Test Medicina 2019: quiz di Logica e Cultura generale

Domanda 22 di 22

RIPARARE I DANNI NEURALI DELLA DEMENZA - La demenza frontotemporale è un deterioramento cronico e irreversibile delle capacità cognitive: è così chiamata perché ha origine da un’alterazione dei neuroni dei lobi frontali e temporali del cervello. Gli studi epidemiologici indicano che si tratta di una patologia relativamente rara, poiché rappresenta il 10 per cento circa dei casi complessivi di demenze. È caratterizzata inoltre da un’insorgenza più precoce rispetto ad altre demenze come la malattia di Alzheimer: i primi segni di malattia possono infatti manifestarsi tra i 55 e i 65 anni. Grazie a nuovo studio pubblicato sulla rivista “Journal of Neuroscience”, J.Terreros-Roncal e colleghi dell’Universidad Autonoma de Madrid, in Spagna, hanno identificato le specifiche alterazioni neuronali associate alla demenza frontotemporale nel cervello di esseri umani e di un ceppo di topi di laboratorio geneticamente modificati che rappresentano un modello animale per la malattia. Nei roditori, inoltre, gli autori sono riusciti a bloccare e a invertire il processo degenerativo. Dallo studio è emerso che il danno neuronale tipico della demenza frontotemporale riguarda nello specifico le cellule granulari dentate, la principale tipologia di cellule che si trova nella regione cerebrale del giro dentato, all’interno dell’ippocampo. Gli autori hanno dimostrato, per la prima volta, che in pazienti e in animali affetti da demenza frontotemporale, questa popolazione di cellule ippocampali era disconnessa dalle altre regioni cerebrali, con una differenza evidente rispetto ai soggetti normali dei gruppi di controllo. Inoltre, i ricercatori hanno osservato che le alterazioni nelle cellule granulate umane di recente formazione erano molto simili a quelle dei topi. Un dato fondamentale emerso in precedenti ricerche è che il giro dentato produce cellule granulari dentate per tutta la vita. Così i ricercatori hanno cercato di sfruttare il potenziale rigenerativo e terapeutico di queste cellule. Attivando chimicamente le cellule e mettendo gli animali in un ambiente stimolante, con ruote e giocattoli in movimento, sono riusciti a compensare le alterazioni morfologiche nelle cellule granulari dentate e a ripristinare parzialmente la connettività interrotta dovuta alla demenza. Il successo della sperimentazione lascia sperare che, una volta trasferiti sugli esseri umani, questi risultati possano essere utili per comprendere meglio le demenze e aprire nuove prospettive terapeutiche in un ambito, quello dei processi neurodegenerativi legati all’età, in cui le opzioni di cura sono attualmente molto scarse. (brano tratto da Mind 30 maggio 2019).