Tema svolto Liceo scienze umane: traccia seconda prova maturità 2016
Il tema svolto della prima parte della traccia per il Liceo delle scienze umane, indirizzo antropologia, pedagogia e sociologia della seconda prova maturità 2016
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TEMA SVOLTO LICEO SCIENZE UMANE
La prima parte della traccia del Liceo delle scienze umane chiedeva di svolgere un tema sulla funzione e il ruolo dei sistemi scolastici in Italia e in Europa nell'attuale contesto socio-culturale. Segui il live in diretta: seconda prova maturità 2016
Guarda anche la seconda parte della traccia svolta per il Liceo scienze umane
TEMA SVOLTO LICEO SCIENZE UMANE SUL RUOLO DEI SISTEMI SCOLATICI
Tutto fa pensare che, in Italia, si viva una doppia contraddizione. La responsabilità della prima è tutta italiana, del contesto socio-culturale, dei sistemi educativi e della cultura civica italiana. Mentre rispetto alla seconda, la questione è un po' più complessa, e le responsabilità non sono specifiche del contesto italiano, quanto sono da attribuirsi al livello europeo.
La prima contraddizione è quella tra contesto socio-culturale italiano e quello di altri paesi europei, quali ad esempio la Finlandia ove, ad esempio, si legge quattro volte in più rispetto all'Italia, i servizi sociali e culturali sono avanzati, e ogni quartiere d'ogni città dispone di un teatro almeno (Tullio De Mauro, 2004). Indubbiamente, l'Italia continua a scontare un arretramento rispetto ai Paesi dell'Europa continentale e scandinava in fatto di educazione civica. Mentre nei Paesi del Nord Europa, ad esempio, l'educazione del cittadino è considerata un requisito fondamentale per lo sviluppo democratico del Paese – come del resto riteneva il Dewey di “Democrazia ed educazione” (Dewey 1916) - , in Italia l'educazione del cittadino viene concepita in modo del tutto riduzionistico come “formazione”, nel senso scolastico.Come, però, ha avuto modo di sottolineare De Mauro, ci sono una serie di altri fattori egualmente importanti che concorrono a definire il livello culturale di una popolazione, e nella fattispecie l'educazione dei cittadini. Nella maggior parte dei casi, l'educazione non ha nulla a che fare con l'acquisizione delle nozioni scolastiche e disciplinare, come messo in evidenza peraltro da una serie di scienziati dell'educazione, da Dewey a Bruner.
Essa coincide piuttosto con la socializzazione delle norme e dei valori fondamentali di una cultura, le quali una volta apprese dall'individuo, consentono non solo la sua integrazione all'interno della comunità, ma anche la sua partecipazione finalizzata all'accrescimento della forza democratica della comunità in questione. In questo senso, l'apprendimento delle competenze – che necessariamente rinvia alla capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali – , il quale è un requisito fondamentale per lo sviluppo di una cittadinanza pienamente democratica, non ha nulla a che vedere con l'acquisizione dei contenuti e delle nozioni scolastiche.
L'educazione civica, quell'integrazione e relazione virtuosa tra cittadini e società fondamentale per lo sviluppo democratico di un Paese, è il risultato di un processo d'apprendimento che non può essere delegato alla semplice agenzia di socializzazione “scuola”, ma che passa soprattutto per la famiglia e le istituzioni (soprattutto per quanto concerne appunto i servizi socio-culturali sui territori e l'offerta culturale).
Tuttavia – e qui si arriva alla seconda contraddizione -, il problema principale è nell'assenza di politiche comunitarie integrate nel campo dell'educazione e dei servizi culturali. L'Europa è un insieme di Paesi differentissimi tra di loro sul piano culturale e istituzionale.
Come potrebbe l'Italia che sconta una storia pluridecennale di arretratezza sul piano della cultura civica, la cui democrazia liberale è relativamente giovane se confrontata con la storia e la tradizione di Paesi come la Francia, l'Inghilterra e i Paesi scandinavi, allinearsi in pochi anni alla Finlandia?
Soprattutto, il problema principale sembrerebbe essere il fatto che l'Europa unita, politcamente intesa, non esiste ancora. Esiste, invece, un'Europa monetaria ed economica. E se le indagini comparative internazionali sui processi di apprendimento da parte degli studenti rivelano sempre più l'esigenza di valutare i livelli di competenza a partire non già esclusivamente dai titoli acquisiti o dalla frequenza scolastica, quanto da cosa si è imparato (know how) e dalla capacità di mettere a frutto ciò che si è appreso attraverso competenze (skills) (Fondazione Agnelli, 2014), è perché la Comunità europea si è finora concentrata sullo sviluppo economico e commerciale dei Paesi aderenti, a scapito dell'educazione civica e democratica dei suoi cittadini. Vale a dire, si è preoccupati più dello sviluppo del “capitale umano” (Fondazione Agnelli, 2014), piuttosto che di quello civico e della cultura democratica.
Infatti, nella normativa europea, i concetti di “abilità” e “capacità” e “competenze” vengono spesso confusi. Nel Quadro Europeo delle Qualifiche, ad esempio, le abilità sono descritte esclusivamente come cognitive (comprendenti l'uso del pensiero logico, intuitivo e creativo) o pratiche (comprendenti l'abilità manuale e l'uso di metodi, materiali, strumenti), mentre in realtà, nel dibattito pedagogico, corrispondono alle capacità di applicare conoscenze e saperi specifici per portare a termine compiti e risolvere problemi. Se si prende in considerazione la definizione di “competenze”, le cose peggiorano anche. Nel contesto dell’ EQF le competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia, mentre in realtà afferiscono alla capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e umano. “Capacità”, “abilità” e “competenza” dal punto di vista semantico sembrano sovrapporsi nella normativa europea. Ma se lo sono è perché prevale un orientamento economicista e strumentalista.
Lungi dall'essere il risultato di qualcosa di esclusivamente appreso, la capacità si definisce come specifica possibilità di realizzazione di sé e, dunque, come potenzialità dell’essere umano a fare, pensare, agire, in presenza di condizioni ambientali e sociali favorevoli. Finalizzato a cosa? Al miglioramento positivo del contesto nel quale si agisce. In altre parole, a quell'integrazione virtuosa tra cittadino e comunità di cui si diceva che è il prerequisito necessario per la realizzazione di una compiuta democratizzazione.
Se ogni uomo possiede tutte le capacità che sono proprie dell’essere umano, solo un’azione educativa e didattica fondata sui criteri di libertà e responsabilità è in grado di favorire la trasformazione delle capacità di ciascuno in vere e proprie competenze. Queste competenze si rendono necessarie, a loro volta, per lo sviluppo del singolo cittadino e, a partire da questo, per il progresso della società intera e della sua democrazia.
Non era questo, in fondo, l'insegnamento di Dewey?
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