Traccia svolta analisi del testo Giorgio Caproni prima prova Maturità 2017
Traccia svolta analisi del testo Giorgio Caproni prima prova italiano Maturità 2017: comprensione e analisi del componimento "Versicoli quasi ecologici"
Traccia analisi del testo svolta su Giorgio Caproni, prima prova Maturità 2017
La traccia scelta dal Miur per l’analisi del testo della prima prova di Maturità 2017 è stata quella su Giorgio Caproni e sul suo componimento Versicoli quasi ecologici, tratto dalla raccolta Res Amissa. Una scelta particolare, che ha inizialmente lasciato interdetti gli studenti: si tratta infatti di un autore che difficilmente si studia nel corso dei cinque anni scolastici. Leggendola bene, però, la traccia non è risultata particolarmente complessa. I tutor di Studenti.it l'hanno affrontata insieme ai maturandi per comprenderne la complessità e riuscire a dare una soluzione: ecco, qui di seguito, la traccia svolta dell'analisi del testo di Maturità 2017 su Giorgio Caproni.
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Per saperne di più ed esercitarti sulla prima prova leggi le tracce ufficiali del Miur della prima prova 2017!
Tracce svolte
- Traccia svolta saggio breve/articolo di giornale artistico-letterario: La natura tra minaccia e idillio nell'arte e nella letteratura
- Traccia svolta saggio breve/articolo di giornale socio-economico Nuove tecnologie e lavoro Vedi articolo
- Traccia svolta saggio breve/articolo di giornale storico-politico Disastri e ricostruzione
- Traccia svolta saggio breve/articolo di giornale tecnico-scientifico Robotica e futuro tra istruzione, ricerca e mondo del lavoro
- Tema storico sul miracolo economico italiano
- Traccia svolta tema di ordine generale su Progresso e civiltà
Prima prova Maturità 2017, analisi del testo svolta su Giorgio Caproni
Giorgio Caproni è il poeta rivoluzionario che stravolge il binomio uomo natura, ponendo quest’ultima come protagonista e lasciando l’uomo sullo sfondo.
In questa ode alla natura in quanto sé, invita l’uomo a non distruggerla e a non soffocarne il canto. Tratta dalla raccolta “Res amissa”, “Cosa perduta”, che affronta i temi della fine del mondo, della crisi della razionalità e della resa all’incomprensibile, il poeta ottantenne sembra suggerire che il rapporto tra l’essere umano e ciò che lo circonda sta venendo meno.
Tra tutte le cose perdute, di cui sente una mancanza terribile, inserisce anche questo contatto delicato che lo stravolgimento ecologico sta uccidendo. Una nostalgia profonda per uno sfruttamento equilibrato e rispettoso dell’uomo sull’ambiente pervade quindi questi versi.
La natura è dunque una res in pericolo per colpa della stoltezza umana che si reputa immune dalle conseguenze del proprio agire. La natura è pertanto perduta come concetto e come valore, è perduta come modo di vivere.
La poesia assume così le sembianze di una ricerca vana ma ininterrotta di cose che un tempo appartenevano all’uomo.
La forma metrica spezzata non fa altro che rispecchiare il suo animo alle prese con una realtà troppo spesso sfuggente ed impossibile da fissare con il linguaggio. I versi sono tutti di misura differente tra loro e gli enjambement danno il senso dell’incomprensibile e del vuoto che l’uomo si crea intorno.
Composta da un’unica strofa, la poesia può essere idealmente divisa in due parti.
Nella prima parte, terminante con la parola “lavoro” (versetto 10), Caproni spinge a non fare azioni nocive contro l’ambiente e a lasciare gli animali liberi di vivere.
Nella seconda parte, invece, che inizia con il termine “amore” (versetto 10), il poeta è più introspettivo e nostalgico e riflette sul fatto che sia l’uomo l’unico in grado di distruggere la natura. Per Caproni infatti la specie umana è la sola a rendersi nociva anche a se stessa, costruendo il suo suicidio collettivo in un atto presuntuoso e irresponsabile.
L’atteggiamento del poeta è quindi quello di una invettiva contro chi si approfitta della natura per i suoi scopi. È un atteggiamento critico verso la società moderna che troppo spesso premia chi compie azioni irrispettose verso la natura. Alla società moderna preme il guadagno più di ogni altra cosa ma Caproni si pone contro un tale assioma.
“E chi per profitto vile fulmina un pesce, un fiume, non fatelo cavaliere del lavoro.”
Anche perché l’uomo ha bisogno della natura per sopravvivere, ma la natura non ha bisogno dell’uomo. È la natura infatti che compone l’uomo, “il galagone, il pino: anche di questo è fatto l’uomo.”
Il mondo, “sparendo la foresta e l’aria verde”, è così violentemente deturpato e chi rimane non può far altro che sospirare, tra tristezza e rassegnazione, “come potrebbe tornare a essere bella, scomparso l’uomo, la terra.”