Thomas Mann: biografia, pensiero, opere
Indice
1Thomas Mann: vita e opere
Thomas Mann nacque a Lubecca nel 1875. Suo padre era un ricco commerciante di cereali e console d’Olanda, sua madre era brasiliana e appassionata di musica. Mann non fu uno studente brillante, ma ben presto rivelò un grande talento letterario. Alcuni anni dopo la morte del padre, avvenuta nel 1891, la famiglia si trasferì a Monaco di Baviera. Inizialmente lo scrittore lavorò per una compagnia di assicur azioni, in seguito s’iscrisse all’università.
Nel 1898 pubblicò una raccolta di novelle Il Piccolo Signor Friedmann (Der kleine Herr Friedemann). Durante un viaggio in Italia, cominciò a scrivere il suo primo romanzo I Buddenbrook (Buddenbrooks - Verfall einer Familie), pubblicato nel 1901, che racconta la storia di un’agiata famiglia di mercanti di Lubecca e del loro declino economico attraverso quattro generazioni, dal 1835 al 1885. Il romanzo segue la tradizione del realismo ottocentesco che racconta anche il declino di Lubecca e della borghesia europea.
I Buddenbrook è un romanzo autobiografico, in cui molti personaggi sono basati su membri della sua famiglia. In seguito pubblicò alcune novelle tra cui Tristan (1903) e Tonio Kröger (1903) in cui affrontò il tema dell’eroe incompreso ed emarginato dalla società già trattato da Johann Wolfgang Goethe nella sua opera I Dolori del Giovane Werther, pubblicato nel 1774.
Nel 1912 pubblicò La Morte a Venezia (Der Tod in Venedig), un romanzo breve, da cui il regista Luchino Visconti ha realizzato un adattamento cinematografico nel 1971. Il protagonista, Gustav Von Aschenbach, un famoso scrittore che ha dedicato completamente la sua vita all’arte, sente l’improvviso desiderio di viaggiare per vivere nuove esperienze. Si reca a Venezia, dove si invaghisce di un giovane polacco, estremamente bello, ospite con la famiglia nel suo stesso albergo. Il ragazzo rappresenta per lui l’ideale di bellezza classica alla quale egli si è sempre ispirato e ne è ossessionato. Intanto a Venezia scoppia un’epidemia di colera, di cui Gustav morirà alla fine della storia. L’opera suscitò molto scalpore quando fu pubblicata a causa della passione di un uomo maturo per un ragazzo adolescente.
I temi affrontati in questo racconto sono gli stessi che caratterizzarono tutta l’opera di Mann: il rapporto tra l’arte e la vita, tra la vita e la morte e tra l’amore e la morte.
Nel 1914 lo scrittore pubblicò il saggio Pensieri di Guerra, in cui sostenne la causa tedesca, ciò lo portò a uno scontro con suo fratello, Heinrich, anch’egli scrittore, che invece era un convinto pacifista. Nel 1924 Mann pubblicò il suo capolavoro, La Montagna Incantata (Der Zauberberg), in cui descrive il decadimento dell’alta borghesia europea. Il romanzo gli valse il Premio Nobel per la Letteratura nel 1929.
In seguito iniziò un ciclo di conferenze in Germania. Nel 1933 tenne una conferenza all’Università di Monaco su Richard Wagner, in cui criticò i rapporti tra l’arte tedesca e il Nazismo.
Erano gli anni dell’ascesa al potere di Adolf Hitler e le parole di Mann non piacquero ai nazionalisti che ascoltarono il suo discorso. Da questo momento in poi, Mann lasciò la Germania e visse da esule in diversi paesi europei, tra cui la Svizzera e la Francia. Nel 1938 emigrò negli Stati Uniti, dove gli fu offerta una cattedra all’Università di Princeton, in questo periodo perse anche la cittadinanza tedesca e nel 1944 diventò cittadino statunitense.
Tra il 1933 e il 1943 scrisse un’opera in quattro volumi, Giuseppe e i Suoi Fratelli (Joseph und seine Brüder). Durante la seconda guerra mondiale, iniziò una propaganda antinazista, tenendo dei discorsi alla radio americana e nel 1947 pubblicò un altro capolavoro, Dottor Faust (Doktor Faustus), il cui protagonista, Faustus, personaggio già presente nell’opera teatrale di Goethe, è il simbolo del popolo tedesco che si è alleato con il male, decretando quindi la propria fine.
Dopo la guerra, Mann si ristabilì in Europa, perché non era più a suo agio negli Stati Uniti a causa della guerra fredda. Ormai la Germania era divisa in occidentale e orientale e Mann non riuscì ad accettare questa divisione, per lui la Germania era una. Decise di stabilirsi a Zurigo, dove continuò a scrivere e dove morì nel 1955.
2L’opera di Thomas Mann
L’opera di Thomas Mann è un ritratto della società del suo tempo, anzi della fine di un’epoca. Il suo interesse principale è il contrasto tra vita, intesa come istinto, e spontaneità e spirito. Questo contrasto tra vita e spirito, per Thomas Mann, equivale all’antitesi tra vita e arte, e anche quando parla della società, il suo pensiero è riconducibile a un unico tema fondamentale presente in tutta la sua opera: il contrasto tra vita e arte e il tentativo di conciliare questi due mondi opposti.
I protagonisti dei suoi romanzi e dei suoi racconti sono spesso degli artisti, come il bambino musicista nei Buddenbrooks, e i compositori, Gustav Von Aschenbach, protagonista di La Morte a Venezia o Adrian Leverkhün del Doctor Faustus. Sono personaggi dotati di grande sensibilità che si distinguono dal mondo borghese che li circonda, allo stesso tempo sono molto fragili e hanno tutti un destino tragico. Finiscono con l’ammalarsi e la malattia fisica è anche simbolo di una malattia spirituale, ciò esprime il contrasto tipico di fine secolo tra il borghese e l’artista, tra la rispettabilità dell’epoca precedente e l’immoralità che caratterizza la vita dell’eroe decadente.
Mann cerca sempre e comunque di trovare aspetti negativi e positivi in entrambi questi mondi opposti tra loro in modo da poterli riconciliare e attacca in particolar modo l’ipocrisia del mondo borghese e il suo falso moralismo. Mann è davvero ossessionato dalla tensione tra arte e vita e prova grande ammirazione per il poeta romantico Goethe, che secondo lui è l’unico a essere riuscito a raggiungere l’equilibrio perfetto tra questi due mondi.
3La Montagna Incantata
La Montagna Incantata (Der Zauberberg) fu pubblicato nel 1924. Mann aveva cominciato a lavorarci sin dal 1912 e inizialmente lo aveva concepito come un racconto breve in cui intendeva sviluppare gli stessi temi già affrontati in La Morte a Venezia, ma senza lo stesso tono tragico.
Mann fu ispirato dal periodo che sua moglie trascorse nel sanatorio svizzero di Davos nel 1912 a causa di una malattia polmonare. Le fece visita a maggio e giugno 1912 e in quelle occasioni fece la conoscenza del personale e dei malati ricoverati nella struttura. Allo scoppio della prima guerra mondiale, Mann interruppe la stesura del racconto, lo riprese solo dopo la fine della guerra, revisionandolo alla luce dei recenti eventi storici e realizzando un fedele ritratto della civiltà occidentale del primo Novecento.
Il protagonista del romanzo è un giovane ventiquattrenne, Hans Castorp, un ingegnere navale appartenente a una ricca famiglia tedesca. La storia inizia nel 1907, quindi nel periodo precedente alla prima guerra mondiale.
Hans fa visita a suo cugino Joachim, ricoverato nel sanatorio svizzero di Davos perché malato di tubercolosi. Il giovane è affascinato dallo spettacolo delle Alpi Svizzere, dalle conversazioni con i medici e con i pazienti, tra cui l’italiano Lodovico Settembrini e il gesuita Leo Naphta in particolare. Conosce anche una bellissima donna russa Claudia Chauchat di cui si innamora. Poco prima di partire, Hans scopre di essere ammalato anche lui di tubercolosi e la sua visita di tre settimane al sanatorio, si trasforma in un ricovero di sette anni.
In realtà Hans non è dispiaciuto per la degenza in sanatorio perché è completamente conquistato dal fascino della “montagna”, un mondo lontano dalla realtà dove gli uomini comuni conducono una vita che lui definisce piatta. Settembrini lo spinge a tornare alla vita reale una volta guarito, ma lui è riluttante ad andar via. Intanto la notizia dello scoppio della prima guerra mondiale viene a disturbare la quiete di quel mondo e Hans scende dalla montagna incantata per arruolarsi e andare a combattere.
Nel romanzo sono presenti diversi temi quali l’amore, la vita, la morte, ma soprattutto il tema della malattia che, come nelle altre opere di Mann, è intesa più come malattia mentale e morale che fisica.
L’opera è un’allegoria della condizione dell’uomo vittima della potenza distruttiva della guerra ed è anche una rappresentazione della decadenza morale della borghesia del tempo.
3.1Stile e struttura
Il romanzo “La montagna incantata”, che anche grazie al “I Buddenbrook” valse nel 1929 a Thomas Mann il Premio Nobel per la letteratura, è strutturato in sette capitoli preceduti da una premessa. Ogni capitolo è successivamente suddiviso in parti. Ciascuno dei sette capitoli (fatta eccezione per il primo) tratta un arco e una fase temporale piuttosto lunga nella vita del protagonista, mentre nelle ulteriori suddivisioni la narrazione è maggiormente episodica. La narrativa dell’opera è intrisa di simbolismo e quindi risulta ambigua ma allo stesso tempo ricca di un bagaglio culturale molto elevato. Nel romanzo si trova uno scrupoloso realismo sia per quanto riguarda la descrizione dei personaggi che per la descrizione delle situazioni. Mann nel suo romanzo ha fatto gran uso del flashback.