Tema su Ulisse nella letteratura

Tema su Ulisse nella letteratura: traccia svolta sul modo in cui Omero, Dante, Pascoli, Foscolo e D'Annunzio hanno affrontato il personaggio di Ulisse

Tema su Ulisse nella letteratura
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Tema su Ulisse nella letteratura

Tema sul personaggio di Ulisse nella letteratura
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Ulisse è uno dei più grandi personaggi della mitologia greca. La tradizione lo presenta come re di Itaca (isola greca del mar Ionio), figlio di Laerte. Appare nell’Iliade come uno dei capi che hanno preso parte alla guerra contro Troia ed è il protagonista dell’Odissea, che narra del suo lungo e faticoso ritorno in patria, una volta finita la guerra. Viene descritto come l’eroe “dal multiforme, un uomo accorto, abile nella parola (come si vede nell’Iliade, poema di Omero, nell’episodio di Tersite o nell’Odissea nel momento in cui incontra Polifemo o la giovane Nausicaa), capace di prendere decisioni rapidamente, audace, con una forte capacità di resistenza, e soprattutto astuto. L’unione di tutte queste qualità forma la una forma particolare d’intelligenza, che gli permette di superare le difficoltà che incontra nelle sue avventure.

Svolgimento

Per queste caratteristiche questo personaggio ha sempre destato vivo interesse nel pubblico e potrebbe essere considerato l’eroe per eccellenza, anche più di Achille stesso. La popolarità raggiunta deriva anche dal ruolo che interpreta nel poema di cui è protagonista: è un navigatore curioso e desideroso di conoscenza, un avventuriero. 

Pertanto è considerato un eroe molto moderno e la sua figura è stata costantemente ripresa e descritta da molti autori, secondo diversi punti di vista. Rimanendo in Grecia, già nell’antichità per esempio, lo vediamo comparire in alcune tragedie di Sofocle ed Euripide, come nel Filottete per quanto riguarda il primo, e Troiane per il secondo. Qui però viene presentato un quadro alquanto negativo dell’eroe, infatti, nonostante Odisseo possegga tutte le virtù dell’uomo, l’appellativo di eroe non toglie la presenza in lui di comportamenti contestabili. Sofocle, infatti, presenta Ulisse come un manipolatore e ingannatore (convince infatti Filottete a compiere cattive azioni).

Lo stesso fa Euripide che sottolinea anche la sua crudeltà, cosa che fa pensare che nell’Odisseo euripideo sia presente la rappresentazione di personaggi a lui coevi, alcuni ipotizzano si tratti di Alcibiade. Nonostante questo però, la maggior parte dei testi che parlano del re itacese ne delineano un quadro positivo.
Infatti, spesso accade che l’Odissea sia preferita all’Iliade proprio per il suo carattere avventuroso da “romanzo da viaggio”, come si evince per esempio dal fatto che Livio Andronico sceglie di tradurre in latino proprio questa tra le due opere omeriche.
Sempre nell’ambito della letteratura latina, Ulisse viene anche citato da Virgilio all’interno dell’Eneide. Anche qui però non è descritto positivamente, per il fatto che è considerato come nemico: il poeta in particolare condanna lo stratagemma del cavallo di legno. Andando avanti nel tempo, Ulisse ricompare nel capolavoro dantesco, la Commedia. Dante lo inserisce nell’ottava bolgia dell’ottavo cerchio dell’inferno, quella dei fraudolenti.

Lo presenta avvolto insieme a Diomede, spesso suo compagno di avventure, da due lingue di fuoco.

Tuttavia mentre da un lato lo condanna per l’inganno del cavallo, per lo stratagemma usato per smascherare Achille e per il furto del Palladio che proteggeva Troia, dall’altro però dai versi traspare una grande ammirazione nei confronti del personaggio, tanto mettergli in bocca la celebre frase: Considerate la vostra semenza// fatti non foste a viver come bruti// ma per seguir virtute e conoscenza. Dante elogia la grande conoscenza che i Greci avevano acquisito pur sconoscendo Dio, e Odisseo rappresenta a pieno l’uomo desideroso di varcare le porte dell’ignoto. Tuttavia il viaggio che ha portato l’eroe al di là delle colonne d’Ercole viene definito “folle volo”, poiché egli ha osato andare oltre i limiti predisposti all’uomo, peccando, o almeno è questa la visione che si aveva nel Medioevo, periodo profondamente condizionato dalla religione.

Uno tra gli autori più importanti nelle cui opere ritroviamo Odisseo è Alfred Tennyson, poeta inglese, che nel 1833 scrisse la poesia Ulysses. In questa poesia, e come molto spesso avverrà anche successivamente, la figura di Ulisse viene usata come trasposizione di un’esperienza soggettiva del poeta. Nella poesia Ulisse parla in prima persona; ha ripreso possesso del suo regno da tempo e ora sta per compiere il suo ultimo viaggio che altro non è che il “viaggio emotivo” del poeta. Ritorna la figura dell’eroe come implacabilmente desideroso di conoscenza, come colui che vuole superare ogni limite fin’ora raggiunto, pur consapevole che un altro viaggio potrebbe portarlo alla morte, alla fine di tutto.

Contrariamente all’Ulisse omerico, però, il personaggio è ormai di età avanzata, nonostante il suo spirito sia ancora pieno di grande forza e volontà. Tennyson presenta il personaggio in tutta la sua modernità, esaltando quindi questa volontà e lo utilizza come esempio per comunicare che nella vita non bisogna mai accontentarsi, non ci si deve arrendere quando si pensa di aver raggiunto il limite, ma al contrario si deve sempre andare oltre.

Ulisse in Foscolo

A cavallo tra Settecento e i primi dell’Ottocento, sicuramente Ugo Foscolo è uno dei nomi più rilevanti.

Nel sonetto A Zacinto, di carattere autobiografico, Foscolo riprende il tema dell’esule che lo accomuna all’eroe. Zacinto (oggi Zante, isola greca) è la terra natia del poeta, nella quale non può tornare perché significherebbe andare contro il fato. Egli è relegato ad un continuo vagare in perenne solitudine. Il confronto con Ulisse sta proprio in questo: l’eroe tornerà a baciare “la sua petrosa Itaca”. Da ciò deriva la contrapposizione con il personaggio “bello di fama e di sventura”, che l’autore non potrà mai essere. Pertanto la nostalgia, la rabbia dello star lontano dalla propria patria, non fa altro che amplificare un profondo senso di sconfitta.

Nei versi dei Sepolcri, invece, ancora una volta come in Dante, Virgilio e i tragediografi, ricompare l’Ulisse ingannatore, ma in questo caso viene denunciata la sua scorrettezza nell’essersi appropriato delle armi di Achille, spettanti di diritto al più forte tra gli Achei, Aiace. Odisseo però riuscì a farsele attribuire e Aiace si uccise per il disonore. Ma, durante una tempesta, le armi furono trasportate via dal vento dalla nave dell’itacese e condotte sulla tomba di Aiace, a dimostrare che la morte porta a chi merita la giusta ricompensa, nonostante in vita sia stata negata.

Ulisse in Pascoli

Tra i poeti italiani è importante citare anche Giovanni Pascoli. Egli scrisse L’Ultimo Viaggio, un poema in ventiquattro canti  (una sorta di seconda Odissea), nel quale Ulisse intraprende, appunto, il suo ultimo viaggio, ma non quello tramandatoci dalla tradizione che lo porta oltre le colonne d’Ercole, bensì un cammino in cui ripercorre le tappe della sua precedente avventura. Tuttavia il protagonista finisce con il rimanere profondamente deluso, perché non incontra i personaggi che aveva dovuto affrontare, come Polifemo o Circe, oppure, quando giunge dalle Sirene, esse cessano il loro canto quasi a voler negargli la conoscenza. Alla fine però, a seguito di un naufragio, Odisseo muore e il suo corpo giunge ancora una volta a Ogigia, dalla ninfa Calipso. Anche questa è un’opera a carattere fortemente soggettivo. Il personaggio pascoliano è insicuro, deluso, malinconico e perennemente angosciato, un uomo che vorrebbe cogliere il senso ultimo della realtà, ma, di fatto, la sua ambizione non lo porta a niente, anzi finisce con l’avere meno di quanto possedesse prima.

Ulisse in D'Annunzio

Gabriele D’Annunzio immaginò, all’interno di Maia, primo libro delle Laudi, di incontrare Ulisse sulla sua nave, in mare. L’eroe si presenta solitario, sdegnoso nei confronti dei marinai che vorrebbero viaggiare con lui. È presente un parallelismo tra il poeta e il personaggio, entrambi infatti si distaccano da ciò che li circonda e decidono di rimanere soli, per conseguire il medesimo sogno di gloria. Lo stesso Ulisse, comprendendo quest’affinità, non tratta il poeta come gli altri.

In D’Annunzio si vede un ennesimo lato del personaggio: in questo caso è la rappresentazione del “superuomo” Nietzschiano, pieno di orgoglio e convinto di poter portare a termine imprese grandiose e  che perciò diventa un modello per tutti coloro i quali vorrebbero eccellere.

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