatto prigioniero durante la marcia, viene condotto al cospetto di Cesare. Egli lo rimanda da Pompeo con queste proposte: poiché fino a quel momento non era stato possibile un colloquio ed egli stesso stava per giungere a Brindisi, nell'interesse dello stato e per la salvezza di tutti era necessario che egli incontrasse Pompeo; invero, quando, costretti da grande distanza, si conducono negoziati tramite altre persone, le cose procedono ben diversamente da quando la discussione avviene direttamente.[25] Inviate queste proposte, Cesare giunse a Brindisi con sei legioni, tre di veterani e le altre formate dalle nuove leve e completate durante la marcia; infatti aveva subito mandato da Corfinio in Sicilia le coorti di Domizio. Venne a conoscenza che i consoli erano partiti con gran parte dell'esercito alla volta di Durazzo e che Pompeo era a Brindisi con venti coorti; ma non aveva potuto sapere con sicurezza se Pompeo era rimasto per mantenere in suo possesso Brindisi, per avere con più facilità il controllo di tutto il mare Adriatico, a partire dalle estreme parti dell'Italia e dai territori della Grecia, ed essere in grado di condurre la guerra dai due fronti, o se qui si era fermato per carenza di navi; Cesare, nel timore che Pompeo non avesse intenzione di lasciare l'Italia, stabilì di bloccare ogni via d'uscita e il libero uso del porto di Brindisi.

Questo era il piano dell'operazione. Dall'una e dall'altra estremità del litorale, nel punto in cui l'imboccatura del porto era più stretta, faceva innalzare un molo e un argine, perché il mare in quel tratto era poco profondo. Man mano che ci si allontanava da quei due punti, non potendo essere costruito un terrapieno per la maggiore profondità dell'acqua, faceva collocare, in continuazione della diga, coppie di zattere della larghezza di trenta piedi per lato.Le faceva fissare con quattro ancore, una da ciascun lato, perché non venissero spostate dai flutti.Una volta completate e messe al loro posto queste zattere, ne faceva successivamente aggiungere altre di pari grandezza. Le faceva riempire di terra e di altro materiale, affinché fosse possibile passarvi sopra e accorrere alla difesa. faceva proteggere la parte frontale ed entrambi i fianchi con graticci e palizzate; sopra ogni quarta zattera faceva innalzare una torre di due piani per una migliore difesa contro l'abbordaggio e gli incendi.[26] In risposta a questi preparativi, Pompeo faceva allestire grandi navi da carico, prese nel porto di Brindisi. Su di esse faceva innalzare torrette a tre piani e, riempitele con molte macchine da guerra e con ogni genere di armi, le lanciava contro i lavori di sbarramento, che Cesare stava facendo, per distruggere le zattere e fare azione di disturbo.Così ogni giorno da entrambe le parti si combatteva da lontano con fionde, frecce e altri tipi d'arma.Cesare, pur dirigendo queste operazioni, non credeva tuttavia che si dovessero interrompere le trattative di pace; Sebbene si stupisse molto che Magio, inviato a Pompeo con le sue proposte, non gli venisse rimandato e sebbene i reiterati tentativi di pace rallentassero il suo slancio e i suoi piani, tuttavia giudicava di dovere perseverare con ogni mezzo in quel proposito. E così manda il luogotenente Caninio Rebilo, intimo e parente di Scribonio Libone, a parlare con costui; gli affida l'incarico di esortare Libone a essere mediatore di pace; chiede sopra tutto di potere avere un colloquio con Pompeo; sottolinea di avere piena fiducia che, se ciò sarà possibile, si metterà fine alla guerra con giuste trattative.fa presente che, se si porrà fine alle armi per l'intercessione e l'intervento di Libone, egli conseguirà grande parte di gloria e onore. Libone, dopo l'abboccamento con Caninio, parte per andare da Pompeo. Poco dopo riferisce che, essendo andati via i consoli, senza di essi non è possibile iniziare una trattativa. E così Cesare, dopo avere troppe volte invano tentato di giungere alla pace, ritiene di dovere finalmente abbandonare tale proposito e pensare alla guerra. [27] Cesare ha quasi terminato metà dei suoi lavori, gli erano serviti nove giorni, quando fanno ritorno a Brindisi, rimandate dai consoli, le navi che avevano trasportato a Durazzo la prima parte dell'esercito. Pompeo, o scoraggiato dai lavori di Cesare o perché sin da subito aveva deciso di lasciare l'Italia, all'arrivo delle navi incomincia a preparare la partenza e, per ritardare con più facilità l'attacco di Cesare, fa murare le porte per evitare che i soldati, al momento stesso della partenza, facciano irruzione in città, fa barricare le vie e le piazze, fa scavare fosse attraverso le vie e vi fa collocare pali e tronchi con la punta aguzza.Livella il terreno facendo coprire i buchi con terra e sottili graticci; infine con grandissime travi dalla punta aguzza, fissate al suolo, sbarra le vie d'accesso e le due strade che al di qua delle mura portavano al porto.

Fatti questi preparativi, ordina ai soldati di imbarcarsi in silenzio; dispone poi sulle mura e sulle torri a distanza gli uni dagli altri soldati armati alla leggera, scegliendoli fra gli arcieri e i frombolieri richiamati in servizio. Dà disposizione che si ritirino a un segnale convenuto, quando tutti i soldati si sono imbarcati: e lascia loro, in un posto di facile accesso, imbarcazioni leggere e veloci.[28] Gli abitanti di Brindisi, risentiti per il comportamento sprezzante di Pompeo e per i soprusi dei suoi soldati, stavano dalla parte di Cesare.E così, venuti a sapere della partenza di Pompeo, mentre tutti correvano qua e là impegnati in quel preparativo, mandavano ovunque segnali dai tetti.Cesare, venuto a conoscenza di ciò che accadeva grazie a loro, dà ordine di preparare delle scale e di armare i soldati, per non perdere l'opportunità di intervenire. Pompeo sul fare della notte salpa. I soldati che erano stati posti di guardia sulle mura vengono richiamati al segnale convenuto e, per il percorso stabilito, si precipitano sulle navi. I soldati, collocate le scale, salgono sulle mura, ma avvertiti dagli abitanti di Brindisi di fare attenzione alla palizzata nascosta e alle fosse, si fermano e, guidati da loro su un percorso più lungo, arrivano al porto e, raggiunte con barche e zattere due navi piene di soldati che si erano incagliate sul molo fatto costruire da Cesare, se ne impadroniscono.[29] Cesare, pur ritenendo di grande importanza per il compimento della sua impresa riunire una flotta, attraversare il mare e inseguire Pompeo prima che costui potesse fare affidamento su aiuti di oltre mare, temeva tuttavia la lentezza di quella operazione, che necessitava di gran tempo, poiché Pompeo gli aveva tolto per il momento la possibilità di inseguirlo avendo egli già fatto incetta di tutte le navi. Non rimaneva che attendere le navi provenienti dalle più lontane regioni della Gallia e del Piceno e dallo stretto di Messina. E, data la stagione, la cosa sembrava lunga e difficile. Inoltre Cesare non voleva che, durante la sua assenza, si rinforzassero l'esercito veterano di Pompeo e le due Spagne, una delle quali era molto legata a Pompeo per i grandissimi favori ricevuti, che venissero organizzate truppe ausiliarie e una cavalleria e che si cercasse di sollevare l'Italia e la Gallia.[30] E così per il momento Cesare tralascia di inseguire Pompeo; decide di partire alla volta della Spagna; ordina ai duumviri di ogni municipio di procurarsi delle navi e farle pervenire a Brindisi. Manda in Sardegna con una legione il luogotenente Valerio, in Sicilia il propretore Curione con tre legioni; gli ordina, non appena presa la Sicilia, di trasportare subito in Africa l'esercito. M Cotta governava la Sardegna, M Catone la Sicilia; l'Africa era toccata in sorteggio a Tuberone.Gli abitanti di Cagliari,di propria iniziativa, non appena seppero che da loro era stato inviato Valerio, e prima ancora che egli lasci l'Italia, cacciano dalla città Cotta.Costui, atterrito perché capiva che tutta la provincia la pensava allo stesso modo, fugge dalla Sardegna in Africa.

In Sicilia Catone faceva riparare vecchie navi da guerra, e ne richiedeva delle nuove alle città. Lavorava con grande impegno. In Lucania e nel Bruzzio faceva leve di cittadini romani tramite i suoi luogotenenti; esigeva dalle città della Sicilia un certo numero di cavalieri e fanti. Quando queste operazioni erano quasi compiute, Catone, venuto a conoscenza dell'arrivo di Curione, in una adunanza pubblica si lamenta di essere stato abbandonato e tradito da Cn Pompeo che, senza alcun preparativo, aveva intrapreso senza necessità una guerra e, alle sue domande e a quelle del senato, aveva assicurato di avere preparato e predisposto tutto all'uopo.Dopo essersi così lamentato in assemblea, fugge via dalla provincia.

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