Tema sulla Cina e il suo impatto nel mondo occidentale

La Cina è una delle grandi potenze mondiali. Ecco come scrivere un tema o un saggio breve sulla cultura, l'economia e la politica cinese e sul rapporto che la Cina ha con l'Occidente
Tema sulla Cina e il suo impatto nel mondo occidentale
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1Riflessione iniziale

La bandiera della Repubblica Popolare Cinese
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La Cina è oggi uno dei più grandi colossi dell’economia mondiale e uno degli Stati più potenti al mondo in campo politico e militare. Smisurata e antica, millenaria e moderna, essa rappresenta uno dei modelli di Oriente con cui l’Occidente deve mettersi a confronto. E’ importante considerare quanto segue: non è possibile affrontare un discorso attorno a questa fondamentale zona del pianeta Terra senza tenere presente che, da lunghissimo tempo, la storia della Cina è una storia di contraddizioni – che solo se “tagliate con l’accetta” possono essere facilmente semplificate.    

2Lettura dei documenti forniti dal docente e ricerca su internet

Il territorio cinese, così vasto ed imponente, favorì l’ascesa, a partire dal II millenio a.C., di un potere imperiale assoluto, esaustivamente denominato “Celeste Impero” e contraddistinto, nel passaggio da una dinastia all’altra, da contaminazioni culturali con i popoli degli altri paesi asiatici, da una notevole fioritura artistica ma anche, a volte, da instabilità politica.

Lo skyline di Beijing, capitale della Cina
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Nel 1911 - poco prima che il mondo intero finisse nel complicato, doloroso ed affascinante Secolo Breve - fu deposto l’ultimo imperatore, P’u-yi, e venne proclamata la Repubblica di Cina, oggi nota come Taiwan (Paese, sul quale torneremo, la cui difficile situazione politica internazionale ci permette di cominciare ad interpretare il concetto di “contraddizione” declinata alla maniera cinese). Dopo la Seconda guerra mondiale, nel 1949, Mao Zedong proclamò la nascita della Repubblica Popolare Cinese, inaugurando così l’adesione della Cina al comunismo.  

Quella di Mao Zedong fu una figura epocale, per la sua terra e per il suo periodo storico, oggetto dell’attenzione e ancora oggi dell’indagine non solo di storici, ma anche di politologi ed artisti. Egli impose il sistema politico attualmente ancora vigente nel Paese, estremamente autoritario ed imperniato sul potere dell’unico partito, il Partito comunista cinese.   

Fotografia contemporanea di una delle strade del commercio a Hong Kong, Cina
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Mao Zedong promosse quello che sperava essere un periodo di profonda crescita culturale, avente come protagonista gli intellettuali del tempo e chiamato “Campagna dei cento fiori”, salvo poi reprimere lo stesso – anche con la violenza nei confronti degli intellettuali stessi, costretti ai lavori forzati – quando la novità divenne motivo di dissenso e critica verso il governo.  

Egli cercò, anche per mezzo di collettivizzazione e distribuzione delle terre ai cittadini e lotta alla povertà di un Paese in profondo stato di arretratezza, di portare un arricchimento e una modernizzazione sconosciuta ad altre realtà socialiste (come quella sovietica), tramite il piano del così detto “Grande Balzo in Avanti”. 

Questo, negli intenti, doveva superare la rigidità dei piani quinquennali per divenire occasione di trasformazione della Cina da paese basato su un’economia di tipo rurale a grande potenza industrializzata, secondo una idea di base grandiosa ma che, a conti fatti, si tramutò in un fallimento economico riversatosi poi nella grande carestia che causò milioni di vittime alla fine degli anni ’50.   

Mao Zedong
Fonte: ansa

2.1Il Grande balzo in avanti della Cina

Questi cambiamenti, presunti o reali, riusciti o solo tentati, furono messi in pratica al prezzo di una dittatura oppressiva e di moltissime vittime: si pensi al fatto che è di questo periodo la nascita delle questioni del Tibet (con la fuga del Dalai Lama e l’occupazione cinese) e della contesa diplomatico-politica con Taiwan (un tempo nota come Formosa), Paese che dopo la recente defezione di Panama viene riconosciuto solo da 20 stati nel mondo, e che tuttavia continua a preferire l’indipendenza all’adesione alla Repubblica Cinese

A Mao Zedong (morto nel 1976) successe Deng Ziaoping, che governò il paese fino alla metà degli anni novanta. Con lui la Cina divenne definitivamente uno stato moderno grazie all’apertura all’economia di mercato, agli scambi con l’estero, ai capitali stranieri, alla delocalizzazione in territorio cinese di aziende occidentali; ma sempre sotto la guida del Partito comunista.  

Statua di Deng Ziaoping a Beijing
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Questa condizione ha fatto sì che venisse perpetuata l’eterna e affascinante contraddizione cinese: sedere al tavolo delle grandi potenze occidentali e democratiche – vedi il fatto di essere uno dei cinque membri permanenti, con potere di veto, del Consiglio di Sicurezza dell’Onu – e al contempo negare le libertà e i diritti fondamentali, come sottolineato agli occhi del mondo dalla repressione nel sangue, per mezzo di tank militari, della rivolta studentesca di Piazza Tienanmen del 1989.     

2.2La Cina e l’apertura economica verso gli altri paesi

Ad ogni buon conto, dal punto di vista economico questa apertura verso gli altri paesi industrializzati avvenne in un momento in cui si stava già creando una massiccia delocalizzazione delle produzioni in oriente (soprattutto nel settore tessile e meccanico), e la Cina poté offrire agli stranieri condizioni molto vantaggiose: manodopera a basso costo, agevolazioni fiscali, infrastrutture, possibilità di rimpatriare i profitti realizzati. 

Piazza Tienanmen, uno studente ferma una colonna di carri armati durante la protesta del 1989
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In questo modo sono nati i centri industriali più importanti della Cina e, inoltre, in pochi decenni il Paese è stato in grado di acquisire conoscenze tecnico-scientifiche e organizzative, prendendole proprio dalle imprese straniere. Questa fase di apertura aveva dato importanti segni nel resto del mondo già a metà degli anni novanta. Nel 1994 l’allora presidente Jang Zemin parlava di una Cina indipendente da tutti, ma sempre più aperta e attenta agli avvenimenti politici del resto del mondo. 

In un articolo di Vittorino Colombo del 1994 su Mondo Cinese, si legge: "La politica "indipendente" della Cina, spiega Jiang Zemin, non significa equidistanza tra blocchi contrapposti che ormai, oltre tutto, non ci sono più. Significa indipendenza da tutti e, nello stesso tempo, apertura a tutti i paesi del mondo, in obbedienza ai "cinque principi" della coesistenza pacifica, una sorta di protocollo etico che non solo viene prima della politica dei blocchi e dei trattati quali che essi siano, ma ne contestano l'efficacia e gli esiti".   

Jang Zemin, presidente della Repubblica Popolare Cinese dal 1993 al 2003
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Così, nell’arco del suo sviluppo economico, nell’era della globalizzazione, la Cina ha saputo amalgamare alcuni principi dei mercati occidentalicapitalistici e globalizzati - con alcuni aspetti della propria tradizione. Il progresso deve avvenire nella stabilità, questo è lo scopo di ogni governo cinese.  

Qualsiasi politica dovrebbe pertanto contemperare questi due obiettivi poiché quando l’uno è incompatibile con l’altro, è destinata a fallire. Se tuttavia il significato di “progresso” è chiaro, quello di “stabilità” è piuttosto indistinto», scrive Wan Zhe su ilsole24ore.com, il quale aggiunge che il problema della Cina, nell’era del suo sviluppo, è quello di conciliare questi due aspetti alla luce dei continui mutamenti economici.   

Parte dello skyline di Shanghai,  città più popolosa della Cina
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Wan Zhe scrive: "Dopo un trentennio di rapida crescita, Pechino intende sempre aggiornare la sua peculiare teoria dello sviluppo con caratteristiche cinesi. E a questo scopo cerca di assimilare le teorie economiche “occidentali”, senza però copiarle. Anche qui siamo di fronte a un dilemma, perché le teorie economiche di successo hanno per lo più superato verifiche empiriche, ma possono anche evolvere e adattarsi alla situazione, che è sempre in mutamento".   

Continua Wan Zhe: "L’economia, insomma, dev’essere pratica mentre l’ideologia è per definizione più idealistica. Il mondo reale si trova sempre ad affrontare il problema di combinare l’aspetto pratico con quello idealistico, e questo è un dilemma particolarmente grave per un paese come la Cina di oggi".    

2.3Il modello Cina, tra ideologia e adattamento

Questo continuo elastico tra ideologia e adattamento è stato definito negli ultimi tempi il Modello Cina, discusso nel convegno di Agichina del novembre 2010. Riporto un estratto di un articolo di Sonia Montrella che ha sintetizzato le fasi salienti di questo convegno.  

Il concetto circola ormai da qualche tempo. "Per anni - ha spiegato Suisheng Zhao, docente presso il Center for China-US cooperation, Graduate School of International Studies dell'Università di Denver e editor della rivista Journal of Contemporary China - il Modello Cina è passato inosservato fino a quando, in occasione del 60esimo anniversario della Repubblica Popolare Cinese, un ciclo di seminari che ha riunito molti studiosi che si sono confrontati sul tema ha portato a una conclusione: il sistema cinese si è dimostrato valido, mentre non si può dire lo stesso per quello occidentale".     

Palazzo della borsa a Hong Kong
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Il Modello Cina ha dato il via a un processo di modernizzazione alimentato da pragmatismo, ma non da un'ideologia. "In sostanza - ha continuato Zhao - i cinesi hanno messo in pratica una delle più famose massime di Deng Xiaoping: non importa di che colore sia il gatto, l'importante è che riesca a prendere il topo.   

Individuata nella stabilità politica la condizione necessaria per la modernizzazione e per la realizzazione di uno stato pro-sviluppo, i leader cinesi hanno trovato una terza via 'rubando' dall'Occidente le teorie ritenute più utili e amalgamandole con quelle cinesi. 

"Il partito è riuscito a salvaguardare la sua sfera di controllo e ha dato vita a quello che viene definito un mix tra stato sociale con una nozione di libertà economica e una forte presenza del partito. E proprio in questo risiede la sua unicità" ha spiegato Zhao, che ha aggiunto: "L'economia cinese non può essere definita libera, ma gli aspetti illiberali non hanno ostacolato la crescita economica".  

Nainjing Road, nello shopping district di Shanghai
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"E questo aspetto, unito al fatto che Pechino ha trovato una soluzione per garantire la stabilità, suscita l'interesse di tutti i Paesi in via di sviluppo. Si tratta però - spiega ancora Zhao - di un modello che presenta anche dei limiti nonostante i suoi punti di forza, quali il fatto di aver permesso alla Cina di mantenere una crescita costante nonostante la crisi (grazie soprattutto al pacchetto stimoli varato dal governo), una considerevole riduzione della povertà, e un maggior impegno del governo sul fronte estero".  

"Esiste un Modello Cina che presenta delle caratteristiche specifiche, ma ha ancora molti limiti e soprattutto bisogna che acquisti maggior valore" sostiene Zhao, secondo il quale il Modello manca di forza morale: spesso si vede Pechino collaborare anche con leader di regimi dittatoriali, cosa che non è vista di buon occhio all'estero. 

"A ciò bisogna aggiungere il fatto che l'unico partito al governo ha dimostrato di avere una vera e propria fame di potere e denaro, e che il Modello ha creato profonde disuguaglianze, rendendo più acuti alcuni problemi sociali".  

Tempio Shaolin, nella provincia cinese dell'Henan
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Eppure quello che è accaduto in Cina può anche non essere un modello valido ovunque, quanto il frutto di una serie di situazioni che sono quasi irripetibili e difficilmente esportabili in altri contesti. Inoltre sono molte le luci e le ombre di questo sviluppo economico.   

Sul ilsole24ore Enrico Marro scrive: "A tutta questa potenza economica, però, non corrisponde altrettanta ricchezza. Anzi. Il paradosso dei paradossi, come sottolinea il recentissimo studio China and the world: New Frontiers, Fresh Connections di HSBC Global Research, è proprio quello del Pil procapite cinese, che resta ai livelli del Botswana o della Bulgaria. E' tuttora inferiore agli 8mila dollari, per di più con sensibili differenze a seconda delle zone: la ricca provincia del Tianjin supera i 16mila dollari, le grandi città come Pechino e Shanghai non sono lontane da queste cifre, ma la derelitta provincia del Gansu è appena a quota 4mila dollari".

La Grande Muraglia Cinese, una delle opere architettoniche della Cina
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I margini di sviluppo restano particolarmente ampi. In ogni caso i passi in avanti della Cina sono stati sensazionali. L’America, la Russia dovranno assomigliare di più alla Cina? Dipende da cosa si intende. Certamente una grande lezione data dalla Cina al resto del mondo è rappresentata dalla forza di adattabilità al mercato globale, salvaguardando al contempo la propria identità e la propria indipendenza a ogni costo.

È sicuramente grazie a questo tipo di politica economica che la Cina è diventata la prima potenza commerciale del mondo, lanciandosi anche in altre imprese, come il controllo delle materie prime in Africa: nel 2000 è stato fondato il FOCAC, ossia il Forum per la cooperazione Cina-Africa

Marco Cochi su gliocchidellaguerra.it, scrive: "È evidente che l’ex Impero di Mezzo, nella sua ormai ventennale politica verso l’Africa non è mosso da zelo filantropico. Il quadro economico africano, sebbene problematico, ha un buon potenziale d’investimento e di opportunità che ha favorito l’espansione cinese nel continente. Un’espansione mossa principalmente da motivazioni di tipo economico e politico, che agiscono come leve della politica cinese in Africa e sono riassumibili nell’acquisizione di materie prime, ricerca di nuovi mercati e supporto africano nelle istituzioni internazionali".  

2.4La Cina e le mire sull’Africa

La Cina vuole quindi mettere le mani su quel grande serbatoio di risorse dell’Africa che tutt’ora rappresenta una terra di conquista per molti paesi occidentali. Gli interessi, oltre al petrolio, mirano al supporto in ambito internazionale e militare; tuttavia la natura degli accordi, non sorprende, è tutta a favore della Cina. In questa disparità gli interessi, tuttavia, collimano. 

Statua di un dragone cinese
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Angelo Richiello scrive su limesonline.com: "La domanda cinese di risorse naturali e la necessità dell’Africa di dotarsi di infrastrutture permettono alle relazioni sino-africane di svilupparsi rapidamente. Nell’arco di dieci anni, gli scambi commerciali decuplicano passando dai venti miliardi del 2003 ai 200 miliardi del 2012, registrando un tasso di crescita annuale del 16%".  

"Nel 2014, le importazioni cinesi dall’Africa superano i 200 miliardi di dollari, mentre quelle africane dalla Cina a 93 miliardi di dollari. Pechino considera ancora modesto il valore delle merci scambiate con il continente africano, pari soltanto al 5,1% dell’interscambio commerciale cinese con il resto del mondo, sebbene sia raddoppiato rispetto al 2,2% del 2003. L’Africa vede invece gli scambi commerciali passare dal 3,8% del 2003 al 16,1% del 2012". 

La scomposizione del volume degli scambi rivela che le attività del commercio sono concentrate in pochi paesi africani. Nel solo 2012, più della metà delle esportazioni è diretta in soli quattro paesi: Sudafrica (21%), Nigeria (12%), Egitto (11%) e Algeria (7%), mentre la quasi totalità del valore delle importazioni, precisamente l’87%, in cinque paesi, tutti caratterizzati da un forte orientamento all’esportazione di petrolio, gas naturale e minerali: Sudafrica (42%), Angola (32%), Libia (6%), Repubblica del Congo (4%) e Repubblica Democratica del Congo (3%).  

2.5L’impatto della Cina nell’economia occidentale

L’impatto della Cina nell’economia occidentale è quindi molto forte poiché essa appare come un colosso (il dragone, il suo simbolo) che ha divorato intere fette di mercato spesso battendo i propri competitor con prodotti a bassissimo costo, tali da entrare a gamba tesa in qualunque mercato.    

Un'autostrada nella città di Shanghai
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Eppure come si ricava da alcuni recenti articoli i cinesi vincono, ma non ovunque e in alcuni settori l’Italia ha una posizione di vantaggio, come scrive Dario Di Vico su ilcorrieredellasera.it, settore economia: "Nel primo girone (dove esportiamo più di quanto importiamo) troviamo gli apparecchi di misurazione/controllo/navigazione fino agli orologi. Seguono gioielleria, bigiotteria e la lavorazione delle pietre preziose. Sempre in questa lista compaiono pelle e pelletteria seguiti dai prodotti chimici (concimi e materiali greggi) e infine dalla pasta per la carta".

Un quartiere vecchio a Lijiang, Cina
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"Sono lavorazioni e prodotti nei quali gli italiani possiedono ancora un know-how tecnologico che i cinesi sognano. Pensiamo all’oreficeria di Arezzo e Vicenza, alla pelletteria di Scandicci: il valore aggiunto riflette una cultura e organizzazione industriale ancora vincente. Se vogliamo un’immagine che sintetizzi tutto ciò possiamo allargarci al design: noi vendiamo a Pechino e Shanghai le lampade Kartell e importiamo da loro lampadari da 4 euro".   

"Poi ci sono autentiche sorprese come la pasta per produrre la carta che viene dal Centro Italia e interpreta esattamente le esigenze della domanda cinese. In virtù di storie come questa la Cina rappresenta per alcuni settori da sola anche il 15% dell’export e si tratta di posizioni che non dovrebbero cambiare a breve". 

"Italia e Cina importano dall’altro Paese esattamente gli stessi beni anche se di qualità/prezzo differenti — avverte Alberto Rossi del CeSif — e nel lungo periodo ciò rappresenta un pericolo. Che non esiste invece per la Germania che importa beni assai diversi dalle auto e dalla tecnologia che vende a Pechino". 

2.6La Cina e l’economia invasiva

Il mercato cinese è concorrenziale per via del basso costo del lavoro
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Eppure la percezione che continuiamo ad avere resta quella di un mercato completamente invasivo, sfruttato per di più da una comunità del tutto inclusiva (e quindi non aperta all’integrazione, se non superficialmente) e non rispettosa delle regole: si veda l’ambito del commercio. 

In quest’ultimo, troviamo i parrucchieri cinesi, con i loro prezzi stracciati hanno in più parti sbaragliato la concorrenza; i negozi di abbigliamento, andati incontro alle esigenze della crisi economica - se la gente è più povera, ma è abituata a uno standard di vita di un certo tipo, allora i produttori e rivenditori cinesi offrono loro la possibilità (dai pianoforti alle auto, dai cellulari ai vestiti) di mantenere tale, effimero, standard, pagando magari il prezzo di una qualità non sempre all’altezza di quanto promessa. 

Noodles, pasta tipica cinese
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Un altro esempio è quello del ristorante in modalità All you can eat per il momento appannaggio quasi esclusivo dei ristoranti cinesi e giapponesi (per i quali ultimi spesso si tratta di ristoranti cinesi che includono anche il menù giapponese). Questa modalità non è necessariamente in concorrenza sleale con gli altri settori della ristorazione, perché difficilmente mangiamo tutti i giorni cinese, ma è sempre curioso, se non rischioso, il concetto di low cost previsto in essi.  

Il tutto nasce da un semplicissimo fatto: le potenze economiche occidentali devono andare a produrre altrove per ottenere merci a basso prezzo; la Cina le produce da sé. Scrive infatti Fabrizio Galimberti:    

"È sleale la concorrenza cinese? Primo, dicono che il cambio della moneta cinese - lo yuan - è controllato dal governo ed è mantenuto artificialmente basso per dare un indebito vantaggio alle esportazioni cinesi. Secondo, dicono che i produttori cinesi ricevono sussidi e vantaggi dal governo che vanno al di là del cambio basso".  

"Terzo, dicono che per 'giocare alla concorrenza', come per ballare il tango, bisogna essere in due. E che, quando i produttori italiani cercano di vendere le loro mercanzie in Cina, incontrano vari ostacoli. I cinesi, insomma, favoriscono le esportazioni e ostacolano le importazioni, il che non è giusto. Sono giustificate queste lamentele?". 

Un'immagine che ben rappresenta il confronto tra l'Oriente e l'Occidente
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"Si potrebbero scrivere centomila saggi sui pro e contro di queste proteste, ma qui basta fare qualche osservazione di buon senso. Partiamo dal costo del lavoro. Fino a non molti anni fa il costo del lavoro in Cina era un ventesimo di quello occidentale".

Capirete che se un'ora di lavoro in Cina costa 5 e in Italia o in Francia costa 100, i prodotti fatti in Cina costeranno sempre meno di quelli fatti in Europa. Insomma, dietro alla invadente concorrenza cinese c'è un semplice fatto: gli operai cinesi costano meno.    

In conclusione, in un mondo così globalizzato la Cina ha saputo non perdere, seppure a caro prezzo, la sua identità ideologica adattandosi, di compromesso in compromesso, agli equilibri dell’economia capitalistica. Ne è nata una mistione rara, piena di contraddizioni, che ha invaso però in modo capillare ampie fette del mercato mondiale.

Caratteri cinesi
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Dal punto di vista politico, quella cinese è una vera anomalia – si tratta pur sempre di un Paese comunista in cui da dieci è concessa la proprietà privata, in cui ad una grande produzione tecnologica fa da contraltare l’anacronismo di migliaia di condanne a morte ancora oggi inflitte dallo Stato, in cui si è tentato di dare un colpo di spugna a decenni di politica del “figlio unico” riconoscendo, in un giorno solo, l’esistenza di 14 milioni di individui.  

Dal punto di vista economico e commerciale, la sfida per i paesi occidentali è quella di mantenere salda la propria dimensione socio-economica, limitando dove necessario l’ingerenza del mercato cinese, cercando magari di far proprie le possibilità offerte dalla Cina in ordine alle risorse tecnologiche, industriali e culturali che caratterizzano il Paese più popoloso della Terra. Sfida impossibile? Forse. I prossimi 25 anni ci diranno.

3La scaletta

Una struttura ci vuole. Usa le prime righe del tuo tema come introduzione, per poi esporre l’argomento ed approfondirlo criticamente, fino a tirare le tue conclusioni.   

  1. Introduzione  

  2. Esponi il tema cercando di far capire al lettore la linea che vorrai dare al tuo elaborato  

  3. Approfondisci il tema declinandolo secondo le varie sfumature che sei in grado di cogliere dai documenti che devi mettere in relazione tra loro  

  4. Crea delle prospettive per interpretare l’attuale scenario economico  

  5. Conclusioni  

Ascolta su Spreaker.

4Stesura del testo

4.1Introduzione

A seconda del tuo gusto puoi scegliere di fare riferimento a un particolare avvenimento inerente al tema, oppure letteralmente “fondere” l’introduzione e la presentazione dell’argomento. Scegli bene anche lo stile da utilizzare: se procedi a frasi brevi, darai risalto all’aspetto più emozionale; con periodi più lunghi, invece, porrai l’attenzione sul ragionamento.   

4.2Presentazione dell’argomento

Scegli bene come presentare la tua tesi sull’argomento. L’importante è far capire al lettore in che modo parlerai della Cina: essendo un tema importante e difficile, devi necessariamente documentarti bene. Scegli una linea precisa, per non cadere in una mera elencazione di visioni diverse. Crea dinamismo nel tuo tema o nel tuo saggio.  

4.3Elaborazione dell’argomento

All’interno degli articoli che trovi nei commenti, puoi trovare tante strade per interpretare correttamente il fenomeno: ricordati di citarli in modo corretto, ossia evitando citazioni lunghissime che appesantiscono il tuo elaborato e sottraggono spazio alla tua riflessione. Una volta che avrai inquadrato il fenomeno da tanti punti di vista, proponi delle soluzioni che abbiamo buon senso: che siano cioè attuabili. 

4.4Conclusioni

Sei adesso alle conclusioni. Rileggi bene il tuo testo (e controlla le regole per scrivere un buon tema di Italiano, punteggiatura ed errori da non fare). Sei riuscito a creare un elaborato che dica qualcosa di interessante? Ricontrolla anche il modo in cui hai usato i documenti. Controlla bene anche l’ortografia. Bene, consegna.  

Dopo aver cancellato per decenni la propria cultura storica, oggi la Cina ritrova un legame con il proprio passato, anche rispetto al periodo imperiale

John Woo

5Le guide per svolgere gli altri temi

Devi svolgere altri temi? Di seguito trovi le guide di Studenti.it con tutti i consigli per sviluppare un elaborato che stupisca i professori:

6Guarda il video sullo sfruttamento minorile