Tema sull'essere e sull'apparire

Tema sull'essere e sull'apparire: traccia svolta sulla dicotomia al centro delle nostre vite nell'epoca delle immagini e dei video

Tema sull'essere e sull'apparire
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Tema sull'essere e sull'apparire

Tema sull'essere e sull'apparire svolto
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Essere o apparire? Nell'era delle immagini e dei video questa dicotomia è particolarmente presente, gli individui sono sempre a metà tra l'autenticità e la forma vuota, tra l'essenziale e la superficialità.

Per questa ragione non è raro che i docenti alle scuole medie o alle superiori ti assegnino un tema sull'essere e sull'apparire. 

Essere o apparire, tema: svolgimento

Tutto pare fatto per apparire e quello che appare è destinato ad essere visto, sentito, gustato, odorato. L'uomo sembra essere il centro di questa rappresentazione; l'uomo è il primo spettatore e l'interprete principale: è la sintesi per cui essere e apparire coincidono. L'uomo ha per sua natura e costituzione, per sua capacità, il bisogno di conferme d'esistenza e quello è dato dal vedere e essere visti. Apparire quindi significa parere agli altri e questo significa avere o cercare spettatori: esibirsi, mostrarsi, recitare, essere individuati e percepiti e così essere accettati, ammessi, legittimati al bisogno d'amore e al suo appagamento. 

Così inizia quel lungo percorso doloroso del travestimento per la recita di un copione e di un apparire che questo comporta e che lo script ci conferma. Vi sono sostegni d'identità che aiutano a rassicurarci e a far si che non ci perdiamo, così troviamo appigli al fragile sentimento d'identità. In un contesto di fragilità e di identità che pervade la nostra società, la risposta narcisistica, trova - a livello individuale - per chi la fa, nella televisione un potente mezzo di sostegno e di difesa dell'identità: dopo l'abito, la cosmesi, lo spettacolo, la televisione ci fa vivere. Diversamente non si capirebbe come certi individui riescano a dire davanti ad una telecamera cose che non direbbero mai. Le "carezze", poi, di una popolarità immediata data dalla televisione diventano una droga. Un altro mezzo che rafforza lo script.

Szaz, psichiatra americano, dice che in fondo esiste una analogia tra il ruolo del malato mentale e quello dell'attore di teatro: tutti e due assumono un ruolo per essere riconosciuti e amati dagli altri. I ruoli diventano strumenti che coprono e mascherano con una soddisfazione narcisistica. Karpmann ha individuato nel dramma i tre ruoli che lo caratterizzano: il Persecutore; il Salvatore e la Vittima.
Questi tre ruoli sono intercambiabili e pur essendoci la scelta esistenziale di immedesimarsi in uno, c'è nella relazione drammatica lo scambio di ruolo. Si entra così in un circolo triangolare che non pone fine al dramma, ma lo alimenta.

La società come la natura non rappresenta affatto il regno della soddisfazione dei bisogni e desideri, ma il regno della realtà oggettiva. L'incontro con la realtà dà all'uomo lo spazio per la soddisfazione "reale" dei desideri. Tutto è surrogato a una ricerca d'amore. Cercare di essere amati e accettati ci condiziona molto. Tutto appare procedere tra il desiderio e la sua soddisfazione che supera i bisogni fisiologici, come la fame e il sesso, per diventare conoscenza e ragione, valore e idea, realtà ed esperienza. L'antinomia tra avere e essere trova conferma nei fondamentali bisogni psicologici dell'uomo: il bisogno di stimoli e il bisogno di riconoscimento.

Questi due bisogni si possono riassumere come bisogno di conferma d'esistenza. Abbiamo bisogno che qualcuno ci dica che viviamo, ce lo dimostri e confermi. Da qui la necessità della struttura sociale che ci garantisce, attraverso le sue relazioni, lo soddisfacimento dei bisogni.

La struttura sociale però non arriva a raggiungere lo scopo, anzi ne apporta diversi altri. Insomma, la società in contraddizione, non frutto di una volontà razionale di individui che hanno sottoscritto un patto per risolvere in modo pratico dei problemi, ma una società frutto di un'idea del sè che non sa come e quanto vuole essere. I bisogni fondamentali ci confermano l'esistenza, ci fanno sentire vivi: sono quelli che ci danno stimoli e sensazioni. E' forse per questo che paghiamo per andare sulle "montagne russe"; ci lanciamo nel vuoto attaccati ad un elastico o cerchiamo alcune situazioni rischiose. Svuotata dai sentimenti la vita diventa irreale: la realtà si conquista con il sentimento; perciò siamo disposti a crearne anche falsi: abbiamo la gelosia, l'invidia, il sadismo, la falsa rabbia. Tutti sentimenti negativi e falsi che ci aiutano ad essere infelici. 

Conclusione

Abbiamo comunque bisogno di un senso, un sentire la nostra esistenza. Cos'è che muove le azioni? Gli atti ripetuti? Cos'è che muove tutti i pensieri? Le idee inutili? Claperede, dice: i bisogni. Sono i bisogni, le necessità che prova l'organismo di utilizzare un dato esteriore per il proprio funzionamento. Per Piaget è uno pseudoproblema, le azioni, i movimenti e i bisogni costituiscono un tutto unico: vivono insieme. Piaget e Freud per primi, insieme ad altri studiosi, hanno osservato le manifestazioni dell'evoluzione mentale. La relazione con l'ambiente, con gli altri, con gli oggetti, diventa la vita. L'intelligenza è la capacità di interagire, adattare e modificare ciò che ci circonda. In un primo momento l'intelligenza è la capacità fisica, in seguito è la capacità mentale e quella di adattare l'ambiente al processo intellettuale. Naturalmente in un equilibrio di funzioni: soltanto adattandosi alle cose, il pensiero organizza se stesso e soltanto organizzando se stesso, il pensiero struttura le cose.

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