Traduzione Ad Attico, Cicerone, Versione di Latino, Libro 03; 07
Traduzione in italiano del testo originale in Latino del Libro 03; paragrafo 07 dell'opera Epistulae ad Atticum di Cicerone
AD ATTICO: TRADUZIONE DEL LIBRO 03; PARAGRAFO 07
Sono arrivato a Brindisi il 17 aprile; quel giorno stesso i tuoi servi mi hanno consegnato una tua lettera e altri due giorni dopo un'altra lettera. Quanto mi chiedi ed esorti a fare, cioè di alloggiare da te in Epiro, e un segno per me non nuovo e carissimo della tua cortesia. Sarebbe per me la più gradita delle risoluzioni se mi fosse concesso di trascorrere lì quanto mi resta da vivere: detesto infatti i luoghi frequentati, fuggo la gente, vedere ancora la luce del sole è uno sforzo; un simile romitaggio, specie in luoghi che mi sono familiari, non mi sarebbe amaro; ma a considerarlo una deviazione dal mio cammino, prima di tutto e fuori mano, poi a quattro giorni di marcia da Autronio e dagli altri della sua risma, poi senza di te.Una piazzaforte mi sarebbe stata utile come residente, come ospite di passaggio non è necessaria. Se avessi l'energia sufficiente andrei ad Atene.Le cose si erano realmente messe in modo da incoraggiarmi. Ora anche lì ci sono miei nemici, non ho te e ho timore che, nella loro valutazione, neanche quel paese sia abbastanza lontano dall'Italia; inoltre non mi scrivi per quale giorno dovrei aspettarti. [2] Con il tuo invito a vivere ottieni soltanto di distogliermi dal suicidio, non puoi pero evitare che mi penta della mia decisione di vivere. Per quale motivo infatti dovrei persuadermi del contrario, specialmente se e venuta a cadere quella speranza che mi accompagnava al momento della partenza? Non intendo numerare tutte le disgrazie che mi sono occorse per colpa delle inique macchinazioni non tanto dei miei avversari quanto degli invidiosi: questo significherebbe riaprire la piaga e obbligarti di nuovo a soffrire anche te; ma proclamo a chiare lettere che nessuno mai ha subito una disgrazia cosi grande, che nessuno avrebbe avuto più ragione di augurarsi la morte. II momento per affrontarla nel modo più dignitoso e stato fatto cadere, il resto dei miei giorni serve non tanto a lenire il dolore, quanto a misurarne la fine. [3] Circa la situazione politica, vedo che tu raccogli ogni indizio che ti sembri utile a infondermi una qualche speranza di cambiamento. Sebbene siano indizi piuttosto labili, se tuttavia sono queste le tue conclusioni aspettiamone pure l'esito.Tu però, nonostante tutto, se ti affretti puoi raggiungermi: o mi avvicinerò all'Epiro o andrò piano piano attraverso le montagne dell'Illiria. L'incertezza sull'Epiro non dipendeva poi dalla mia volubilità, ma perché non sapevo dove avrei potuto incontrarmi di nuovo con mio fratello: e a tutt'oggi non so ne in che modo riuscirò a vederlo né se mi toccherà abbandonarlo. Che sarebbe il colmo dell'infelicità fra tutte le mie disgrazie. Ti scriverei più di frequente e di più cose se la mia afflizione, come mi ha privato di tutte le mie facoltà intellettuali, cosi soprattutto non mi avesse tolto questo tipo di capacita.
Ho nostalgia di vederti. Prenditi cura della tua salute. Brindisi, 30 aprile.