Tonio e Gervaso, personaggi de I Promessi sposi
Breve riassunto sulle personalità e il ruolo di Tonio e Gervaso, personaggi de I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni
TONIO E GERVASO, CHI SONO
Tonio e Gervaso sono due contadini che sembrano presi a caso tra la piccola folla di gente del popolo che abita il paese dei due Promessi sposi. Ma, come sempre gli accade, Manzoni riesce a tracciare, anche di figure secondarie, dei ritratti vivi e completi, ciascuno con qualche caratteristica propria, che li distingue fra tutti.
Tonio e Gervaso sono due fratelli, completamente diversi tra loro. Il primo è un uomo dal temperamento pratico, con un carattere allegro, alimentato da una certa tendenza al bere, e dotato di una intelligenza più che normale per un individuo della sua condizione; l'altro, invece, è corto d'ingegno e fornito di poco senno.
Entrambi fanno da testimoni al matrimonio per sorpresa; ma mentre Tonio è consapevole e presente a sé stesso, l'altro interviene unicamente per ubbidire al fratello e per la prospettiva allettante si un buon pranzetto.
Quando Renzo si reca alla casa di Tonio, questi sta rimestando la polenta di grano saraceno, mentre tutta la famiglia riunita attende la propria magra portone. Egli è veramente il capo famiglia, e, all’usanza lombarda, esercita la supremazia di reggitore, cucinando con le proprie mani l'alimento base dei contadini di queste regioni, la polenta.
L'ombra della carestia grava cupa anche qui, tanto che tutti accolgono con evidente sollievo la notizia che Tonio, la bocca più gagliarda, è invitato a pranzo da Renzo.
CAPITOLO 8 PROMESSI SPOSI
Durante il colloquio all'osteria, Tonio rivela la sua anima semplice e anche generosa, su cui Renzo abilmente fa leva; ed è anche il suo umore gioviale, poiché sa scherzare sulla curiosità della consorte, alla quale si promette di non raccontare nulla (ma poi vediamo che le cose vanno diversamente).
Si è anche creato la fama si una persona bonaria e piuttosto dedita al vino, fama che viene confermata dalle parole dell'oste a uno dei bravi che gliene fa domanda.
In casa di don Abbondio, lui manifesta il suo temperamento, pratico più che mai, insistendo a farsi mettere nero su bianco di aver pagato il suo debito, anche per tirare la cosa per le lunghe e permettere agli sposi di entrare. Poi, in mezzo al trambusto scatenato dal curato, pensa innanzitutto alla sua ricevuta, che cerca di rintracciare annaspando per terra nell'oscurità.
Gervaso, a sua volta, con la sua scempiaggine, sottolinea comicamente la scena, gridando e saltellando come un fantoccio. Ma anche lui, dopo essersi messo fortunatamente in salvo, prende un'iniziativa.
Non gli pare vero di divenire ad un tratto il centro di tanta attenzione, e, sentendo che questo è il suo momento, rivela a tutti l'imbroglio di quella notte, in cui aveva avuto anche lui una piccola parte.
Il povero Tonio è anche lui vittima della peste, ma la sua sorte è singolare. Il grande flagello, che non risparmia nessuno, compiendo un'opera di livellamento in tutti gli strati della società, sembra quasi prendersi gioco del buon uomo; e lo colpisce in ciò che, per l'appunto, lo distingue da fratello, l'intelligenza.
Così affiorano un lui le sembianze del fratello sciocco, mentre, con uno strano sorriso, egli non sa dire altro a Renzo che queste poche parole: "A chi la tocca, la tocca".
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