Tema sull'innominato: descrizione del personaggio dei Promessi sposi
Tema svolto sull'Innominato: descrizione del personaggio dei Promessi sposi di Alessandro Manzoni
Indice
Tema sull'Innominato
La presentazione dell’Innominato avviene in due momenti: in un primo tempo, nel cap. XIX, attraverso la documentazione storica, poi attraverso la sua caratterizzazione fisica e psicologica. Con un procedimento già usato nella presentazione di don Rodrigo, la cui personalità risulta illuminata dal palazzo in cui abita, il narratore, prima di presentarci il suo personaggio in azione nel romanzo, descrive il castello in cui risiede, proiettando in esso larga parte dell’animo del suo signore.
Descrizione dell'Innominato
Infatti il castello si impone subito per il suo isolamento e per la sua posizione dominante rispetto a tutte le cose che lo circondano, siano esse prodotto degli uomini o della natura, in perfetta corrispondenza con l’indole del suo selvaggio signore, abituato a non vedere mai nessuno al di sopra di sé, né più in alto. Il paragone successivo, con un “nido insanguinato” d’aquila, introduce un aspetto del carattere dell’innominato, il suo feroce orgoglio, che gli impone l’eliminazione di chiunque osi attraversare la sua strada.
Il ritratto fisico dell’innominato è ridotto all’essenziale: grande, bruno, calvo, pochi capelli bianchi, faccia rugosa; nella seconda parte della descrizione la presenza di due antitesi, introdotte con la congiunzione “ma”, rende evidente la volontà del narratore di spostare l’attenzione dall’esterno all’interno del suo personaggio.
La passione fondamentale dell’innominato è una sterminata sete di potere, che non ammette limitazioni; scelto il campo del male, egli ne diventa l’eroe, lanciandosi in imprese di terribile grandezza, tali da imprimere nell’animo di tutti l’idea di quanto egli potesse volere e eseguire. La sua statura non ammette rapporti di uguaglianza: di fronte a lui esistono solo nemici da combattere o amici subordinati di cui servirsi; in questa condizione di assoluta superiorità si trova però anche la causa della sua tragedia: la condanna alla solitudine.
E in questo isolamento matura la sua crisi spirituale, che ha origine nella percezione del tempo che, simile ad un nemico inafferrabile e invincibile, lo minaccia, togliendoli a poco a poco ogni forza. Di fronte a questo nemico, il tempo, egli si trova in una posizione che non ammette né vittoria né fuga; il passato gli è insopportabile per la memoria delle nefandezze commesse; il presente gli è odioso per la coscienza della sua debolezza, in confronto alla gagliardia giovanile; il futuro non gli promette che la morte. Proprio il pensiero della morte lo avvia gradualmente alla ricerca dell’unico interlocutore capace di dare una risposta alla sua domanda: Dio.
Nella spietata analisi che l’innominato fa della propria situazione psicologica, il sintomo più appariscente dell’angoscia che l’opprime è rilevato nel venir meno del piacere per tutto ciò che sino ad allora era stato il movente delle sue azioni.
Davanti a questo improvviso vuoto di desideri, non sembra restargli altra alternativa oltre a quella, tragica, della rinuncia alla vita, ormai inutile ed odiosa.
Ma proprio dalla constatazione dell’insufficienza dei beni della vita umana a saziare il suo cuore, nasce in lui l’idea improvvisa che forse esiste un’altra vita, capace di realizzare pienamente le aspirazioni dell’anima, quella vita eterna, di cui aveva pur sentito parlare da ragazzo.
La scoperta di questa ipotesi di salvezza impone però lo sforzo terribile di rinunciare al passato e di iniziare un cammino faticoso verso una meta che appare quasi inaccessibile.
Proprio la scelta coraggiosa di percorrere fino in fondo la difficile strada intravista conferma la grandezza dell’innominato, la sua superiorità rispetto al volgo dei malvagi che lo circondano.
Abbandonato da ogni soccorso che possa venirgli dall’esterno, egli si aggrappa alle parole dette dalla sua vittima.
La salvezza non gli viene data come dono gratuito della Grazia: egli dovrà conquistarsela, attraverso una lotta con la sua personalità, che dovrà piegarsi all’umiliazione di chiedere perdono, a Dio e alle vittime della sua ferocia.
Ma la sua accettazione della fede non implica in nessun modo una sua degradazione: egli non esce avvilito dal colloquio con il cardinale ma innalzato ad una nuova dignità, sia di fronte agli uomini sia di fronte a Dio. Dopo la sua conversione, l’innominato non perde alcuna della sua grandezza: la sua superiorità su quanti gli stanno intorno rimane indiscussa; il suo potere però non dipende piùù dal terrore che sa ispirare ma dalla riverenza che suscita per la sua nuova umiltà.
Capitolo 20 de I promessi sposi: ascolta la puntata del podcast
Ascolta la puntata del nostro podcast Te lo spiega Studenti sul capitolo 20 de I promessi sposi, in cui si descrive il Castello dell'Innominato:
Ascolta su Spreaker.Approfondisci
Leggi anche:
- Chi è l'Innominato
L'Innominato: chi è il personaggio descritto da Manzoni ne I promessi sposi. In quali capitoli compare e quando avviene la sua conversione - Innominato: descrizione e caratteristiche
L'Innominato dei Promessi sposi di Manzoni: significato del nome, descrizione e caratteristiche del personaggio più complesso del romanzo. - La notte dell'Innominato: tema
Tema svolto sulla notte dell'Innominato dei Promessi sposi. Il tormento, l'angoscia, la mancanza di coraggio e il principio di conversione dell'Innominato - L'Innominato de I promessi sposi: analisi e caratteristiche psicologiche
Descrizione e analisi dell'Innominato de I promessi sposi di Manzoni. Caratteristiche fisiche e psicologiche del personaggio
Un aiuto extra per il tuo studio
Dai uno sguardo ai libri che abbiamo selezionato per te: