Tema su ricchezza e povertà nel mondo

Ricchezza e povertà nel mondo: tema argomentativo svolto sull'iniquità sociale.Introduzione, svolgimento e conclusione

Tema su ricchezza e povertà nel mondo
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RICCHEZZA E POVERTÀ

Tema su ricchezza e povertà nel mondo
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Ricchezza e povertà:

Esprimi con chiarezza la tua opinione motivata sull’argomento oggetto del tema. Nel mondo la ricchezza è distribuita in modo ineguale: da una parte le nazioni evolute e ricche con un benessere e un tenore di vita costantemente alti, dall'altra parte i paesi in via di sviluppo, poveri e privi di risorse. Questa contraddizione fra progresso e arretratezza deve trovare rapida soluzione, promuovendo lo sviluppo culturale ed economico, le capacità produttive e le risorse umane dei paesi in via di sviluppo attraverso l'utilizzo della scienza e della tecnica offerte incondizionatamente dalle nazioni industrializzate. Esprimi il tuo punto di vista.

Nel mondo di oggi il sistema economico dominante è quello capitalistico occidentale. In un sistema di questo tipo, si promette, tutti possono avviare un’attività o trovare dignità nel lavoro. Ma è davvero così?

Tre uomini singoli, nel mondo, sono secondo i dati più ricchi di 600 (seicento!) milioni di altri loro simili. Se ne aggiungiamo altri due superiamo tutta l’Africa Subsahariana.

Cos’è allora che non funziona? Rispondere a questa domanda non è semplice. Qualcuno potrebbe dire che in fondo nessuna possibilità è preclusa agli abitanti dei paesi in via di sviluppo e che in un sistema in aperta competizione è logico che qualcuno rimanga indietro più degli altri.

Queste posizioni sono probabilmente logiche, ma io non sono per nulla d’accordo. Viene da porsi tre domande:

  • I Paesi in via di sviluppo sono in grado di uscirne con le loro forze?
  • Vogliamo davvero che il Terzo Mondo esca da questa situazione?
  • C’è qualcosa di sbagliato nel sistema al giorno d’oggi?

È chiaro che i paesi poveri non hanno la possibilità di risollevarsi con le loro sole forze: le risorse naturali sono in mano a grandi aziende dei paesi più sviluppati, il debito è insanabile e le profonde divisioni culturali, retaggio del colonialismo europeo degli inizi del secolo, spingono molto spesso allo scoppio di guerre civili, pagate, ovviamente, dalla popolazione.

TEMA SULLA DISEGUAGLIANZA

Per quanto concerne la seconda domanda, la risposta è ambigua. Tutti i paesi industrializzati, a parole, sono concordi nel sostenere la necessità di un miglioramento delle condizioni dei paesi in via di sviluppo, ma nella pratica le cose stanno diversamente. 

Da anni si parla di annullamento del debito dei Paesi poveri. L’Italia ne ha annullato una parte, nemmeno troppo consistente, ma si trattava di debiti comunque inesigibili. Viene da pensare ad un’operazione volta maggiormente all’immagine piuttosto che all’utilità.

Nel terzo caso è logico affermare che qualcosa evidentemente non sta andando per il verso giusto, se gli squilibri sono così evidenti.

Ci sono 800 milioni di persone che soffrono la fame, ma sono tutti concentrati nelle zone in via di sviluppo. In realtà sono numerosissimi i paesi nei quali la stragrande maggioranza della popolazione non ha cibo e rischia di morire di fame ogni giorno. E non basta, a fermare tutto questo,il lavoro pur incessante delle organizzazioni in via di sviluppo.

La soluzione proposta è quella di una culturalizzazione scientifica ed economica del terzo mondo. È indubbio che questo sia necessario, ma io credo che il punto sia se conviene: evidentemente non conviene.

TEMA SUI PAESI IN VIA DI SVILUPPO

I grandi del mondo hanno tutti gli interessi nel far permanere in un determinato status paesi economicamente arretrati, che possono essere sfruttati in diversi modi, sia dal punto di vista economico che politico. L’Europa potrebbe, a livello internazionale, dare maggiore peso politico all’Africa, cosa che risolverebbe il problema delle lotte tra i vari paesi del continente.

Il fatto però fa anche comprendere che gli stati africani stanno acquisendo una convinzione: se non ci aiutiamo noi non ci aiuta nessuno. Possiamo smentirli? Io non credo.

Al momento mi ritorna in mente Hobbes, e la sua celebre frase: Homo homini lupus. Guardando il comportamento dell’Occidente si può dargli torto? Non ci stiamo forse approfittando del basso costo della manodopera e delle risorse naturali di quella parte del pianeta che non è in grado di sfruttarle?

Il problema non è se il problema sarà risolto, ma quando. Quanto tempo bisogna aspettare? Quanti altri milioni di persone devono morire? Ci si augura che sia fatto il prima possibile, ma perché questo avvenga occorre l’impegno di tutte le persone e di una classe politica che sia in grado di accollarsene la responsabilità. E al momento questo impegno manca.

La globalizzazione che è in corso è una bufala, in un certo senso, perché interessa sì e no un quinto della popolazione mondiale.Il resto della popolazione sta preoccupandosi della più semplice sopravvivenza: tutto questo dovrebbe farci riflettere su quanto siamo stati fortunati a nascere dalla parte giusta del mondo, e non abbiamo alcun merito in questo.

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