Tema sull'amore in letteratura dall'anno 1000 al 1600
Tema sull'amore nella letteratura dall'anno Mille al 1600: i sentimenti, la passione e l'amore che scrittori e poeti hanno descritto nel corso dei secoli
Indice
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Tema sull'amore nella letteratura
- L'evoluzione dell'amore nella letteratura
- Il valore dell'amore nella letteratura
- Dante Alighieri
- Francesco Petrarca
- Giovanni Boccaccio
- Il tema dell'amore nell'Umanesimo e nel Rinascimento
- Conclusione tema sull'amore in letteratura: Shakespeare e Marino
- Ascolta il podcast su Boiardo e l'Orlando innamorato
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Un aiuto in più per i tuoi temi
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Altri temi svolti per la scuola
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Tema sull'amore nella letteratura
Molti scrittori e poeti nel corso dei secoli si sono cimentati nel parlare dell’amore, nobile sentimento che riempie la vita di ognuno di noi; e ciascuno di essi ha dato una propria interpretazione di ciò che l’amore causa nelle persone. Nella Francia settentrionale, intorno all’anno Mille, si sviluppò una letteratura in lingua d’oil, basata su poemi epici detti “Chansons de Geste”. In esso si aveva una visione particolare della donna e conseguentemente dell’amore infatti in Francia, un ambiente così fortemente legato alla corte, la donna diviene la figura principale attorno cui si svolge la vita cortigiana: essa è intoccabile, pura e angelica e il cavaliere ne diventa il vassallo, pronto a superare qualsiasi prova da lei stabilita o qualunque sacrificio in sua difesa.
Da questo rinnovato clima sociale nasce l’amore cortese, il tema unico e fondamentale di cui la letteratura provenzale si occupava. A partire dalla seconda metà del secolo XII, sempre in territorio francese, si diffondono opere cavalleresche che pongono al centro la figura del cavaliere che si batte per la fede, ma caratterizzato da elementi magici e amorosi, che vengono tradotti però in “Amor di patria”, come testimonia la Chanson de Roland in cui si narrano le avventure del prode cavaliere di Orlando, paladino di Carlo Magno, che morì per la sua Francia. Senza dubbio, quindi, si può affermare che l’amore romantico ma anche passionale, in questo secolo, sia stato delineato meglio nel ciclo bretone, come lo dimostra la storia d’amore di Lancillotto e Ginevra: Lancillotto del Lago, uno dei cavalieri più famosi della tavola rotonda è innamorato di Ginevra, moglie dello stesso re Artù. Ginevra viene a sapere dell’amore di Lancillotto tramite un amico di quest’ultimo: il siniscalco Galeotto.
Tutto inizia con il rapimento di Ginevra da parte del malvagio Meleagant, figlio del re di Gorre, terra misteriosa nella quale è difficile entrare e dalla quale gli stranieri non possono uscire. Molti cavalieri partono per liberare la regina, tra cui Keu, Galvano e un cavaliere misterioso che poi si scoprirà essere Lancillotto. Questo cammino presenta diversi ostacoli da superare, tra cui il Ponte della Spada formato da una lama molto affilata sospesa su acque turbinose. Con l’aiuto di un anello incantato Lancillotto giunge a Gorre dove viene accolto amorevolmente da Ginevra che gli si concede. Naturalmente questo è un tipico esempio di amore adultero, ma esso rappresenta solo uno dei tantissimi aspetti che questo sentimento può presentare.
L'evoluzione dell'amore nella letteratura
Tra il XII e il XIII secolo in Italia si sviluppano le opere letterarie di Francesco D’Assisi, tra cui la più importante è certamente il “Cantico delle Creature” nella quale traspare tutto l’amore che il Santo provava verso Dio e le cose da Egli create: Il Cantico, infatti, è una lode a Dio che si snoda con intensità e vigore attraverso le sue opere, divenendo così anche un inno alla vita; è una preghiera permeata da una visione positiva della natura, poiché nel creato è riflessa l'immagine del Creatore.
Sempre in Italia, la poesia provenzale in lingua d’oc esercita un influsso determinante sulla lirica del Duecento. L’aspetto più importante di tale influenza è legato alla nascita, negli anni 1230-50, di un fiorente centro di produzione poetica presso la corte imperiale di Federico II di Svevia, ossia la Scuola Siciliana. I siciliani furono i primi a impiegare il volgare italiano nella poesia lirica d’amore. L'amore nella Scuola Siciliana viene descritto come un'esperienza che ti porta alla raffinazione interiore; la donna, in questo amore, viene ridotta a pochi tratti perché è perfetta e non la si può descrivere, viene paragonata alle cose più belle.
Uno degli esponenti più illustri di questa scuola è Jacopo da Lentini, funzionario statale e poeta, il quale inventò il sonetto e con l’ausilio di esso compose opere che hanno temi di carattere amoroso, di cui un esempio è il sonetto “Amor è un desio che ven da core” nel quale l’autore dice che l’amore è un desiderio che nasce per un eccesso di piacere, viene generato negli occhi e poi viene nutrito dal cuore. Nonostante avvenga che qualcuno si innamori senza aver mai visto la fonte di questo sentimento, di solito quello più vero e più forte ha origine proprio negli occhi che inviano al cuore l’immagine di ciò che vedono così come è naturalmente e al cuore piace quel desiderio. E’ questo l’amore più diffuso fra gli uomini.
Il valore dell'amore nella letteratura
Ma sempre nel secolo XIII si sogliono definire poeti dello Stilnovo o Stilnovisti quei rimatori d’amore che esprimono adesione agli ideali di poesia e di vita contenuti nella canzone “Al cor gentile rempaira sempre amore”. In questo sonetto si sintetizza il pensiero stilnovista, ovvero la donna con la sua bontà e bellezza traduce in atto l'amore che potenzialmente risiede nel cuore gentile, esaltando le migliori qualità dell'uomo, liberandolo da ogni bassezza e impurità e perfezionandolo moralmente. Così operando sull'uomo, la donna assolve una funzione in certo qual modo analoga a quella di Dio, che risplende davanti all'intelligenza angelica: questa gli obbedisce, facendo ruotare il cielo a cui è preposta per l'attuazione dell'ordine universale da Lui voluto. Da questo deriva che l'amore non solo non è peccato, ma è anzi strumento di virtù e fonte di perfezionamento spirituale. La donna è una creatura angelica, anello di congiunzione tra Dio e l'uomo, sicché, quando dopo la morte l'anima sarà davanti a Dio giudice, che rimprovererà per aver dato una sembianza divina ad un amore effimero, terreno, essa potrà serenamente rispondergli di non aver peccato: la donna amata aveva l'aspetto di un angelo appartenente al suo regno. Si attua così in questa canzone la perfetta conciliazione tra l'amore terreno e l'amore divino, il riscatto totale dell'amore da ogni condanna morale, la risoluzione di un problema etico che tanto aveva travagliato il pensiero medievale.
Nella prima stanza, il poeta afferma, con la perentorietà di un assioma, l'identità di amore e cuore gentile, perché, essendo stati creati dalla natura nello stesso istante, sono tra loro inscindibili, come è inscindibile la luce dal sole e il calore dalla fiamma.
Dante Alighieri
Il più grande tra tutti gli esponenti dello stilnovo e uno dei più famosi scrittori, nonché “padre” della lingua italiana è Dante Alighieri il quale ebbe un approccio con l’amore abbastanza travagliato: all'età di nove anni Dante si innamorò di Beatrice, la figlia di Folco Portinari. Egli la vide soltanto una volta e mai le parlò. Più interessante però, al di là degli scarni dati biografici che ci sono rimasti, è la Beatrice divinizzata e dunque sublimata della “Vita Nova”, famoso prosimetro del poeta fiorentino: l'angelo che opera la conversione spirituale di Dante sulla Terra, lo studio psicologico che compie il poeta sul proprio innamoramento. Il nome Beatrice assumerà soprattutto nella Divina Commedia la sua reale importanza, in quanto, etimologicamente parlando, significa Portatrice di Beatitudine, tanto che solo questa figura potrà condurre Dante lungo il percorso del Paradiso. È difficile riuscire a capire in cosa sia consistito questo amore, ma qualcosa di estremamente importante stava accadendo per la cultura italiana: è nel nome di questo amore che il poeta ha dato la sua impronta al Dolce Stil Novo e condurrà i poeti e gli scrittori a scoprire i temi dell'amore, in un modo mai così enfatizzato prima.
L'amore per Beatrice sarà il punto di partenza per la formulazione della sua concezione del Dolce Stil Novo, nuova concezione dell'amor cortese sublimata dalla sua intensa sensibilità religiosa, per poi approdare alla filosofia dopo la morte dell'amata, che segna simbolicamente il distacco dalla tematica amorosa e l'ascesa del Sommo Poeta verso la Sapienza, luce abbacinante e impenetrabile che avvolge Dio nel Paradiso della Divina Commedia.
Francesco Petrarca
Quasi contemporaneo di Dante è Francesco Petrarca, il quale, essendosi innamorato di una donna che si ipotizza essere Laura De Noves, avrà una visione dell’amore e più in generale della donna, completamente differente dalla concezione angelica di quest’ultima che invece aveva Dante; probabilmente alimentata dai contrasti psico-sociali che lo scrittore presentava trovandosi a vivere nell’età di passaggio tra Medioevo e Rinascimento. Per Petrarca Laura assume caratteri fisici, è vista anche dal punto di vista sensuale ed estetico, inoltre è collocata in sfondi naturalistici che riflettono la sua grazia. Infatti quest’ultima porta Petrarca a commettere peccato e ad allontanarsi da Dio come gli dice Sant’Agostino nel “Secretum”.
Sonetto-chiave che permette di capire anche lo stato d’animo dello scrittore e il suo pensiero per la donna amata è certamente “Erano i capei d’oro a l’aura sparsi”. Il sonetto offre una delle rappresentazioni più famose della bellezza di Laura. Esso rievoca, sia pure indirettamente, il primo incontro tra il poeta e la donna amata, riprendendo il tema tipicamente stilnovista della lode.
Però dalla lirica scaturisce una rappresentazione totalmente nuova della figura femminile rispetto alla rappresentazione stilnovistica.
La descrizione di Laura prende avvio dalla lode dei suoi capelli biondi che con una metafora vengono paragonati all’oro e sono descritti nel loro leggero scomporsi al soffio lieve del vento primaverile. Ma se il tempo non ha risparmiato la sua bellezza, il sentimento del poeta è rimasto intatto. Allora la fiamma d’amore che lo ha bruciato al primo incontro continua a tormentarlo anche ora. Si viene a creare una contrapposizione tra mutamenti esterni e stabilità interiore. A differenza della donne stilnoviste fissate in una eterna giovinezza, Laura è soggetta all’azione del tempo che appanna la sua bellezza e la colloca nella sfera delle cose terrene e umane.
Vengono descritti la luminosità dello sguardo e l’espressione del viso colta nel suo mutare. Nelle terzine ricorrono motivi più vicini allo stilnovo: l’incedere del suo cammino, la dolcezza della sua voce, paragone con l’angelo, che non implica alcun riferimento morale o religioso, ma è un ulteriore omaggio alla bellezza di Laura.
Giovanni Boccaccio
Giovanni Boccaccio non è uno dei più illustri scrittori ad essere ricordato per una visione particolare dell’amore, anche se, secondo il suo pensiero, concepisce l'amore come sentimento avente aspetti più carnali e materiali rispetto alla concezione dantesca. Ciò significa che Boccaccio descrive la donna sotto il profilo della bellezza corporea, difatti ne esalta il corpo e l'atteggiamento e pensa che l'amore debba essere vissuto anche attraverso l'esperienza erotica e sensuale. Nella novella “Federigo degli Alberighi” il poeta ci fornisce un’immagine terrena e quasi comica dell’amore: essa infatti narra di Federigo, innamorato di una gentildonna fiorentina, spendendo oltre misura del suo per apparire agli occhi dell'amata dotato di quelle virtù che distinguono uno spirito eletto: cortesia, prodezza, liberalità; riducendosi così in povertà e, senza lamentarsi, si ritira dalla città in un suo poderetto, dove unica distrazione sua è la caccia con un falcone che gli è rimasto e a cui si lega con affettuosa consuetudine. In quella modesta casa viene un giorno a trovarlo la donna amata, rimasta vedova con un solo figlioletto, sospinta dalle preghiere del figlio ammalato desideroso di avere il falcone del vicino. Federigo vorrebbe onorarla degnamente, ma non avendo altro per imbandire il pranzo, uccide il diletto falcone, ignorando il vero motivo della visita. La scoperta del suo sacrificio, commuove la donna la quale, qualche tempo dopo la morte del bambino, si decide a sposare Federigo, l'uomo che per lei così a lungo ha sofferto e che mai non è venuto meno nella sua devozione di innamorato cortese.
Il tema dell'amore nell'Umanesimo e nel Rinascimento
Nell'Umanesimo, invece, emerge una nuova figura di donna, più laica, più naturale, che sostituisce la donna-angelo degli stilnovisti e la Laura petrarchesca, fonte di contraddizione e di peccato. Ora la figura femminile si muove nel giardino, nel prato in perfetta consonanza con il paesaggio primaverile.
Nella ballata di Poliziano "I' mi trovai, fanciulle, un bel mattino" la fanciulla si identifica con la rosa, nelle "Stanze per la giostra" Simonetta è espressione dell'amore, della giovinezza e della primavera. Non a caso il simbolo della rosa diventa l'emblema naturalistico della bellezza femminile e della sua caducità. Simonetta, nelle vesti, nel grembo pieno di fiori, nell'incedere, richiama direttamente la rappresentazione della "Primavera" del Botticelli. Ormai Beatrice e Laura sono lontane. Tuttavia la lettura di Platone e di Lucrezio aveva spinto gli umanisti a tentare una conciliazione tra tendenze naturalistiche e spiritualistiche dell'amore.
Appartenente sempre a questo periodo è Matteo Maria Boiardo, il quale scrisse una continuazione della Chanson de Roland intitolata “L’Orlando Innamorato”. Il protagonista è innamorato di Angelica che rappresenta il motore di tutto il poema. In lei non troviamo più niente dell'angelo stilnovistico o della idealizzata Laura petrarchesca: la donna di Boiardo ha una sua psicologia e varietà (è tenera e appassionata, seducente e crudele). L'amore che Boiardo descrive non è di tipo neoplatonico: lei, certo, è bellissima, ma non affina, non ingentilisce l'uomo; al contrario, lo fa perdere. Questo aspetto ricorda il Filostrato di Boccaccio, in cui l'amore era un tormento e un allontanamento dai doveri.
Nel Rinascimento, invece, Ludovico Ariosto compone “L’Orlando Furioso” ove, in quest’altro rifacimento del poema classico, il nobile cavaliere, paladino di Carlo Magno, è alle prese con situazioni sentimentali che lo stravolgono: egli infatti è innamorato di Angelica la quale però è già promessa sposa ad un soldato saraceno di nome Medoro. Scoperto il legame sentimentale che univa i due giovani, spinge il protagonista alla pazzia. Questo aspetto più comico e più lontano dalla visione bretone dell’amore, rappresenta l’elemento doloroso e deludente che a volte può proporre questo sentimento.
Conclusione tema sull'amore in letteratura: Shakespeare e Marino
Spostandosi invece in Inghilterra, nella quale attorno al cinquecento si diffonde il genere letterario della tragedia, si distingue tra tutti coloro che si dilettarono a comporre opere in questo genere letterario William Shakespeare. Egli scrisse numerose storie d’amore conclusesi tragicamente, tra le quali si ricorda “Romeo e Giulietta”.
Questo romanzo narra le vicende di due famiglie in contrasto tra di loro, i Montecchi e i Capuleti, e la storia d'amore tra due ragazzi di queste famiglie: Romeo e Giulietta. Romeo sente una dichiarazione d'amore di Giulietta verso di lui e allora le propone un matrimonio segreto. Il giorno del matrimonio, Romeo si trova coinvolto in una rissa e, furibondo per l'uccisine di un suo amico, uccide a sua volta Tebaldo, cugino di Giulietta. Scoperto, è costretto a fuggire a Mantova. Intanto Giulietta è costretta a sposare un gentiluomo, ma beve un narcotico che la fa sembrare morta per quaranta ore. Frate Lorenzo da ordine di portare a Romeo la notizia per fuggire insieme a Giulietta, ma il messaggero non arriva da Romeo, il quale crede che la sua amata sia veramente morta. Romeo, colpito dal dolore, si reca al sepolcro di lei e beve un potente veleno che lo fa morire accanto alla sua sposa segreta.
Finito l'incantesimo, Giulietta si sveglia e, compreso l'accaduto, si trafigge con un pugnale. Questo è uno dei più tipici aspetti tragici dell’amore in cui uno dei due amanti scompare per sempre gettando l’altro in un profondo oblio dal quale difficilmente si può uscire.
Infine arriviamo al Seicento in cui si fa strada Giambattista Marino il quale aveva dell’amore una visione idilliaca come dimostra il suo capolavoro: “L’Adone”. La trama è basata sugli amori di Venere e Adone. A causa di un dispetto di suo figlio; Venere si innamora di Adone, bellissimo giovane che è approdato a Cipro, l’isola in cui si trova la dimora della dea. Venere accompagna Adone a visitare il palazzo di Amore. Essi visitano altri posti meravigliosi, finché i due amanti sono costretti a separarsi a causa della gelosia del dio Marte. Quando si ricongiungono Adone muore durante una battuta di caccia, ucciso da un cinghiale per volontà di Marte.
Naturalmente questi descritti fino ad ora sono solo le più importante figure dall’anno Mille fino al Seicento di coloro che hanno voluto dare una propria interpretazione dell’amore.
“Amore non è amore se muta quando scopre un mutamento o tende a svanire quando l’altro s’allontana. Oh no! Amore è un faro sempre fisso che sovrasta la tempesta e non vacilla mai; Amore non muta in poche ore o settimane, ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio; se questo è errore e mi sarà provato, io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato” (William Shakespeare).
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