I totalitarismi a confronto: tesina di terza media
Tesina di terza media sui regimi totalitari del '900. Confronto fra totalitarismi: il fascismo, il nazismo e la resistenza partigiana
Totalitarismi a confronto
Per totalitarismo s’intende un regime autoritario, caratteristico della società di massa.
In un totalitarismo il potere dello stato si concentra in una sola persona, o un solo partito, che mette in atto una dittatura.
Molte volte sale al potere con un colpo di Stato o con un’elezione caratterizzata da una campagna elettorale dura con pestaggi per gli oppositori. Instaurato il regime si sciolgono tutti i partiti avversari e si aboliscono tutte le libertà.
I principali totalitarismi si sono insediati dopo la Prima Guerra Mondiale in paesi come Italia e Germania, nati spesso approfittando di una voglia di riscatto del popolo.
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Il fascismo
Il fascismo si insediò in Italia dopo la Prima Guerra Mondiale nel 1922, quando salì al potere Benito Mussolini.
L’Italia uscita vittoriosa dalla Grande Guerra avviò i trattati di pace, ma ne uscì con profonda insoddisfazione perché non venne rispettato il Patto di Londra. Così la commissione Italiana abbandonò il tavolo delle trattative e rinunciò alla spartizione delle colonie tedesche.
In questo periodo si formarono i partiti di massa come il partito socialista e il partito popolare di Don Luigi Sturzo.
Alle elezioni del 1919 (le prime a suffragio universale maschile) si presentò un nuovo movimento: i Fasci di Combattimento Italiani guidati da Benito Mussolini, che non ottennero neanche un seggio.
Il giorno della fondazione dei fasci di combattimento italiani Mussolini scrisse nel suo giornale (Il popolo d’Italia):
Noi ci permettiamo il lusso di essere aristocratici e democratici, conservatori e progressisti, reazionari e rivoluzionari, legalisti e illegalisti, a seconda delle circostanze di tempo, di luogo, di ambiente.
Poco dopo i fascisti rivelarono le loro intenzioni aggredendo gli oppositori e incendiando le sedi dei partiti comunisti.
Il governo che era entrato dopo le elezioni del 1919 era un'alleanza tra Liberali, Democratici e Popolari che si dimostrò incapace di avviare una politica di riforme mentre nelle fabbriche e nelle campagne crescevano le proteste.
Infatti il biennio 1919-1920 venne chiamato “Biennio Rosso” perchè nelle fabbriche si temevano gli scioperi che vennero contrastati con le serrate.
In questo periodo Mussolini ebbe molto successo, perché i borghesi temevano l’avvento del comunismo e appoggiarono le rappresaglie dei fascisti. Nel Novembre del 1921 Mussolini trasformò il fascismo da movimento a partito: P.N.F. (Partito Nazionale Fascista).
Anche Giolitti (allora presidente del consiglio) si illuse di poter utilizzare il fascismo come strumento per contrastare i partiti popolari perciò, in vista delle elezioni del 1921, favorì la formazione di liste in cui candidati liberali erano appoggiati da quelli fascisti.
Il risultato portò alla camera 35 deputati fascisti che si schierarono all’opposizione di destra con i nazionalisti.
Dopo il successo elettorale le squadre fasciste intensificarono le spedizioni punitive. Ormai il PNF era un partito di massa.
Mussolini poteva contare sull’appoggio del re e della Corte, sulla benevolenza della chiesa e sui finanziamenti della classe imprenditoriale.
Mussolini, sicuro di questi appoggi e della debolezza dello Stato, nell’Agosto 1922 minacciò che avrebbe marciato su Roma per prendere il potere (“O ci daranno il Governo o lo prenderemo calando su Roma”).
La marcia su Roma
Il 28 Ottobre di quell’anno alcune decine di migliaia di camicie nere provenienti da tutta Italia marciarono su Roma. Il primo ministro Luigi Facta suggeri a Vittorio Emanuele III di disperdere i fascisti ma il Re ci rinunciò anzi, licenziò Facta, convocò Mussolini e gli affidò l’incarico di formare il governo.
Pochi giorni dopo Mussolini ottenne la fiducia dalle camere e avviò pian piano il suo governo verso la dittatura. Tuttavia non mise subito in atto la dittatura, perché voleva l’appoggio delle forze democratiche.
Inizialmente egli mostrò di rispettare la legalità, anche se stava lavorando alla costruzione di un regime basato sul partito fascista e sul suo capo: il Duce (Mussolini).
Il fascismo degli inizi
Furono subito creati due organismi nuovi:
- Il Gran Consiglio del Fascismo, composto dagli esponenti del partito;
- La Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (MVSN) composta dalle camicie nere che divennero un corpo armato ufficiale utilizzato da Mussolini per aggredire gli oppositori al regime.
Intanto il duce escluse il Partito Popolare dal governo e riformò la legge elettorale che assegnava i 2/3 dei seggi al partito che avesse ottenuto il 25% dei voti.
Furono fissate le elezioni per il 6 aprile 1924 che furono precedute da violenze e aggressioni da parte della Milizia Fascista. I risultati diedero 347 seggi ai fascisti, 104 all’opposizione.
All’apertura della nuova legislatura il deputato socialista Giacomo Matteotti denunciò alla camera i brogli e le violenze con nomi e dati. Pochi giorni dopo fu rapito e assassinato dagli squadristi.
L’impressione destata dal delitto in tutto il paese fu enorme, i deputati dell’opposizione abbandonarono il parlamento (“secessione dell’Aventino”) chiedendo al Re un intervento per riportare la legalità.
Ma Vittorio Emanuele III non intervenne e appellandosi alla Costituzione disse: “Io sono sordo e cieco. I miei occhi e le mie orecchie sono la Camera e il Senato”.
Il 3 gennaio 1925 alla Camera, Mussolini recitò il famoso discorso con cui si assunse ogni responsabilità dei fatti avvenuti:
Dichiaro qui, al cospetto di questa Assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, e non invece una passione superba della migliore gioventù italiana, a me la colpa! Se il fascismo è stato un'associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere! Se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico e morale, ebbene a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l'ho creato con una propaganda che va dall'intervento ad oggi.
Da quel momento iniziò la dittatura con l’emanazione delle “leggi fascistissime” emanate nel 1926.
Queste leggi consistevano in:
- Libertà di stampa e di associazione cancellate;
- Partiti politici sciolti, tranne il PNF;
- I deputati dell’Aventino espulsi dal parlamento;
- Sciolti i sindacati tranne quelli fascisti;
- Iscrizione al PNF obbligatoria per chi intendeva partecipare ai concorsi pubblici o esercitare libere professioni.
Per stroncare l’opposizione venne istituito il Tribunale speciale per la difesa dello Stato e l’OVRA (Organizzazione Volontaria per la Repressione Antifascista) un servizio segreto affidato a spie con amplissimi poteri, in grado di mandare al confino le persone sgradite al regime.
Già nel 1925 il potere legislativo fu riconosciuto al governo e al suo capo: nel 1939 la camera dei deputati venne abolita e sostituita con la Camera dei Fasci e delle Corporazioni.
Invece il Gran Consiglio del Fascismo diventò un vero organo di stato con il compito di regolare le attività del regime.
Nel 1929 e nel 1934 si svolsero ancora delle elezioni farsa dove i cittadini dovevano scegliere se approvare o bocciare una lista di 400 candidati. L’11 febbraio 1929 Mussolini diventò, per Pio XI l’uomo mandato dalla provvidenza in seguito alla firma dei patti Lateranesi tra Chiesa e Stato Italiano che riconosceva la Santa Sede uno Stato indipendente e sanciva la riconciliazione tra chiesa e Stato.
La politica economica
Giunto al potere Mussolini volle favorire la borghesia che lo aveva appoggiato: ridusse le imposte dirette, ampliò la libertà delle imprese e incoraggiò gli investimenti, mentre danneggiò i lavoratori aumentando le imposte indirette.
Queste iniziative ebbero successo dal punto di vista economico perché bilanciarono i conti dello stato che tornarono in pareggio.
La situazione cambiò; l’aumento della circolazione di moneta riportò l’inflazione e la forte perdita di valore della lira rispetto alle altre monete fece aumentare il debito verso l’estero.
Lo Stato prese a esercitare un intervento sempre più incisivo sulla vita economica del paese adottando una politica protezionistica con l’aumento delle tariffe doganali e la “battaglia del grano” praticando ampie bonifiche per il raggiungimento dell’autosufficienza che provocò soltanto un aumento dei prezzi e una riduzione della qualità.
La crisi del 1929 indusse Mussolini a praticare sempre di più una politica economica differente: l’autarchia.
Questa politica prevedeva che lo stato fosse autosufficiente in tutti i prodotti e costrinse le industrie a produrre tutti i generi di merci, la qualità delle merci era scarsa e i prezzi altissimi. Ne trassero vantaggio i grandi gruppi industriali che non ricevevano più la concorrenza straniera.
L’autarchia aggravò i problemi economici al posto di risolverli.
Vennero sottratte somme enormi ai consumi e agli investimenti per potenziare le fabbriche di armi, le piccole e medie industrie vennero penalizzate perché non sostenute dai finanziamenti statali e dalle commesse militari.
Fu abolita l’importazione e furono prodotte le “merci nazionali” che costavano di più ed erano di minore qualità: il tè venne sostituito con il carcadé, il carbone con la lignite, la lana con il lanital, la benzina con il carburante nazionale (con l’85% d’alcool) mentre il caffé venne abolito perché “fa male”.
L’autarchia entrò anche nel linguaggio coniando nomi italiani per cose straniere: chiave inglese divenne chiave morsa, cognac diventò arzente, ferry boat diventò treno-battello pontone. Si scoprì anche che l’uso del lei aveva origini straniere e venne inaugurata una campagna per la sostituzione del lei con il voi.
La guerra d'Etiopia
Alle 22.30 di sabato 9 maggio 1936 Mussolini annunciò al popolo italiano la fondazione dell'Impero. Le truppe del maresciallo Pietro Badoglio entrarono infatti in Addis Abeba il 5 maggio, ponendo così fine alla guerra d'Etiopia.
Già dal 1934 Mussolini cercò un pretesto per poter invadere lo stato governato dal negus Hailè Selassiè. La notte del 5-6 dicembre lo ottenne quando sulla frontiera somala ci fu uno scontro tra soldati somali che prestavano servizio nelle truppe coloniali italiane e soldati abissini. Per tutto il 1935 il Duce preparò la guerra sondando le possibili reazioni delle altre nazioni e infiammando gli animi degli italiani. Mussolini volle dare alla guerra un'impronta fascista e per questo mandò in guerra solo reparti della Milizia.
Le operazioni cominciarono il 3 ottobre con al comando Emilio De Bono, che chiese a Mussolini tre divisioni: ne ottenne ben dieci ed in seguito addirittura 25. La guerra fu pianificata male e combattuta peggio: i rifornimenti non mancarono, anzi furono talmente abbondanti che non si trovò un modo per farli giungere dal porto fino alla prima linea; gli uomini della Milizia si dimostrano ben presto non idonei alla guerra a causa dell'assenza di una vera e propria istruzione militare e furono sostituiti con uomini dell'esercito regolare.
Intanto mentre la Società delle Nazioni sanzionò l'Italia, Emilio De Bono venne silurato in favore del maresciallo Pietro Badoglio che fu autorizzato ad utilizzare i gas. Mentre la guerra si trasformò in una fonte di onorificenze per tutti i gerarchi, Badoglio commise stragi inaudite che finirono su tutti i giornali esteri (quelli italiani ovviamente censurarono ogni avvenimento).
La nascita dell'Impero comunque non portò nessuna delle ricchezze promesse: né oro, né ferro, né grano. L'Impero al contrario prosciugò le casse statali per la costruzione di strade, di dighe e di palazzi e dette a Mussolini l'illusione di avere un esercito potente e la capacità di poter piegare gli stati europei.
La conquista dell’Etiopia provocò nell’italiani un maggiore consenso nel fascismo perché sembrava che l’Italia fosse un impero al pari degli stessi stati e Mussolini reagì alle sanzioni imposte sfidando la Società delle Nazioni e non le rispettò.
La propaganda
Ma non solo la guerra d’Etiopia fece aumentare il consenso al fascismo. Anche la propaganda praticata da Mussolini svolse il suo ruolo fondamentale: nei suoi discorsi Mussolini sapeva eccitare la folla con un’oratoria energica e sicura.
Mussolini aveva subito individuato nella radio un mezzo insuperabile di propaganda: il governo fascista ne monopolizzò le trasmissioni istituendo nel 1927 l’EIAR (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche). Dopo il 1930 quando ogni scuola, municipio, ufficio pubblico, sede del PNF ricevette gratuitamente dallo Stato un apparecchio, la radio divenne il miglior mezzo per l’esaltazione del regime.
Anche il cinema attirò l’attenzione di Mussolini, che nel 1925 fondò l’Istituto LUCE (L’Unione Cinematografica Educativa) per la produzione di cinegiornali d’attualità: questi venivano proiettati nelle sale prima di un film e servivano per esaltare le opere del regime.
Pure la stampa venne utilizzata come mezzo di propaganda: il volto, gli atteggiamenti, le parole di Mussolini venivano celebrati perché egli rappresentava il modello da ammirare e da imitare. La sua immagine era rappresentata nei volantini e nei manifesti sparsi dappertutto. I giornali erano sottoposti a rigide censure ed esaltavano le opere del Regime senza considerare gli aspetti negativi.
I bambini erano inquadrati nella società fascista: i bambini dai 6 agli 8 anni erano denominati figli della lupa; i maschi dagli 8 ai 14 anni balilla e dai 14 ai 18 anni avanguardisti; le ragazze piccole italiane e giovani italiane. Compiuti i 18 anni, si entrava nei Fasci giovanili e nei GUF.
Lo sport durante il fascismo
Nel marzo 1923 nasce l’ENEF (Ente Nazionale per l’attività fisica e sportiva) che sotto sorveglianza del Ministero dell’istruzione regolava l’attività fisica della scuola media. Nel 1927 viene soppresso l’ENEF e sostituito dal ONB (Opera Nazionale Balilla) e sorgono nuove scuole di formazione degli insegnanti.
Nel 1937 viene istituita la GIL (Gioventù Italiana del Littorio), chiude l’ONB e alla FGC (Fasci Giovanili di Combattimento) viene assegnato l’insegnamento dell’educazione fisica nella scuola. Nel 1943 viene abolita la GIL.
Politica estera
In politica estera inizialmente Mussolini mantenne buone relazioni con la Francia e con l’Inghilterra, che nel fascismo vedevano una difesa provvidenziale contro il pericolo comunista. Ma la conquista dell’Etiopia fece entrare l’Italia in uno stato di isolamento internazionale, da cui tentò di uscire avvicinandosi alla Germania firmando, nel 1936, un patto d’amicizia l’Asse Roma-Berlino.
Per compiacere il suo nuovo alleato Mussolini iniziò praticare una feroce campagna antisemita che culminò nel 1938 con l’emanazione delle leggi razziali. Le leggi razziali escludevano gli ebrei dalla vita civile e politica e dichiaravano che la razza ariana era superiore.
Dal 1938 in Europa si iniziò a respirare aria di guerra: Hitler aveva già annesso l'Austria e i Sudeti e con il successivo Congresso di Monaco gli venne dato il lasciapassare per l'annessione di tutta la Cecoslovacchia, mentre Mussolini dopo l'Etiopia stava cercando nuove prede per non perdere il passo dell'alleato d'oltralpe. La vittima designata venne trovata nell'Albania. In due soli giorni (7-8 aprile 1939) con l'ausilio di 22.000 uomini e 140 carri armati Tirana fu conquistata.
Il 22 maggio tra Germania e Italia venne firmato il Patto d'acciaio. Tale patto assumeva che la guerra fosse imminente, e legava l'Italia in una alleanza stretta con la Germania. Alcuni membri del governo italiano si opposero, e lo stesso Galeazzo Ciano, firmatario per l'Italia, definì il patto una «vera e propria dinamite».
Il Nazismo
Dopo la sconfitta della Prima Guerra Mondiale, in Germania fu proclamata la Repubblica. Il governo provvisorio che si insediò era guidato dai socialdemocratici che rappresentavano il maggior partito di stato e intendevano dare al paese istituzioni democratiche.
Ma all’estrema sinistra del partito socialdemocratico si era formato un vasto movimento, la Lega di Spartaco, che voleva una rivoluzione proletaria su modello sovietico. Le manifestazioni culminarono nel 1919 a Berlino con un insurrezione che fu stroncata dall’esercito regolare su ordine del governo.
Intanto si era formato un nuovo stato tedesco che elaborava la costituzione. Il governo che si era insediato era molto debole perché la Germania usciva da una guerra disastrosa ed era in crisi economica.
Il governo cercò di risolvere i debiti verso l’estero facendo stampare ulteriore moneta che aumentò l’inflazione già elevata.
In questa situazione, le tensioni sociali e politiche giunsero al culmine: la Germania fu sconvolta da attentati terroristici e tentativi insurrezionali, mentre si rafforzava l’estrema destra che voleva una rivincita, sentimento sempre più diffuso tra i tedeschi.
Nel novembre 1923 il partito nazionalsocialista, o nazista, tentò un colpo di stato che venne scoperto e furono arrestati i responsabili; uno di questi era Adolf Hitler, un uomo politico sconosciuto, che nel periodo di prigionia scrisse il Mein Kampf che era il libro delle idee naziste.
Il programma elettorale nazista era molto confuso ed era un miscuglio di razzismo, nazionalismo, anticomunismo, imperialismo che erano molto comuni tra la popolazione.
Nonostante il programma confuso alle elezioni del 1928 ottenne il 2,8% dei voti e a quelle del 1930 il 18% diventando il secondo partito tedesco. I nazisti nel loro programma trovarono un nemico comune a tutta la Germania: gli ebrei e i comunisti.
Alle elezioni del 1932 il Partito nazista ottenne il 37% dei voti e 230 seggi. Il 30 gennaio 1933 il presidente Hindenburg nominò Hitler cancelliere che in pochi mesi costruì lo stato totalitario che era nel suo programma.
Furono stabilite nuove elezioni per ottenere la maggioranza assoluta che furono preceduta da una campagna elettorale caratterizzata da pestaggi per gli oppositori praticati dalle SA e dalle SS.
La notte dei lunghi coltelli
Il 27 febbraio 1933 i nazisti incendiarono la sede del parlamento e ne fecero cadere la responsabilità sul Partito Comunista che venne messo fuori legge e migliaia di comunisti, liberali, cattolici e socialdemocratici vennero arrestati. Dichiarato lo stato di emergenza, furono abolite le libertà e venne reintrodotta la pena di morte.
Benché non avesse ottenuto la maggioranza assoluta, tuttavia Hitler ottenne dal parlamento pieni poteri, compresi quello legislativo e quello di modificare la Costituzione. Nei mesi successivi vennero sciolti tutti i sindacati e tutti i partiti tranne quello nazista.
A Dachau fu costruito il primo lager dove venivano chiusi gli oppositori e gli Ebrei. Nella notte del 30 agosto 1934 Hitler si liberò dell’opposizione interna: infatti fece uccidere i capi delle SA che volevano il comando dell’esercito e i generali temevano l’estremismo delle SA, così Hitler potè conquistare la fiducia dei militari.
Alla morte di Hinderburg, Hitler si dichiarò Capo dello Stato a vita assumendo il titolo di Führer e proclamando la nascita del Terzo Reich. Come al Duce, al Führer spettavano tutte le decisioni e rappresentava la fonte stessa del diritto e la sua volontà era legge.
Hitler formò, come tutti gli Stati totalitari, uno Stato uniforme e usò in maniera efficace e sistematica tutti gli strumenti adatti a controllare ogni aspetto della vita di ogni persona e della conoscenza.
La propaganda era pianificata, come in Italia, scientificamente attraverso la radio, il cinema, la stampa con cui si trasmetteva la superiorità tedesca e il culto del Führer. La scuola fu posta sotto rigido controllo: gli insegnanti non ariani e quelli sgraditi al regime vennero espulsi, i libri di testo vennero modificati secondo l’ideologia nazista.
Sull’esempio dei balilla italiani i giovani tedeschi vennero inquadrati nella Hitlejugend (gioventù Hitleriana).
Politica interna ed estera
Grazie alla propaganda, al controllo della società e ai successi ottenuti nella politica economica ed estera, il nazismo ottenne un seguito eccezionale. In politica economica Hitler puntò soprattutto al riarmo, facendo lavorare l’industria bellica a pieno ritmo per fornire al Reich una nuova flotta una nuova aviazione e nuove potenti armi.
I lavoratori erano inquadrati nel fronte nazionale del lavoro ed erano sottoposti a una disciplina quasi militare: non potevano scegliere il lavoro ne cambiarlo; tutto era affidato ad degli appositi uffici.
Nel 1939 fu raggiunto l’obiettivo della piena occupazione. Questi miglioramenti diedero l’appoggio della classe operaia.
In politica estera la Germania voleva l’eliminazione del trattato di Versailles: nel 1933 la Germania abbandonò la Società delle Nazioni e iniziò la via del riarmo.
Nel 1936 Hitler occupò con il suo potente esercito la Renania, al confine con la Francia (operazione vietata dal trattato di Versailles) e nello stesso anno la conquista dell’Etiopia da parte dell’Italia pose le basi all’amicizia italo-tedesca.
Razzismo e persecuzioni
I nazisti predicavano l’esistenza di una razza pura e non tolleravano quelle che venivano considerate come "razze inferiori": ebrei, zingari, ma anche omosessuali subirono una fortissima repressione.
Già nel 1933 si iniziò una vera e propria campagna di boicottaggio delle attività degli ebrei che poi si trasformo in discriminazione razziale: gli ebrei non avevano più la cittadinanza tedesca, non potevano sposare cittadini tedeschi e dovevano portare al braccio una stella di Davide per distinguerli (Leggi di Norimberga 1935).
La Resistenza
In tutti i Paesi occupati dai nazisti si svilupparono forme di opposizione e lotta armata, indicate con il termine complessivo di Resistenza.
Elementi comuni alla Resistenza europea furono:
- Il sostegno fornito dai perseguitati;
- La propaganda antinazista, attuata soprattutto attraverso la stampa clandestina;
- Le azioni di guerriglia e di sabotaggio per contrastare e fermare l’avanzata tedesca.
Le prime formazioni partigiane furono quelle francesi capeggiate dal generale De Gaulle: da Radio Londra (la radio ascoltata dai partigiani) lanciò numerosi appelli ai suoi concittadini perché continuassero la lotta contro la Germania nazista in seguito all’invasione.
Anche in Olanda, Belgio, Norvegia, Danimarca piccoli gruppi tentarono di ostacolare l’avanzata nazista soprattutto con la resistenza passiva: il rifiuto della nazificazione e il salvataggio degli Ebrei.
Anche nell’Europa orientale si svilupparono forme di Resistenza in forma più dura, che assunse il ruolo di una vera e propria guerra di liberazione.
Furono eserciti organizzati a combattere il nazifascismo in Polonia, Iugoslavia, Grecia.
In Germania tutte le forme di opposizione venivano stroncate. Non mancarono però complotti per abbattere Hitler: nel luglio del 1944 un gruppo di ufficiali organizzò un attentato in cui Hitler rimase ferito leggermente subito dopo scatenò una feroce repressione che portò all’eliminazione di circa 5.000 persone.
In Italia la Resistenza si formò dopo il 25 luglio 1943 e l’8 settembre 1943.
Il 25 luglio il Gran Consiglio del Fascismo fece arrestare Mussolini e diede il comando dell’esercito al re e quello del governo a Pietro Badoglio che iniziò le trattative con gli americani per firmare l’armistizio; l’8 settembre Badoglio trasmetteva alla radio che la guerra contro gli alleati era conclusa ma continuava contro i tedeschi.
I tedeschi che dal 25 luglio non si fidavano più degli italiani invasero tutta l’Italia non ancora liberata dagli alleati mentre il Re e il Governo fuggivano a Brindisi (città già liberata dagli alleati).
I partiti partigiani
I tedeschi liberarono Mussolini dalla prigionia e lo condussero a Salò dove fondò la Repubblica Sociale Italiana.
I partiti antifascisti il 9 settembre 1943 superarono le divergenze e fondarono il Comitato di Liberazione Nazionale (CNL) con il compito di controllare le attività partigiane e di combattere a fianco degli alleati per la liberazione dell’Italia
I partiti appartenenti al CNL erano:
- Il Partito comunista a cui facevano capo le “brigate Garibaldi”;
- Il Partito d’Azione cui facevano capo le “brigate Giustizia e Libertà”;
- Il Partito socialista cui facevano parte le “brigate Matteotti”.
Parteciparono anche altri Partiti come la Democrazia Cristiana (erede del partito popolare) e il partito liberale.
Tra i combattenti della Resistenza ci furono anche i soldati italiani deportati in Germania dopo l’8 settembre, che in gran parte vennero deportati nei campi di concentramento pur di non aderire alla RSI.
Attiva soprattutto nel Nord Italia, la Resistenza agì tuttavia anche nelle regioni del Centro-sud ancora in mano tedesca. Molte città furono liberate prima dell’arrivo degli Alleati: Napoli con le eroiche Quattro giornate e Firenze.
La Resistenza si trasformò in una guerra civile perché si combatteva contro i cosiddetti “repubblichini” (quelli aderenti alla RSI).
Molti furono i motivi che spinsero la popolazione italiana a combattere contro i nazisti: molti volevano che nascesse una nuova democrazia perché erano cresciuti nella dittatura, la speranza di vedere la fine della guerra e delle sofferenze di un popolo, il riscatto sociale, la difesa dell’Italia dall’aggressione tedesca e tante altre motivazioni.
Fu una guerra durissima e spietata che vide coinvolte 310.000 persone armate che combattevano contro i tedeschi ed erano organizzate nei GAP e nei SAP che erano gruppi armati organizzati riconosciuti dagli alleati. La guerra era praticata con tattiche di guerriglia nelle colline e nelle montagne.
I nazifascisti rispondevano alla guerriglia con la rappresaglia sulla popolazione civile: per ogni soldato tedesco ucciso venivano uccisi 10 italiani.
Nel marzo 1944 a Roma ci fu un attentato che uccise 33 soldati tedeschi: il comandante Kappler ordinò la rappresaglia di 335 persone che vennero gettate nelle fosse Ardeatine. I nazisti non esitavano a bruciare interi paesi per rappresaglia.
Il periodo più duro per i partigiani fu l’inverno del 1994-45: mentre su tutti i fronti i tedeschi sembravano arrendersi, l’Italia del nord era ancora nelle loro mani. Nelle fabbriche crescevano gli scioperi e le donne si ribellavano alle violenze dei tedeschi.
Il 25 aprile 1945
Finalmente nella primavera del 1945, mentre gli alleati invadevano la Germania da Est a Ovest, il conflitto volse al termine anche in Italia. Sfondata la linea Gotica l’esercito anglo-americano lanciò l’offensiva finale e il 24 aprile oltrepassò il Po; nel frattempo i partigiani si erano preparati allo scontro finale mobilitando anche la popolazione.
Il 25 aprile 1945 il CNL ordinò l’insurezione generale e i partigiani costrinsero i Tedeschi ad abbandonare le città, salvando gran parte degli impianti industriali e anticipando l’arrivo degli alleati. Quasi ovunque i poteri amministrativi vennero assunti dal CNL. Il 27 aprile Mussolini fu catturato dai partigiani mentre tentava la fuga in Svizzera, travestito da soldato tedesco insieme alla compagna Claretta Petacci, venne fucilato e il cadavere impiccato a testa in giù accanto alla stessa Petacci in piazzale Loreto a Milano dove fu lasciato alla disponibilità della folla.
La fucilazione di Mussolini segnava la fine della Resistenza Italiana e l’inizio di una nuova era: bisognava ricostruire lo Stato Italiano.
Ascolta su Spreaker.La radio
Le scoperte fatte in campo elettronico alla fine del XIX secolo portarono alla costruzione dei primi apparecchi radiofonici molto rudimentali e costosi. All’inizio del secolo la radio trovò applicazioni solo nel campo militare e su esperimenti in vasta scala per la sua eccessiva costosità d’applicazione.
Già negli anni ’20 si ebbe un vasto aumento della popolazione che possedeva la radio: in Italia durante il fascismo Mussolini monopolizzò il domino radio con l’EIAR e attraverso questa esaltava le opere del regime.
Durante la Seconda Guerra Mondiale ci fu un aumento della produzione della radio perché veniva usata dal nemico per un attaco psicologico ma non solo. Nel 1939 sorse a Londra una nuova radio: la BBC; questa radio trasmetteva messaggi alle popolazioni occupate dai nazisti incitando la Resistenza.
In Italia Radio Londra (così denominata dagli Italiani) trasmetteva messaggi in codice rivelando le posizioni degli alleati e pianificavano gli attacchi.
La radio è un sistema di comunicazione basato sulla propagazione nello spazio di onde elettromagnetiche. Le onde radio trasmesse da un’antenna trasmittente si propagano nello spazio e vengono captate da un antenna ricevente, qui il segnale elettrico viene infine riconvertito nel suono originale.
I componenti essenziali di un radiotrasmettitore sono:
- Un generatore di oscillazioni, che converte l'elettricità in oscillazioni di determinata frequenza;
- Un amplificatore, che aumenta l'intensità delle oscillazioni mantenendo la frequenza invariata;
- Un microfono, che converte le informazioni da trasmettere in una tensione elettrica variabile.
Altri elementi importanti del radiotrasmettitore sono il modulatore, che usa le tensioni prodotte dal microfono per controllare le variazioni di intensità delle oscillazioni o la frequenza istantanea dell'onda portante, e l'antenna, che irradia l'onda portante modulata.
Le caratteristiche di un radiotrasmettitore sono diverse a seconda delle modalità di impiego. Una radio da usare in un veicolo mobile, ad esempio, deve essere leggera e trasmettere in modo chiaro. In una stazione radio commerciale, invece, le dimensioni e il peso sono secondari, mentre vanno tenuti in maggiore considerazione il costo e la fedeltà, in particolare per le stazioni in modulazione di frequenza (FM). Il controllo rigoroso della frequenza è una necessità assoluta, dato che una minima deviazione può causare interferenze con stazioni che trasmettono sulla stessa lunghezza d'onda.
I componenti essenziali di un radioricevitore sono:
- Un'antenna, che capta le onde elettromagnetiche e le converte in oscillazioni elettriche,
- Un amplificatore, che aumenta l'intensità delle oscillazioni,
- Un dispositivo per la demodulazione,
- Un altoparlante, che converte gli impulsi in onde sonore udibili dall'orecchio umano.
Il segnale in arrivo dall'antenna, che consiste in un'onda portante in radiofrequenza modulata da un segnale in audiofrequenza o videofrequenza, è generalmente debolissimo. Il ricevitore deve essere quindi molto sensibile per rivelare e amplificare i segnali in modo da ottenere un suono chiaro.
L'amplificatore aumenta la tensione del segnale. Il radioricevitore può anche avere uno o più stadi di amplificazione della tensione dell'audiofrequenza, tuttavia l'ultimo di questi, prima dell'ingresso nell'altoparlante, deve essere uno stadio di amplificazione di potenza
Benché per l'invenzione della radio siano state necessarie molte scoperte nel campo dell'elettricità, l'inizio della storia delle radiocomunicazioni può essere fatto coincidere con il 1873, anno in cui il fisico britannico James Clerk Maxwell pubblicò la sua teoria sulle onde elettromagnetiche.
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