Traduzione Apologia, Apuleio, Versione di Latino, parte 01-03
Traduzione in italiano del testo originale in latino, parte 01-03, dell'opera Apologia di Apuleio
APOLOGIA: TRADUZIONE DELLA PARTE 01-03
[I] Io ero certo e ritenevo per vero, o Massimo Claudio e voi Signori del Consiglio, che Sicinio Emiliano, vecchio di famigerata audacia, a sostenere l'accusa contro di me, prima dinanzi a te intentata che dentro di sé meditata, si sarebbe valso, in mancanza di positive imputazioni, di un cumulo di ingiuriose calunnie, qualsiasi innocente può essere diffamato, ma convinto di reità non può essere che un colpevole. E in questo solo pensiero confidando, mi rallegro che dinanzi a un giudice come te mi sia data ampia facoltà di difendere presso gli ignoranti la filosofia e discolpare me stesso; in verità codeste calunnie, gravi al primo aspetto, sorte così all'improvviso, hanno accresciuto la difficoltà della difesa. Come ricordi, sono quattro o cinque giorni, da che avevo cominciato a difendere nell'interesse di mia moglie Pudentilla la causa contro i Granii, quando, seguendo un loro piano, inaspettatamente gli avvocati di Emiliano mi assalgono con invettive accusandomi di magici malefìci e per ultimo della morte di Ponziano mio figliastro.Comprendevo che non erano queste vere e proprie imputazioni prodotte in giudizio, ma schiamazzi ingiuriosi di litiganti: appunto per questo li sfidai, con insistenti richieste, a presentare l'accusa. E qui Emiliano, vedendo che anche tu eri sdegnato e che dalle parole si passava ormai a un'azione giudiziaria, si smarrì e cominciò a cercare un rifugio alla sua temerità. [II] Egli, che poco prima andava gridando ai quattro venti che Ponziano, il figlio di suo fratello, era stato ucciso da me, appena è sollecitato a sottoscrivere l'accusa, subito se ne scorda: della morte del giovane parente neppure una parola.Ma per non sembrare di avere in tutto desistito dalla determinazione di così grave reato, la calunnia di magia, dove è più facile incolpare che provare, questa sola preferì serbare all'accusa. Ma neppure di questo ardiva farsi responsabile; il giorno dopo presenta una querela scritta in nome di mio figliastro Sicinio Pudente, un minorenne, e appone il suo nome come assistente, secondo la bella novità di perseguitare in giudizio a nome altrui; naturalmente perché mettendo innanzi un ragazzo, egli potesse sfuggire alla pena di calunnia. E tu, con il tuo finissimo accorgimento avvertisti la cosa e lo esortasti per la seconda volta a sostenere in proprio nome l'accusa, promise di farlo, ma nemmeno così fu possibile trascinarlo qui a lottare di persona e, ribellandosi alla tua stessa autorità, egli saetta le calunnie da lontano. Tante volte fuggiasco dinanzi alla pericolosa responsabilità dell'accusatore, ha perseverato nello scusabile ufficio dell'assistente. Così prima ancora che il dibattimento fosse iniziato, chiunque poteva facilmente capire che razza di accusa sarebbe stata quella di cui temeva farsi legale promotore proprio colui che ne era stato il maestro e il macchinatore: specialmente un uomo come Sicinio Emiliano, il quale, se avesse scoperto una qualche prova contro di me non avrebbe davvero esitato a chiamare in giudizio per tanti e così gravi delitti un uomo estraneo a lui: lui che ha impugnato di falso il testamento dello zio pur sapendone l'autenticità, e con tale ostinatezza che, allorquando l'illustrissimo Lollio Urbico, su parere dei consolari, ebbe dichiarato quel testamento autentico e valido, questo mentecatto, contro una sentenza profferita da così alto personaggio, osò giurare tuttavia che quell'atto sì, era falso: e a fatica Lollio Urbico si trattenne dal rovinarlo.
[III] E un simile decreto, confidando nella tua equità e nella mia innocenza, spero risonerà pure in questo processo, contro un uomo il quale, convinto di mendacio in una causa di gran conto dinanzi al prefetto di Roma, può adesso con più facilità accusare di proposito un innocente. Un onest'uomo, quando abbia peccato una volta, si guarda bene dal ricadere; ma chi ha malvagia natura più sfacciatamente ricomincia: e via via che crescono i delitti, cresce l'impudenza. Perché il pudore, come la veste, più è logoro, tanto più è trascurato. E appunto perché il mio pudore è rimasto intatto, prima che io cominci a discutere la lite, ritengo necessario confutare le maldicenze. Non soltanto la mia causa io difendo, ma anche quella della filosofia, la cui maestà respinge come gravissima imputazione anche il più lieve biasimo, gli avvocati di Emiliano hanno testé buttato fuori con prezzolata loquacità tante e tante calunniose invenzioni contro la mia persona ed altre più generiche use a dirsi contro i filosofi. Codeste loro ciance, benché possano apparire utilmente rimunerate e compensate con la paga dovuta all'impudenza, essendo ormai costume di codesti cavalocchi prestare all'altrui rancore il veleno della propria lingua, pure nell'interesse della mia causa devo brevemente rispondere loro perché, se io, che ho tanto scrupolo nell'evitare la benché minima macchia della mia vita, avrò trascurato qualcuna delle loro frivole insinuazioni, non si debba credere che l'abbia accettata per vera anziché disprezzata. E pudore e la verecondia, siccome penso, devono mal sopportare perfino il falso vituperio, anche quelli che hanno coscienza del delitto commesso, nel sentirsi biasimati provano emozione e collera, benché da quando cominciarono a mal fare dovettero assuefarsi al biasimo, perché se anche gli altri tacciono, essi hanno ugualmente coscienza della loro riprovevole colpa; con più ragione l'uomo buono e innocente che ha le orecchie inesperte e nuove al biasimo ed è per consuetudine di lode non avvezzo alla contumelia, si contrista che gli sian dette tante di quelle cose che egli stesso potrebbe veracemente rimproverare agli altri.Se dunque sembrerà che io abbia voluto scolparmi da frivolezze e da inezie, ciò sia rivolto a discapito di coloro che vergognosamente anche tali cose hanno imputato, e non sia data colpa a me che onestamente anche tali cose confuterò.