Topos del fiore reciso: caratteristiche e significato

Topos del fiore reciso in letteratura: caratteristiche e significato in Omero, Saffo, Catullo, Virgilio, Ovidio, Ariosto a Manzoni

Topos del fiore reciso: caratteristiche e significato
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Topos del fiore reciso

Il topos del fiore reciso: significato e caratteristiche
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Il topos del fiore reciso è un elemento che si presenta in più autori in epoche diverse: da Omero a Saffo, per passare da StesicoroCatullo e Virgilio fino ad arrivare ad Ovidio. Nonostante si parli di un generico fiore, in molti casi si tratta più precisamente del papavero e, nonostante le similitudini sembrino molto simili tra loro, in realtà assumo sfumature diverse.

Il topos del fiore reciso in Omero

Omero, Iliade, VIII, 300-308: Morte di Gorgizione
"[Teucro] scagliò dalla corda un’altra freccia
dritta contro Ettore: il suo cuore desiderava colpirlo,
ma lo sbagliò e colse invece il nobile Gorgizione,
figlio di Priamo, nel petto; Gorgizione che a Priamo
aveva partorito una donna che gli venne in sposa da Esima,
la bella Castianira, simile nel corpo a una dea.
Come nel giardino un papavero china la testa,
sotto il peso dei semi e delle piogge primaverili,
così si piegò di lato la testa, sotto il peso dell’elmo."

Si tratta di un passo dell'Iliade, tratto dall'ottavo libro, dove viene descritta la scena di battaglia durante la quale Teucro cerca di colpire mediante una freccia l'eroe troiano Ettore: il dardo non colpisce però il figlio di Priamo, ma trapassa all'altezza del petto Gorgizione. In tale caso la similitudine accentua la dinamica fisica del corpo: come il papavero si china sotto il peso di semi e piogge, così si china anche la testa dell'eroe, ormai appesantita dall'elmo, ma soprattutto dalla morte. Proprio la morte è un elemento fondamentale poichè coglie anche il fiore (che termina la sua primavera, fase vitale) e costruisce un'antitesi tra il giardino fiorito, ove è collocato il papavero, e un altro campo: quello di battaglia.

Il fiore reciso in Saffo

Saffo, fragmentum , D. 117 ; L.-P. 105C
"come sui monti il giacinto , i pastori
coi piedi lo calpestano, a terra [cade] il fiore purpureo"
Il fiore preso come termine di paragone in questo frammento è invece il giacinto. Tale pianta ha una leggenda alle sue spalle: si narra che il giovane Giacinto fosse amato sia da Zefiro che da Apollo. L'amore di quest'ultimo era grande a tal punto da fargli trascurare le sue normali attività e seguire il giovane ovunque esso si recasse. Un giorno però, durante una gara di lancio del disco, il tiro di Apollo viene deviato dal geloso Zefiro e ferisce mortalmente il giovane. Dopo aver tentato invano di salvare l'amato, Apollo decise infine di trasformarlo nel giacinto: un fiore rosso, come il sangue del giovane, e sui petali del quale si può ritrovare dei simboli ricordanti l' "ai","ai" scritto dal dio nel momento del cordoglio. Purtroppo tale passo non permette di ricostruire il primo termine di paragone e il contesto in quanto frammento.

Il fiore reciso in Catullo

Catullo, carme XI, 21-25
"e non si volti a guardare, come un tempo, il mio amore,
che per sua colpa è morto, come il fiore
al limitare del prato dopo che è stato colpito
da un aratro che passa oltre".
Ulteriore esempio è il carme XI di Catullo dove si ha una forte allontanamento da Omero e Stesicoro.

La similitudine infatti abbandona la dimensione epica e la morte in battaglia per lasciar posto a un riferimento all'interiorità. L'amore del poeta infatti è morto e paragonato ad un fiore che è stato colpito da un aratro, una forza travolgente rispetto all'esile stelo, e che passa oltre, ovvero indifferente per quello che è successo. 

Il fiore reciso in Virgilio

Virgilio, Eneide, IX 431 sq.
"la spada sospinta con forza
trafisse il costato e squarciò il candido petto.
Si arrovescia Eurialo nella morte, scorre il sangue
per le belle membra, si adagia riverso il capo sull’omero,
come quando il fiore purpureo, reciso dall’aratro,
languisce morente, o i papaveri sullo stanco collo
abbandonano il capo, aggravati dalla pioggia."
Eneide, libro IX, anche Virgilio arricchisce la lista di autori celebri che hanno fatto uso di tale topos. Si ritorna in guerra, durante la quale si svolge uno scontro in cui Eurialo ha la peggio. La novità introdotta da Virgilio si riscontra nel contemporaneo utilizzo del "fiore purpureo" (flos purpureus) e del papavero. Questa simultanea presenza sottolinea sia la brutalità della spada che squarcia il petto (come il fiore purpureo reciso dall'aratro) e allo stesso tempo anche il chinarsi del collo (come un papavero aggravato dalla pioggia) alla sommità di un corpo ormai senza vita.

Il fiore reciso in Ovidio

Ovidio, Metamorfosi, X, 186-195; 209-216
"il dio sorregge il corpo che cade,
e ora ti ravviva ora asciuga l'amara ferita
ora, applicate le erbe, trattiene il respiro fuggente.
A nulla servono le sue arti; era ferita immedicabile.
Come se, in un giardino, viole o un ruvido papavero
o gigli irti di gialli stami qualcuno li spezza,
questi chinano d'improvviso appassiti il capo pesante,
si lasciano cadere, e dall'alto volgono lo sguardo a terra,
così si adagia il volto morendo, e il collo, senza più forze,
è di peso a sé stesso e ricade sull'omero."
Il topos è riscontrabile anche nelle Metamorfosi di Ovidio. I fiori presenti sono tre - viole, papavero e gigli -, ma tutti accomunati nella sorte e dal loro appassire e piegarsi. Importante infine è il richiamo all'umano che non avviene solo mediante l'utilizzo del termine "capo", ma soprattutto dallo sguardo che i fiori volgono dall'altro a terra.

Il fiore reciso in Ariosto

Ariosto, Orlando Furioso, XVIII, 153-156
"Come purpureo fior languendo muore
che ‘l vomere al passar tagliato lassa;
o come carco di superchio umore
il papaver ne l’orto il capo abbassa […]"
Diversi secoli dopo giunge anche il contributo dell'Ariosto. Nel presente passo dell'Orlando Furioso si riprende il "vomere" , l'aratro - già utilizzato nella similitudine del fiore reciso da Catullo e Virgilio -, che passando taglia i fiori. D'altra parte però è presente anche il papavero con il suo tipico abbassare il capo, afflosciarsi, come diventa carico di "superchio umore".

Il fiore reciso in Manzoni

Manzoni, Promessi Sposi, 34
"Come il fiore già rigoglioso sullo stelo cade insieme col fiorellino ancora in boccia,
al passare della falce che pareggia tutte l’erbe del prato."
È con Manzoni che il topos fa il suo ingresso anche nella prosa.

Queste poche, ma significative, parole sono tratte dal celebre episodio della morte di Cecilia, in una Milano devastata dalla peste. In questo caso la falce (che richiama la lama dell'aratro, ma anche quella delle spade) è la morte nera che decima la popolazione ovunque si diffonda, pareggiando "tutte le erbe del prato", ovvero senza fare distinzioni di tipo religioso, etico o sociale. Ed è sempre la peste che fa cadere insieme al "fiorellino", Cecilia, anche il "fiore già rigoglioso", sua madre.

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