Traccia svolta di Scienze umane | Seconda prova maturità 2019

Traccia svolta di scienze umane per la seconda prova della maturità 2019. Ecco la soluzione svolta da una tutor per la prima e la seconda parte

Traccia svolta di Scienze umane | Seconda prova maturità 2019
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TRACCIA SVOLTA SECONDA PROVA MATURITÀ 2019

Dalle 8:30 di questa mattina i maturandi sono alle prese con lo svolgimento delle tracce della seconda prova 2019 scelte dal MIUR. Tra questi, anche gli studenti del liceo scienze umane, che si sono trovati di fronte un testo, molto apprezzato, su Don Milani.

TRACCIA SECONDA PROVA 2019 SCIENZE UMANE, PRIMA PARTE

Il 1962 segna, con l’entrata in vigore della legge n. 1859, la nascita della scuola media unica; forse, la riforma scolastica più importante del secondo dopoguerra.

Come ha messo in evidenza Santamaita, infatti, fino ai primi anni Sessanta la scuola pubblica italiana era rimasta segnata da profonde diseguaglianze e disparità socio-culturali. Al termine della scuola elementare, dunque già alla precoce età di 10-11 anni, il percorso scolastico degli studenti e delle studentesse italiane si divideva inesorabilmente. Il “doppio binario” separava, cioè, un percorso professionale mirato al lavoro e un percorso culturale superiore, segnato dall’insegnamento del latino: vera e propria barriera linguistico-culturale.

L’idea di una scuola media unica, per tutti, nasceva dall’esigenza di garantire ai giovani una formazione in grado di colmare gli svantaggi iniziali, legati alla condizione socio-culturale di appartenenza. In tal modo, la scuola rispondeva al dettato costituzionale che prevedeva l’istruzione di base come obbligatoria e gratuita, e operava nell’esplicita ottica di una redistribuzione delle risorse culturali di partenza, a favore di una maggior eguaglianza sociale.

D’altra parte, anche dopo la riforma, la scuola non ha smesso di essere un luogo di riproduzione delle diseguaglianze sociali, come denuncia Don Milani in Lettera a una professoressa. La scuola pubblica non riesce a rispettare la Costituzione – scrive insieme ai ragazzi di Barbiana – perché non combatte la dispersione scolastica. Chi è povero spesso abbandona gli studi e la scuola non fa abbastanza per impedirlo. Anzi, se ne dimentica in fretta, preferendo concentrarsi su chi fin dalla nascita ha avuto possibilità di accedere alla cultura, su chi “appartiene alla ditta”, dimostrando così di avere “più in onore la grammatica che la Costituzione”.

Nonostante l’introduzione della scuola media unica, che rimane comunque una riforma decisiva, si può affermare con Don Milani che l’impegno volto a ridurre le diseguaglianze sociali nella scuola e attraverso l’istruzione non è finito. Seppur molto cambiato, il paesaggio della scuola italiana continua a essere attraversato da emergenze educative, come ad esempio nel fenomeno delle seconde generazioni, che pone la scuola di fronte all’esigenza di riconvertire l’accesso all’istruzione di base in un’ottica interculturale che sappia valorizzare la pluralità e la diversità delle lingue e delle culture, senza commettere gli stessi errori già segnalati da Don Milani.

TRACCIA SECONDA PROVA 2019 SCIENZE UMANE, SECONDA PARTE

Risposta a due dei quattro quesiti proposti:

  1. Quali sono le caratteristiche e le differenze esistenti tra metodi competitivi e collaborativi?

I metodi di apprendimento competitivi privilegiano le tradizionali modalità dell’insegnamento frontale e dello studio individuale. I metodi collaborativi (cooperative learning), invece, propongono come modello il lavoro di gruppo (perlopiù la suddivisione delle classi in piccoli gruppi) e la cooperazione tra studenti.

Nell’apprendimento competitivo lo scopo è eccellere individualmente a discapito degli altri: il successo di uno corrisponde al fallimento degli altri (considerati non come gruppo, ma come insieme di individui). Nell’apprendimento collaborativo, al contrario, le conquiste sono tali solo se condivise: il successo di uno è il successo di tutti. L’obiettivo, allora, è accrescere le competenze condividendole. Come è emerso da recenti studi pedagogici e didattici, i vantaggi dell’apprendimento collaborativo, risiedono nella sua inclusività e nel fatto che contribuisce a sviluppare le competenze sociali e il pensiero creativo, in misura maggiore rispetto al modello competitivo.  

  1. Esiste una relazione tra scuola e mobilità sociale?

La mobilità sociale è il fenomeno che descrive il passaggio di individui e gruppi da uno status sociale a un altro e mette in evidenza il grado di stratificazione e porosità di una società. Poiché la scuola è una fondamentale agenzia di socializzazione, può svolgere un importante ruolo nel consentire una mobilità sociale ascendente. D’altra parte, questa relazione tra scuola e mobilità sociale non è scontata. Dipende, infatti, da come è strutturato e organizzato il sistema scolastico. Nel caso italiano, come evidenzia Santamaita, è stato necessario attendere la riforma della scuola media unica del 1962 per poter ridurre le disparità sociali, garantendo un accesso più egualitario all’istruzione di base, e incidere positivamente sulla mobilità sociale.

  1. Che cosa si intende con l’espressione “dispersione scolastica”?

Con l’espressione “dispersione scolastica” si indica il fenomeno di frequenza saltuaria o di abbandono della scuola da parte di ragazzi in età scolare. La lotta contro la dispersione scolastica era l’obiettivo di Don Milani che, in Lettera a una professoressa, rimprovera alla scuola pubblica di non curarsene abbastanza e, anzi, di incoraggiarla. La scuola deve fare di tutto per non far andar via i più poveri, altrimenti diventa «un ospedale che cura i sani e respinge i malati», cioè non serve a nulla. I figli dei ricchi hanno già accesso alla cultura – scrivono Don Milani e i ragazzi di Barbiana – e perciò la scuola deve occuparsi degli altri, di chi non ha libri a casa, di chi, se non ci si sta attenti, smette di frequentarla: “Se si perde loro, la scuola non è più scuola”.

  1. Come si è modificato il linguaggio con l’utilizzo dei “social network”?

In misura sempre maggiore usiamo i social network per comunicare. L’uso quotidiano di questo strumento comporta alcune interessanti trasformazioni linguistiche. Ad esempio, la differenza tra oralità e scrittura sembra essersi ridotta, per due motivi: a) sui social network è possibile utilizzare simultaneamente i due registri (audio e testo); b) la comunicazione scritta sui social network assume alcuni tratti tipici dell’oralità, tra cui la brevità (i 280 caratteri di Twitter) e la dimensione interlocutoria tipica del parlato.

Si può dire, inoltre, che l’uso dei social network stia sviluppando un linguaggio specifico e idiomatico reso possibile dalle potenzialità tecniche dei media digitali. Elementi di questo linguaggio “social” sono le emoticon, le gif, i meme e gli hastag.

Un consiglio in più